Addio a Letizia Battaglia, la storica fotoreporter che raccontò la mafia
Gravemente ammalata da tempo, è morta a Palermo a 87 anni All’Aquila dopo il sisma, «un terremoto umano come Cosa nostra»
L'AQUILA. La fantasia di Off Site Art consegna, al parco di Collemaggio, alcuni tra i suoi scatti che raccontano la purezza della natura e dell’incanto di uno sguardo che si fa bellezza poetica. Le stampe decorano il cantiere della struttura che affianca la basilica e che, al termine dei lavori, ospiterà la Casa delle Donne. La bellezza poetica declinata dalla carriera della fotografa Letizia Battaglia che si è spenta a 87 anni nella notte tra il 13 e il 14 aprile. Pochi giorni prima che la sua storia irrequieta, interpretata da Isabella Ragonese e raccontata in una fiction di Roberto Andò, venisse trasmessa dalla Rai. Era sempre fuggita da Palermo perché la faceva sentire prigioniera di una condizione che la soffocava e non percepiva come sua. Ma poi a Palermo è sempre ritornata, come prigioniera di un amore tormentato. «Ho fotografato in tutto il mondo», si trovò a dire, «ma fuori da Palermo le foto mi vengono diverse. Qui c'è qualcosa che mi appartiene, o sono io che forse le appartengo. Ho fotografato la cronaca di questa città, non ho fatto arte, ho fatto un lavoro, duro, anche spietato».
Ha lottato fino all'ultimo contro la malattia e le sofferenze fisiche. Non si era mai fermata, tanto che la settimana scorsa aveva partecipato a Orvieto a un workshop di fotografia. E preparava altri viaggi anche all'estero.
Il suo rapporto con la fotografia era cominciato tardi, nel 1971. Da poco era approdata a Milano, prima tappa di una carriera che ha toccato anche Parigi prima di virare ancora verso la Sicilia.
La svolta della sua vita arrivò nel 1974. Rispose all'invito del direttore del giornale L'Ora, Vittorio Nisticò, e presto diventò testimone della grande cronaca. Per contratto dovette riprendere le vittime delle stragi. Le foto di Letizia Battaglia erano iconiche. Ma lo erano anche quelle che riprendevano i protagonisti: i boss imputati nel maxiprocesso, Giovanni Falcone che raccoglieva le rivelazioni di Tommaso Buscetta, la figura di Giulio Andreotti accusato di contatti con Cosa nostra. Lo scatto più drammatico e più evocativo quello di Sergio Mattarella che cerca di soccorrere il fratello Piersanti abbattuto dai sicari. L'archivio di Letizia Battaglia è una immensa galleria di personaggi. Non mancava nel suo lavoro un forte impegno civile, unito a un senso di disgusto che la portava a cambiare spesso soggetti per occuparsi soprattutto di donne e bambine nel quotidiano. Di qui, i lavori esposti all'Aquila.
Ospite di manifestazioni, film festival e rassegne in tutta la regione, nel 2019, era tornata all'Aquila per esporre e raccontare. Un allestimento dal titolo Mafia, passion… Love alla Sharky Art Gallery, in cui trovarono spazio anche alcune fotografie del suo compagno di vita, Roberto Timperi. «Per me è importante tornare all’Aquila», aveva detto in quell'occasione, «ci sono stata poco dopo il terremoto e ho fatto delle fotografie in analogico nel centro storico che, in verità, non ho mai avuto modo di stampare. Mi sono spinta sino alla Casa dello Studente. Sono rimasta colpita da quelle ferite aperte, segni di un sisma che ha cambiato la vita a così tante persone. Per me che, a Palermo, ho vissuto un terremoto umano come la mafia, i giorni che ho vissuto all’Aquila sono stati particolarmente significativi». Sempre negli ultimi anni, su invito di Dacia Maraini che aveva conosciuto grazie all'artista Marilù Balsamo, era stata ospite della rassegna Lib(e)ri in Scena Pescasseroli. «Sono anche rimasta incantata e sorpresa dal fascino di questo piccolo centro», aveva detto.
Ha lottato fino all'ultimo contro la malattia e le sofferenze fisiche. Non si era mai fermata, tanto che la settimana scorsa aveva partecipato a Orvieto a un workshop di fotografia. E preparava altri viaggi anche all'estero.
Il suo rapporto con la fotografia era cominciato tardi, nel 1971. Da poco era approdata a Milano, prima tappa di una carriera che ha toccato anche Parigi prima di virare ancora verso la Sicilia.
La svolta della sua vita arrivò nel 1974. Rispose all'invito del direttore del giornale L'Ora, Vittorio Nisticò, e presto diventò testimone della grande cronaca. Per contratto dovette riprendere le vittime delle stragi. Le foto di Letizia Battaglia erano iconiche. Ma lo erano anche quelle che riprendevano i protagonisti: i boss imputati nel maxiprocesso, Giovanni Falcone che raccoglieva le rivelazioni di Tommaso Buscetta, la figura di Giulio Andreotti accusato di contatti con Cosa nostra. Lo scatto più drammatico e più evocativo quello di Sergio Mattarella che cerca di soccorrere il fratello Piersanti abbattuto dai sicari. L'archivio di Letizia Battaglia è una immensa galleria di personaggi. Non mancava nel suo lavoro un forte impegno civile, unito a un senso di disgusto che la portava a cambiare spesso soggetti per occuparsi soprattutto di donne e bambine nel quotidiano. Di qui, i lavori esposti all'Aquila.
Ospite di manifestazioni, film festival e rassegne in tutta la regione, nel 2019, era tornata all'Aquila per esporre e raccontare. Un allestimento dal titolo Mafia, passion… Love alla Sharky Art Gallery, in cui trovarono spazio anche alcune fotografie del suo compagno di vita, Roberto Timperi. «Per me è importante tornare all’Aquila», aveva detto in quell'occasione, «ci sono stata poco dopo il terremoto e ho fatto delle fotografie in analogico nel centro storico che, in verità, non ho mai avuto modo di stampare. Mi sono spinta sino alla Casa dello Studente. Sono rimasta colpita da quelle ferite aperte, segni di un sisma che ha cambiato la vita a così tante persone. Per me che, a Palermo, ho vissuto un terremoto umano come la mafia, i giorni che ho vissuto all’Aquila sono stati particolarmente significativi». Sempre negli ultimi anni, su invito di Dacia Maraini che aveva conosciuto grazie all'artista Marilù Balsamo, era stata ospite della rassegna Lib(e)ri in Scena Pescasseroli. «Sono anche rimasta incantata e sorpresa dal fascino di questo piccolo centro», aveva detto.