Sul palco l’Olocausto dei rom e le parole di Liliana Segre
Ad Avezzano “Zingari lager”: viaggio nella musica e nella cultura di un popolo A Tagliacozzo “Come il fiume”: i ricordi della senatrice nascosti per trenta anni
AVEZZANO. Sul palco del teatro di Avezzano la storia del grande Manush, il saggio buffone «che sa rispondere a tutte le domande del mondo», obbligato a montare il tendone del suo circo nell’orrore di Auschwitz. Al teatro di Tagliacozzo le toccanti testimonianze della senatrice a vita Liliana Segre. Due momenti di teatro e riflessione per i giovani che il Teatro dei Colori regala ai giovani del territorio per la Giornata della Memoria.
Zingari Lager Giovedì alle ore 11 al teatro dei Marsi di Avezzano si parte con “Zingari Lager”, regia di Maurizio Stammati e drammaturgia di Alessandro Izzi, con Maurizio Stammati, Marian Serban, Petrika Namol, Mitika Namol. Un viaggio nella musica e nella cultura rom, alla riscoperta della magia degli spettacoli di un tempo, tra gioia di vivere e la difficoltà di confrontarsi con il pregiudizio, alla scoperta del Porrajmos, l’Olocausto zingaro, una delle pagine meno conosciute della nostra Storia recente. “Zingari Lager” nasce prima di tutto dall’incontro tra il collettivo teatrale Bertolt Brecht e il gruppo di musicisti composto da Marian Serban, Petrika Namol, Mitika Namol. La drammaturgia dello spettacolo si costruisce intorno a loro e al corpo e al gesto di attore di Maurizio Stammati.
Nasce, lo spettacolo, nonostante la difficoltà di un argomento come quello del Porrajmos, cui i nostri libri di Storia dedicano poche righe, per lo più occupate da cifre: 500.000 rom e sinti sterminati nelle camere a gas.
Ma la “questione zingara” era problematica in tutta Europa e anche l'Italia cominciò a risolverla con la segregazione da molto prima delle leggi razziali del 1938. Al centro Manush (nome non casualmente così vicino al tedesco Mann - uomo) il saggio folle, il pagliaccio che ridendo riesce a dire le più grandi verità, anche se fanno male, portavoce di un laico inno alla tolleranza e al rispetto reciproco.
SEGRE. COME IL FIUME Martedì 31 alle ore 10,30 al Talia di Tagliacozzo il Teatro del Krak presenta “Segre. Come il fiume”, con la giovane attrice ortonese Alberta Cipriani, regia Antonio Tucci, spettacolo selezionato per la finale della 19ª edizione del Festival Teatrale di Resistenza / Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2020. «Erede della memoria è colui che ascolta»: Liliana Segre ha 8 anni quando, nel ’38, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come “alunna di razza ebraica”, viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa “invisibile” agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent’anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa.
«Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di 8 anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea». Oggi si vanno sempre più diffondendo forme di razzismo, di intolleranza e di violenza verso i “diversi”, di cancellazione umana, alimentate oltretutto da situazioni di disagio sul mercato del lavoro e dai fenomeni migratori verso l’Europa: da un momento all’altro possono aprire la via a nuove tragedie. La memoria della Shoah può servire a favorire iniziative per reagire ai massacri del nostro tempo. Lo spettacolo raccoglie le memorie, dalla sua viva voce, di una testimone d’eccezione in una narrazione cruda e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l’adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all’amore del marito Alfredo e ai tre figli.
Zingari Lager Giovedì alle ore 11 al teatro dei Marsi di Avezzano si parte con “Zingari Lager”, regia di Maurizio Stammati e drammaturgia di Alessandro Izzi, con Maurizio Stammati, Marian Serban, Petrika Namol, Mitika Namol. Un viaggio nella musica e nella cultura rom, alla riscoperta della magia degli spettacoli di un tempo, tra gioia di vivere e la difficoltà di confrontarsi con il pregiudizio, alla scoperta del Porrajmos, l’Olocausto zingaro, una delle pagine meno conosciute della nostra Storia recente. “Zingari Lager” nasce prima di tutto dall’incontro tra il collettivo teatrale Bertolt Brecht e il gruppo di musicisti composto da Marian Serban, Petrika Namol, Mitika Namol. La drammaturgia dello spettacolo si costruisce intorno a loro e al corpo e al gesto di attore di Maurizio Stammati.
Nasce, lo spettacolo, nonostante la difficoltà di un argomento come quello del Porrajmos, cui i nostri libri di Storia dedicano poche righe, per lo più occupate da cifre: 500.000 rom e sinti sterminati nelle camere a gas.
Ma la “questione zingara” era problematica in tutta Europa e anche l'Italia cominciò a risolverla con la segregazione da molto prima delle leggi razziali del 1938. Al centro Manush (nome non casualmente così vicino al tedesco Mann - uomo) il saggio folle, il pagliaccio che ridendo riesce a dire le più grandi verità, anche se fanno male, portavoce di un laico inno alla tolleranza e al rispetto reciproco.
SEGRE. COME IL FIUME Martedì 31 alle ore 10,30 al Talia di Tagliacozzo il Teatro del Krak presenta “Segre. Come il fiume”, con la giovane attrice ortonese Alberta Cipriani, regia Antonio Tucci, spettacolo selezionato per la finale della 19ª edizione del Festival Teatrale di Resistenza / Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2020. «Erede della memoria è colui che ascolta»: Liliana Segre ha 8 anni quando, nel ’38, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come “alunna di razza ebraica”, viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa “invisibile” agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent’anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa.
«Scegliere di raccontare è stato come accogliere nella mia vita la delusione che avevo cercato di dimenticare di quella bambina di 8 anni espulsa dal suo mondo. E con lei il mio essere ebrea». Oggi si vanno sempre più diffondendo forme di razzismo, di intolleranza e di violenza verso i “diversi”, di cancellazione umana, alimentate oltretutto da situazioni di disagio sul mercato del lavoro e dai fenomeni migratori verso l’Europa: da un momento all’altro possono aprire la via a nuove tragedie. La memoria della Shoah può servire a favorire iniziative per reagire ai massacri del nostro tempo. Lo spettacolo raccoglie le memorie, dalla sua viva voce, di una testimone d’eccezione in una narrazione cruda e commovente, ripercorrendo la sua infanzia, il rapporto con l’adorato papà Alberto, le persecuzioni razziali, il lager, la vita libera e la gioia ritrovata grazie all’amore del marito Alfredo e ai tre figli.