Il processo Matteotti nelle carte d’archivio: un confronto a Chieti
Addetti ai lavori e docenti si incontrano al Museo La Civitella Oggi, dalle 9 alle 17, la tavola rotonda sul ventennio fascista
CHIETI. Cento anni fa, precisamente il 10 giugno del 1924, il deputato Giacomo Matteotti fu rapito da cinque uomini mentre percorreva a piedi il Lungotevere a Roma: in pieno giorno lo picchiarono selvaggiamente, poi lo caricarono, svenuto, su un’auto.
Dieci giorni prima, l’onorevole aveva tenuto in Parlamento il celebre discorso, interrotto da proteste e minacce di morte, in cui contestava la legittimità delle elezioni, macchiate da violenze e aggressioni. Quelle furono, di fatto, le ultime elezioni tenute in Italia per i successivi venti anni e quel discorso rappresentò il canto funebre della democrazia nel Paese. Fu anche, per il deputato socialista, una condanna a morte. Lo stesso Matteotti, tornando al suo scranno, disse ai compagni di partito: «Bene, il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me».
Le indagini che seguirono l’aggressione furono celeri: della Lancia utilizzata era stata annotata la targa, dell’assalto c’erano diversi testimoni. Fu riconosciuto Amerigo Dumini, noto picchiatore fascista che, prima ancora che fosse ritrovato il cadavere del deputato, fu tratto in arresto insieme agli altri esecutori materiali del delitto. L’indignazione popolare rischiò di travolgere il partito fascista e lo stesso Benito Mussolini.
Il corpo martoriato di Giacomo Matteotti fu ritrovato il 16 agosto 1924, due mesi dopo l’assalto, nel bosco della Quartarella, fuori Roma. Insieme al cadavere fu rinvenuta la sua giacca insanguinata e lacerata da un taglio all’altezza del cuore.
Il processo fu istruito due anni dopo l’omicidio, nel marzo del 1926. Passato alla storia come “il processo farsa”, si svolse a Chieti, “la città camomilla”, come subito la descrisse il giornalista Alberto Maria Perbellini sul Resto del Carlino per la sua immagine di «centro disciplinato e gentile». Fu un procedimento di facciata, passato alla storia per la sua parzialità. Fu lo stesso Mussolini a scegliere Chieti, città borghese e dichiaratamente fascista, come sede per assicurarsi una sentenza scontata.
Proprio a Chieti, per ricordare una delle pagine più buie della storia d’Italia del ’900 nel centenario della morte di Matteotti, l’Archivio di Stato organizza oggi una tavola rotonda dal titolo Quello che l’archivistica può fare: Matteotti nella storia e nelle carte d’Archivio. L’evento si tiene dalle 9 alle 17 all’Auditorium Cianfarani del Museo archeologico La Civitella, coinvolgendo archivisti di alto profilo del territorio nazionale e docenti universitari in un confronto sulle fonti documentarie inerenti al Processo Matteotti e all’archivio del Partito nazionale fascista, sezione di Chieti.
I documenti oggetto dell’incontro sono stati digitalizzati e inventariati a partire dal 2023 dall’allora direttore Rosangela Guerra, che ha fortemente voluto l’evento. L’archivio di Stato di Chieti è uno dei 101 archivi di Stato italiani, uno per ogni capoluogo di provincia, dipendenti dal ministero della Cultura. Quest’anno ha visto nascere un protocollo d’intesa triennale (2024- 2026) tra l’archivio di Stato di Chieti e le università di Chieti, Teramo e L’Aquila, con lo scopo, spiega Guerra, «di creare un sistema Abruzzo che affronti le tematiche storiografiche relative al ventennio fascista tutt’oggi poco esplorate a causa della scarsità di documentazione superstite e del pressoché inesistente lavoro archivistico fatto sulla stessa da un secolo a questa parte».
Rosangela Guerra, oggi sostituita dalla collega Maria Amicarelli, rappresenta il primo tassello per rendere l’archivio di Stato di Chieti un polo di riferimento per gli studi sulla morte di Giacomo Matteotti e sul processo ai suoi assassini, oltre che per gli approfondimenti sul ventennio fascista, vista la cospicua documentazione disponibile nell’archivio del Pnf di Chieti. La partecipazione all’evento è gratuita: prenotazioni as-ch@cultura.gov.it.