Anna Foglietta: «Vivo il teatro come spazio di cura e di necessità»
L’attrice domani ad Avezzano e domenica a Città Sant’Angelo “Donne vestite di sole”, musica e parole di Davide Cavuti
AVEZZANO. Un racconto in musica e parole, di donne sfollate a causa della guerra, delle madri dei desaparecidos argentini e degli abusi dei giorni nostri. Questo è Donne vestite di sole, in scena domani alle 21 al Castello Orsini di Avezzano, nell’ambito della stagione del Teatro Off e domenica, alle ore 18, al teatro comunale di Città Sant'Angelo. Protagonista del lavoro, prodotto da Stefano Francioni in collaborazione con MuTeArt, Anna Foglietta. Lo spettacolo darà spazio anche all'ironia con le storie di donne che hanno dato un contributo fondamentale al cambiamento e al miglioramento della collettività. «Si tratta di un reading composito», spiega l’attrice, «in cui le voci di tante donne diverse si alternano e si passano la staffetta, creando un affresco molto democratico di ciò che significa essere donna e di ciò che significa parlare di femminismo al giorno d’oggi. Quando il maestro Davide Cavuti, che stimo molto, me l’ha proposto l’ho accolto di buon grado perché sono sempre stata molto sensibile alla tematica, ma in particolare oggi mi sembra che abbia ancora più senso parlarne». Autore del testo, Cavuti ne cura anche le musiche.
Come si è preparata per raccontare queste diverse storie che si intrecciano?
«Di fronte al dolore e alle difficoltà che le donne devono affrontare nel quotidiano non si è mai del tutto preparate, c’è sempre quella domanda che ronza in testa, “Perché a noi donne deve capitare tutto questo e agli uomini no?”. Un dolore che ci accomuna, pur non avendolo provato o vissuto sulla nostra pelle. Un’ingiustizia intollerabile, per questo rappresentare e dar voce a queste donne significa offrire l’opportunità di un piccolo riscatto.
Come si è sviluppata la collaborazione artistica con Davide Cavuti?
«Essendo uno spettacolo in forma di reading, dal punto di vista della regia è stato un processo abbastanza veloce. C’è una comunione di intenti tra me e il maestro Cavuti, una grande sintonia artistica e umana; pertanto, è avvenuto tutto in modo semplice - abbiamo un gusto estetico che corrisponde e ci accomuna».
Come si sente nel portare avanti temi così profondi sul palco?
«Portare sul palco eventi così attuali mi fa sentire che sto facendo bene il mio lavoro, niente di più e niente di meno. Il teatro, il cinema (penso al film di Paola Cortellesi) e l’arte in generale sono ancora uno spazio di grande cura, conforto e necessità. Tutto questo mi fa sentire, come dicevo prima, che sto facendo bene il mio lavoro, perché il mestiere dell’attore consiste soprattutto nel portare la parola che cura».
Nella sua carriera, quali progetti le hanno lasciato un’impronta significativa?
«Per un attore, così come per ogni essere umano, tutto ciò che è stato il bagaglio di esperienze è funzionale a vivere il presente con maggiore preparazione e consapevolezza. Si affinano le tecniche di vita, vale per il quotidiano e soprattutto per progetti che si portano avanti nel presente. Donne vestite di sole sicuramente godrà dello spessore che ho acquisito con lo studio e con l’interpretazione di tanti personaggi femminili. Tra tutti mi viene in mente la mamma di Alfredino in Una storia Italiana, Alda Merini in uno spettacolo teatrale diretto da Alessandro Gassmann, Nilde Iotti nella docu-fiction di Rai1 per la regia di Emanuele Imbucci, la escort di Nessuno mi può giudicare, Carlotta di Perfetti sconosciuti, Miriam di Un giorno all’improvviso. Tutte così diverse le une dalle altre, con le loro fragilità e sempre con la bellezza di rappresentare tutti i colori dell’animo femminile. È un aspetto che mi piace molto, sono tutte sfumature presenti nello spettacolo del maestro Cavuti».
Progetti attuali e futuri?
«Sto finendo di girare un film di cui posso dire poco e ne inizierò anche un altro, di cui però non posso dire ancora niente. Quello che posso dire è che porterò in giro uno spettacolo molto bello dal titolo Una guerra, che parlerà di uno dei temi a me più cari, ovvero la tutela dell’infanzia, anche attraverso il messaggio della mia associazione Every child is my child».
Se le dico Abruzzo cosa le viene in mente?
«L’Abruzzo è una terra che ho scoperto tardi, nonostante io abbia origini abruzzesi. L’ho scoperta grazie al mio amico produttore Stefano Francioni e anche grazie a Barbara Paoloni, scomparsa prematuramente. L’ho girata tanto grazie a loro e anche grazie al maestro Davide Cavuti. Anche Vincenzo Olivieri è diventato un nostro caro amico. Insomma, l’Abruzzo fa parte della mia vita e di quella della mia famiglia in maniera ormai indissolubile e ne sono molto felice».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Come si è preparata per raccontare queste diverse storie che si intrecciano?
«Di fronte al dolore e alle difficoltà che le donne devono affrontare nel quotidiano non si è mai del tutto preparate, c’è sempre quella domanda che ronza in testa, “Perché a noi donne deve capitare tutto questo e agli uomini no?”. Un dolore che ci accomuna, pur non avendolo provato o vissuto sulla nostra pelle. Un’ingiustizia intollerabile, per questo rappresentare e dar voce a queste donne significa offrire l’opportunità di un piccolo riscatto.
Come si è sviluppata la collaborazione artistica con Davide Cavuti?
«Essendo uno spettacolo in forma di reading, dal punto di vista della regia è stato un processo abbastanza veloce. C’è una comunione di intenti tra me e il maestro Cavuti, una grande sintonia artistica e umana; pertanto, è avvenuto tutto in modo semplice - abbiamo un gusto estetico che corrisponde e ci accomuna».
Come si sente nel portare avanti temi così profondi sul palco?
«Portare sul palco eventi così attuali mi fa sentire che sto facendo bene il mio lavoro, niente di più e niente di meno. Il teatro, il cinema (penso al film di Paola Cortellesi) e l’arte in generale sono ancora uno spazio di grande cura, conforto e necessità. Tutto questo mi fa sentire, come dicevo prima, che sto facendo bene il mio lavoro, perché il mestiere dell’attore consiste soprattutto nel portare la parola che cura».
Nella sua carriera, quali progetti le hanno lasciato un’impronta significativa?
«Per un attore, così come per ogni essere umano, tutto ciò che è stato il bagaglio di esperienze è funzionale a vivere il presente con maggiore preparazione e consapevolezza. Si affinano le tecniche di vita, vale per il quotidiano e soprattutto per progetti che si portano avanti nel presente. Donne vestite di sole sicuramente godrà dello spessore che ho acquisito con lo studio e con l’interpretazione di tanti personaggi femminili. Tra tutti mi viene in mente la mamma di Alfredino in Una storia Italiana, Alda Merini in uno spettacolo teatrale diretto da Alessandro Gassmann, Nilde Iotti nella docu-fiction di Rai1 per la regia di Emanuele Imbucci, la escort di Nessuno mi può giudicare, Carlotta di Perfetti sconosciuti, Miriam di Un giorno all’improvviso. Tutte così diverse le une dalle altre, con le loro fragilità e sempre con la bellezza di rappresentare tutti i colori dell’animo femminile. È un aspetto che mi piace molto, sono tutte sfumature presenti nello spettacolo del maestro Cavuti».
Progetti attuali e futuri?
«Sto finendo di girare un film di cui posso dire poco e ne inizierò anche un altro, di cui però non posso dire ancora niente. Quello che posso dire è che porterò in giro uno spettacolo molto bello dal titolo Una guerra, che parlerà di uno dei temi a me più cari, ovvero la tutela dell’infanzia, anche attraverso il messaggio della mia associazione Every child is my child».
Se le dico Abruzzo cosa le viene in mente?
«L’Abruzzo è una terra che ho scoperto tardi, nonostante io abbia origini abruzzesi. L’ho scoperta grazie al mio amico produttore Stefano Francioni e anche grazie a Barbara Paoloni, scomparsa prematuramente. L’ho girata tanto grazie a loro e anche grazie al maestro Davide Cavuti. Anche Vincenzo Olivieri è diventato un nostro caro amico. Insomma, l’Abruzzo fa parte della mia vita e di quella della mia famiglia in maniera ormai indissolubile e ne sono molto felice».
©RIPRODUZIONE RISERVATA