«Io difendo anche il prossimo sindaco»
Il primo cittadino: siamo di fronte a un chiaro attacco alla mia persona e a chi mi succederà
L’AQUILA. «È un attacco politico alla mia persona e una minaccia al futuro sindaco, al quale voglio dire “stai attento” e far capire come funzionano le cose. Io sto difendendo il prossimo primo cittadino».
Così il sindaco uscente dell’Aquila, Massimo Cialente, sulle intercettazioni pubblicate in questi giorni, relative alla vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto insieme al funzionario comunale Fabrizio De Carolis, chiusa per entrambi con un proscioglimento. Cialente era imputato per induzione indebita a dare o promettere utilità, la cosiddetta concussione depotenziata, in una complicata vicenda processuale, svolta quasi sempre sotto traccia, per fatti risalenti ad almeno tre anni fa.
Il gup Roberto Ferrari ha prosciolto i due: contro l’esito il pm Stefano Gallo ha presentato ricorso in Cassazione. Il sindaco uscente è stato in Procura nei giorni scorsi e probabilmente vi farà ritorno anche oggi, anche se alla domanda se abbia parlato con i magistrati risponde «no comment».
Il primo cittadino, nei giorni scorsi, aveva parlato di «cupola». Logico chiedersi se abbia fatto segnalazioni alle istituzioni competenti. «Ho segnalato tutto, fatto esposti e mandato atti, quindi si sa tutto, sto facendo verifiche per conoscere l’esito», si limita a dire su questo tema.
«La mia è una vicenda chiusa. Sono stato prosciolto perché non ho fatto niente, mi sono sempre impegnato per la legalità. Sto pagando una serie di no che ho detto per far rispettare le leggi», conclude l’esponente del Pd che non si candiderà come consigliere alle elezioni dell’11 giugno.
Cialente, dopo essere stato scagionato, ha anche raccontato cosa significhi restare sotto inchiesta per anni. «So solo io quello che ho passato», commentò dopo il verdetto, «con le voci di avvisi di garanzia, articoli sui giornali, poi le voci sull’arresto. Fare il sindaco in queste condizioni è difficile. Come quando entri in consiglio comunale e senti che si parla di questo. Lo ripeto: l’avviso di garanzia per le persone perbene è una pena. Poi ci sono persone per le quali questo patimento è niente e, casomai, puntano alla prescrizione. È stato un calice amaro da mandare giù».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Così il sindaco uscente dell’Aquila, Massimo Cialente, sulle intercettazioni pubblicate in questi giorni, relative alla vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto insieme al funzionario comunale Fabrizio De Carolis, chiusa per entrambi con un proscioglimento. Cialente era imputato per induzione indebita a dare o promettere utilità, la cosiddetta concussione depotenziata, in una complicata vicenda processuale, svolta quasi sempre sotto traccia, per fatti risalenti ad almeno tre anni fa.
Il gup Roberto Ferrari ha prosciolto i due: contro l’esito il pm Stefano Gallo ha presentato ricorso in Cassazione. Il sindaco uscente è stato in Procura nei giorni scorsi e probabilmente vi farà ritorno anche oggi, anche se alla domanda se abbia parlato con i magistrati risponde «no comment».
Il primo cittadino, nei giorni scorsi, aveva parlato di «cupola». Logico chiedersi se abbia fatto segnalazioni alle istituzioni competenti. «Ho segnalato tutto, fatto esposti e mandato atti, quindi si sa tutto, sto facendo verifiche per conoscere l’esito», si limita a dire su questo tema.
«La mia è una vicenda chiusa. Sono stato prosciolto perché non ho fatto niente, mi sono sempre impegnato per la legalità. Sto pagando una serie di no che ho detto per far rispettare le leggi», conclude l’esponente del Pd che non si candiderà come consigliere alle elezioni dell’11 giugno.
Cialente, dopo essere stato scagionato, ha anche raccontato cosa significhi restare sotto inchiesta per anni. «So solo io quello che ho passato», commentò dopo il verdetto, «con le voci di avvisi di garanzia, articoli sui giornali, poi le voci sull’arresto. Fare il sindaco in queste condizioni è difficile. Come quando entri in consiglio comunale e senti che si parla di questo. Lo ripeto: l’avviso di garanzia per le persone perbene è una pena. Poi ci sono persone per le quali questo patimento è niente e, casomai, puntano alla prescrizione. È stato un calice amaro da mandare giù».
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