Il film noir made in Abruzzo sfida la fama di Gomorra

Sky e Netflix vogliono la fiction "Adriatica" dei pescaresi Bucci e Centorame

PESCARA. Una serie televisiva poliziesca in cui il confine tra il bene e il male si slabbra e mescola divenendo ambiguo. Il racconto si muove tra spaccio di droga, ricatti, rapimenti e soprattutto corruzione. La trama, il realismo e l'ambientazione cruda fanno a meno dell'ipocrisia e del perbenismo: sullo schermo si rincorrono le problematiche insolubili di una città non più vergine, con le sue strade, le verità di comodo, gli ideali di facciata e le conseguenze irrimediabili delle proprie azioni.

Si intitola “Adriatica”, ed è una fiction dalla sceneggiatura folgorante targata Abruzzo di cui in queste ore i canali Sky Atlantic, Netflix, Tv8 e Discovery si stanno contendendo la messa in onda. La serie si presenta come la risposta a “Gomorra” dell'altra parte dell'Italia e la prima stagione di sei puntate da 50 minuti ognuna verrà diretta dal regista Carmine Bucci, co-autore del progetto insieme allo sceneggiatore Federico Centorame, entrambi pescaresi.

Nulla per il momento filtra sugli attori, protagonisti e non, e sulla data del primo ciak, ma è certo che il progetto è in porto e ha produzione e distribuzione (addirittura contesa dunque tra le più grandi piattaforme tv). Alla loro opera prima, Bucci e Centorame avranno il sostegno di importanti case di produzione italiane e una balcanica, insieme alla collaborazione dell'Ambasciata cinese per tutta la realizzazione. Pescara sarà il cuore delle riprese insieme ad altre location d'Abruzzo, della costa pugliese e della Serbia.

«La nostra storia narra del dipartimento di polizia nella metropoli Adriatica, città nuova, ordinata, pacifica, che sotto un tappeto di annoiata normalità nasconde un ribollente brodo multietnico di molossi dello spaccio, tre irrequiete fazioni che si contendono la piazza più sicura del Centro-Sud Italia: la criminalità Balcanica, la Società Foggiana e gli Afro», racconta Bucci, 35 anni e una bella esperienza su set internazionali tra cui quelli di “Looking for Erik” di Ken Loach, “Go go tales” di Abel Ferrara, “The america” di Anton Corbijn, “Sangue pazzo” di Marco Tullio Giordana, nonchè alla direzione di spot per marchi come Red Bull, Samsung, Vans e altri ancora, con la propria produzione video e con partner nazionali e internazionali.

«I personaggi, i ritmi, l'assenza voluta e ricercata di risoluzioni armate ripetute», aggiunge il regista, «l'allontanamento e l'avvicinamento di vite parallele all'interno di un valzer politropo che spazia dall'universale (intrecci geopolitici di stampo internazionale) al particolare (le tensioni dei personaggi per emergere, riscattarsi o semplicemente vivere una esistenza degna di tal nome), sono tutti indici eufonici di un'ispirazione registica di stampo anglosassone e soprattutto di una spiccata matrice neorealista che affonda le sue radici nel più grande libro di storie di sempre: la cronaca».

«Le serie tv italiane attuali, ad eccezione di “Gomorra”, non brillano per personaggi tridimensionali e storie degne di essere raccontate», aggiunge Centorame. «Spesso dialoghi scoloriti, relazioni qualunquiste, qualche bizzarra sparatoria e una rubiconda esplosione bastano a coprire mancanze endogene degli sceneggiatori. Inoltre le ambientazioni si possono riassumere nel trittico Roma - Napoli - Palermo, città note per un certo background di criminalità ormai ben riconoscibile». «Per questo noi vogliamo parlare di altro», interviene Bucci. «Adriatica (il cui centro nevralgico si innesta nell'area metropolitana di Pescara) copre un bacino territoriale assolutamente vergine da un punto di vista di narrazione televisiva, sia italico che balcanico. La nostra città diventa terreno di un silenzioso scontro tra poteri e influenze tutt'altro che locali, un'arena immacolata che deve rimanere tale in virtù del dio a cui tutti devono obbedienza: il profitto. E se il gioco non può essere svolto con mezzi coreografici e “pubblici”, allora deve essere giocato con intelletto e sotterfugio: dopotutto è così che si muovono i veri criminali laddove lo Stato è ancora forte, specie quando lo Stato stesso è uno dei rivali in affari».

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