Terence Hill ha deciso: sarà di nuovo Trinità tra i monti d’Abruzzo
Abbandonata la tonaca di Don Matteo l’attore torna sul set: «Giro un western sulla storia vera di una suora e una pistola»
L’AQUILA. Nell’estate del 2021, la rievocazione di “Continuavano a chiamarlo Trinità”, a cinquant’anni dall’uscita nelle sale, era iniziata con un bel po’ di ritardo a causa della grande disponibilità di Terence Hill – ospite speciale della proiezione – letteralmente sommerso dall’affetto di fan di ogni età: a loro non aveva saputo negare mai un sorriso o un autografo.
Un’atmosfera surreale sull’altopiano di Campo Imperatore, a pochi chilometri dal Canyon della Valianera (o dello Scoppaturo), proprio lì dove furono girate scene iconiche del sequel di “Lo chiamavano Trinità”, il film che ha fatto la fortuna di Enzo Barboni, in arte E.B. Clucher, ma anche della coppia Spencer-Hill.
Ben comprensibile, dunque, la grande attesa che ha suscitato l’intervista al Corriere della Sera in cui l’attore ha annunciato di voler tornare a indossare speroni e pistole per portare a termine il terzo film della saga. Questa volta mancherà il fratello cinematografico e grande compagno di set Bud Spencer, morto nel 2016 a 86 anni. Nell’intervista, Terence Hill, all’anagrafe Mario Girotti, ha raccontato che in estate inizierà a girare “Trinità, la suora e la pistola”, ispirato a una storia vera in cui introduce anche un personaggio storico, Billy The Kid (la Pistola).
Un film dal sapore antico, in cui l’attore decide di ritornare nel ruolo che gli ha dato fama e successo. Un annuncio che per i fan di questa terra ha anche una duplice valenza: sarà proprio l’Abruzzo a ospitare buona parte delle riprese in esterna, così come fu per “Continuavano a chiamarlo Trinità”, a differenza del capitolo originario i cui esterni – contrariamente a quanto comunemente si crede – furono girati nel Lazio e solo qualche scena vide arrivare i cavalli sul confine abruzzese.
Terence Hill ha detto di essere al lavoro sulla trasposizione di un libro con la storia di una suora italiana che è emigrata a fine Ottocento in America dall’entroterra ligure con la sua famiglia contadina e poverissima: «Dico la verità», ha detto l’attore, «non volevo più girare un western. Pensavo fosse inutile, di aver già fatto tutto e che non avrei potuto fare di meglio. Poi però ho trovato un libro con la storia vera di una suora italiana che è emigrata a fine Ottocento in America dall’entroterra ligure con la sua famiglia contadina e poverissima. Da Cincinnati, sola, ha deciso di andare nel West».
L’annuncio ha lasciato di sorpresa anche gli addetti ai lavori, a partire da Piercesare Stagni, docente e storico cinematografico, anche lui protagonista dell’incontro promosso due anni fa da L’Aquila Film Festival e dal Festival del Gran Sasso. «Terence Hill deve molto a Trinità», commenta Stagni, «è un personaggio che ha accompagnato tutta la sua vita, anche nell’immaginario collettivo della nostra generazione, che è poi quella che ha celebrato meglio l’accoppiata Bud-Terence Hill. Onestamente», aggiunge, «non credo che sia facile per lui dopo cinquant’anni rientrare nei panni di Trinità, con tanto di cavallo e lettiga. Un personaggio che è arrivato in Italia anche grazie al meraviglioso doppiaggio di Pino Locchi. L’attore ha 83 anni e nulla è scontato come prima, a parte il fatto che non avrà Carlo Pedersoli come controparte».
Nel 2021 dopo oltre 250 episodi, Terence Hill ha girato la sua ultima scena di “Don Matteo”, una delle più longeve e fortunate serie tv italiane, un personaggio a cui il pubblico si è abituato. «Più volte nella sua carriera», ricorda Stagni ,che è stato tra le persone che lo hanno voluto per la rievocazione in Abruzzo, «Terence Hill si è confrontato con spaghetti western, come Lucky Luke, oppure Botte di Natale, il cui successo è ben lontano da quello dei primi leggendari lungometraggi. Sono curioso di sapere come andrà questa volta, certo dopo 20 anni di Don Matteo non sarà facile, ma i fan saranno entusiasti e gli faccio i miei sinceri auguri». A Terence Hill, Stagni ha regalato il suo libro “Piccoli racconti di cinema” che parla anche della scena iconica dei fagioli girata a Campo Imperatore.