Abruzzo, orso morto. Segni di avvelenamento
LECCE NEI MARSI. Uccisa da un orso che voleva ammazzare i suoi cuccioli. E' quest' l'ipotesi che si è fatta strada nella mente degli uomini del Parco nazionale d'Abruzzo circa la morte dell'orsa trovata venerdì in un bosco a Lecce dei Marsi. Tenuto conto che le orse fino a quando si occupano di allevare i propri cuccioli rifiutano l'accoppiamento. Una morte orribile ma naturale. Secondo questa ipotesi, si sarebbe sacrificata per difendere i suoi cuccioli dall’attacco di un altro orso.
LECCE NEI MARSI. Si sarebbe sacrificata per difendere i suoi cuccioli dall’attacco di un altro orso. E forse il suo sacrificio non è stato inutile. Sulla carcassa del plantigrado ritrovato morto nel bosco di Lecce nei Marsi venerdì mattina sono stati rinvenuti numerosi segni di aggressione da parte di un altro animale, quasi certamente un orso.
L’orsa è stata sottoposta a radiografia per evidenziare lo stato degli organi e dei tessuti muscolari. «Crediamo di sapere al 90 per cento quali siano le cause del decesso», dichiara il direttore dell’Istituto zooprofilattico di Teramo, Enzo Caporale, «non è stata una morte naturale, ma una morte indotta. Non dovrebbero esserci dubbi, per noi le cause sono chiare». In merito alle ferite (letale quella al collo) sulla carcassa dell’orsa, deceduta almeno 36 ore prima del ritrovamento da parte di alcuni operai forestali, Caporale ha spiegato che «buchi e ferite si rinvengono sempre in un animale ritrovato in natura, perché i predatori sono all’opera in ogni situazione». Vicino alla carcassa sono state notate orme di un altro orso.
LE IPOTESI. Tuttavia, i dubbi non sono stati fugati completamente: non si spiega altrimenti la presenza di vomito, di feci e la bocca serrata, chiari segni di avvelenamento. Solo l’esame tossicologico potrà chiarire con precisione le cause della morte. La prossima settimana sarà eseguito l’esame istologico, un’indagine veterinaria su cuore, polmoni e fegato, finalizzato a verificare se l’animale possa essere rimasto avvelenato a causa dell’ingestione di anticrittogamici tipo “disulfan”, utilizzati in agricoltura. «Una cosa, però», spiega il vicequestore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, Luciano Sammarone, «possiamo dire: l’uccisione non è avvenuta con un colpo di arma da fuoco».
AVVELENAMENTO E AGGRESSIONE. Non si esclude peraltro la concomitanza dei due eventi: l’orsa, cioè, potrebbe essere rimasta vittima di un avvelenamento e quindi attaccata in un momento in cui il suo fisico era fortemente debilitato. Del resto, chi ha avuto l’occasione di assistere alla scena di un’orsa che difende i propri cuccioli riferisce di un animale insuperabile, pericolosissimo anche e soprattutto per gli orsi maschi. È sempre la femmina a prevalere e a mettere in fuga l’orso che avesse intenzione di uccidere i cuccioli per farla tornare in calore, pronta all’accoppiamento. Negli Usa gli orsi bruni praticano il cosidetto “infanticidio”. Un maschio adulto uccide i cuccioli di un altro orso per rendere la femmina sessualmente recettiva.
I CUCCIOLI. L’orsa uccisa a Lecce nei Marsi, nell’ampia zona conosciuta come Fonte Lice, aveva ancora latte (poco) da dare al cucciolo o ai cuccioli (in genere si svezza un orsetto oppure tre, difficilmente viene partorita una coppia). Non era latte “giovane”, ma di almeno un anno e mezzo prima. Si sospetta che i cuccioli abbiano un’età di un anno e 8 mesi.
LE RICERCHE. Ieri sono stati battuti circa 80 ettari di montagna, che aggiunti ai 25 di venerdì superano ampiamente i 100. Se i cuccioli fossero stati più piccoli sarebbero stati sicuramente ritrovati, vivi o morti. Quindi si presume che siano riusciti ad allontanarsi e a sopravvivere. Il Corpo forestale dello Stato ha utilizzato anche un elicottero. Almeno 20 uomini, tra forestali e Guardie del Parco, hanno perlustrato i boschi. Non sono state trovate carogne avvelenate, bottiglie sospette o animali morti. Nei casi precedenti - l’uccisione di Bernardo, della sua compagna e di un altro orso nell’estate di un anno fa - dopo poche ore fu rinvenuta una carcassa avvelenata. In questo caso le ricerche hanno dato esito negativo, anche se continueranno già da questa mattina. Nel verde lussureggiante del Parco si sono visti anche gli uomini del Cites, il nucleo investigativo sul commercio internazionale di fauna protetta. Il sovrintendente Marco Fiori ha affermato che «indagare su questi casi è difficile in quanto la carcassa è stata ritrovata in un bosco molto fitto e questo limita la ricerca di elementi utili alle indagini». La Procura ha aperto un’inchiesta.
IL PARCO. Il presidente del Parco, Giuseppe Rossi, il direttore Vittorio Ducoli e il comandante regionale della Forestale, Davide De Laurentis (ieri sul posto), auspicano che possa trattarsi di morte per cause naturali. «Non si può comunque abbassare la guardia rispetto agli atti di aggressione alla fauna del Parco», affermano dall’Ente, «ricordando quanto avvenuto nei mesi passati e rispetto alle polemiche sulla tutela delle specie protette».
I RISCHI DI ESTINZIONE. Nelle aree del Parco d’Abruzzo vivono 30-50 esemplari. La morte di due femmine nel giro di 6 mesi mette a rischio la sopravvivenza della specie. Gli orsi hanno una riproduzione lenta. Una femmina d’orso entra nella fase riproduttiva quando ha 3-5 anni e vive mediamente vent’anni. Si deve poi tener conto che, dopo aver partorito, segue i suoi cuccioli per un periodo di 2-3 anni, e che in questa fase non si accoppia. Quindi, si può dire che una femmina di orso può dare alla luce 15-17 cuccioli, che pesano alla nascita tra i 200 e i 500 grammi. Studi del Parco nazionale rivelano che la sopravvivenza dei cuccioli, nei primi tre anni, è pari al 50-70 per cento. Pertanto, per ogni femmina, il numero totale di piccoli che arriva all’età adulta è di 5-7 esemplari al massimo.
I COMMENTI DEI LETTORI. Sul nostro sito www.ilcentro.it sono arrivati numerosi commenti da parte dei lettori. Eccone alcuni: iaia2 scrive: «Ormai sapere queste notizie, per me è diventato qualcosa di insopportabile, vorrei che queste persone che commettono certe azioni barbariche e feroci, facessero la stessa fine di questi bellissimi e unici animali. speriamo che si scopra la verità e si puniscano ma dico puniscano quest...». Con il nickname di gol89q un lettore lancia una proposta: «Perché non sviluppare una rete di volontari ben addestrati magari tra gli escursionisti e mountain biker, per controllare ancora meglio il territorio, utilizzando un numero di persone impensabile per la guardia forestale?». selleck pensa alle cose pratiche: «Vorrei che la coscienza ambientale per le istituzioni fosse un obbligo... Agire è un dovere per loro, e un diritto per noi. Basta con le dichiarazioni di intenti, il nostro mondo va a rotoli...».
L’orsa è stata sottoposta a radiografia per evidenziare lo stato degli organi e dei tessuti muscolari. «Crediamo di sapere al 90 per cento quali siano le cause del decesso», dichiara il direttore dell’Istituto zooprofilattico di Teramo, Enzo Caporale, «non è stata una morte naturale, ma una morte indotta. Non dovrebbero esserci dubbi, per noi le cause sono chiare». In merito alle ferite (letale quella al collo) sulla carcassa dell’orsa, deceduta almeno 36 ore prima del ritrovamento da parte di alcuni operai forestali, Caporale ha spiegato che «buchi e ferite si rinvengono sempre in un animale ritrovato in natura, perché i predatori sono all’opera in ogni situazione». Vicino alla carcassa sono state notate orme di un altro orso.
LE IPOTESI. Tuttavia, i dubbi non sono stati fugati completamente: non si spiega altrimenti la presenza di vomito, di feci e la bocca serrata, chiari segni di avvelenamento. Solo l’esame tossicologico potrà chiarire con precisione le cause della morte. La prossima settimana sarà eseguito l’esame istologico, un’indagine veterinaria su cuore, polmoni e fegato, finalizzato a verificare se l’animale possa essere rimasto avvelenato a causa dell’ingestione di anticrittogamici tipo “disulfan”, utilizzati in agricoltura. «Una cosa, però», spiega il vicequestore aggiunto del Corpo forestale dello Stato, Luciano Sammarone, «possiamo dire: l’uccisione non è avvenuta con un colpo di arma da fuoco».
AVVELENAMENTO E AGGRESSIONE. Non si esclude peraltro la concomitanza dei due eventi: l’orsa, cioè, potrebbe essere rimasta vittima di un avvelenamento e quindi attaccata in un momento in cui il suo fisico era fortemente debilitato. Del resto, chi ha avuto l’occasione di assistere alla scena di un’orsa che difende i propri cuccioli riferisce di un animale insuperabile, pericolosissimo anche e soprattutto per gli orsi maschi. È sempre la femmina a prevalere e a mettere in fuga l’orso che avesse intenzione di uccidere i cuccioli per farla tornare in calore, pronta all’accoppiamento. Negli Usa gli orsi bruni praticano il cosidetto “infanticidio”. Un maschio adulto uccide i cuccioli di un altro orso per rendere la femmina sessualmente recettiva.
I CUCCIOLI. L’orsa uccisa a Lecce nei Marsi, nell’ampia zona conosciuta come Fonte Lice, aveva ancora latte (poco) da dare al cucciolo o ai cuccioli (in genere si svezza un orsetto oppure tre, difficilmente viene partorita una coppia). Non era latte “giovane”, ma di almeno un anno e mezzo prima. Si sospetta che i cuccioli abbiano un’età di un anno e 8 mesi.
LE RICERCHE. Ieri sono stati battuti circa 80 ettari di montagna, che aggiunti ai 25 di venerdì superano ampiamente i 100. Se i cuccioli fossero stati più piccoli sarebbero stati sicuramente ritrovati, vivi o morti. Quindi si presume che siano riusciti ad allontanarsi e a sopravvivere. Il Corpo forestale dello Stato ha utilizzato anche un elicottero. Almeno 20 uomini, tra forestali e Guardie del Parco, hanno perlustrato i boschi. Non sono state trovate carogne avvelenate, bottiglie sospette o animali morti. Nei casi precedenti - l’uccisione di Bernardo, della sua compagna e di un altro orso nell’estate di un anno fa - dopo poche ore fu rinvenuta una carcassa avvelenata. In questo caso le ricerche hanno dato esito negativo, anche se continueranno già da questa mattina. Nel verde lussureggiante del Parco si sono visti anche gli uomini del Cites, il nucleo investigativo sul commercio internazionale di fauna protetta. Il sovrintendente Marco Fiori ha affermato che «indagare su questi casi è difficile in quanto la carcassa è stata ritrovata in un bosco molto fitto e questo limita la ricerca di elementi utili alle indagini». La Procura ha aperto un’inchiesta.
IL PARCO. Il presidente del Parco, Giuseppe Rossi, il direttore Vittorio Ducoli e il comandante regionale della Forestale, Davide De Laurentis (ieri sul posto), auspicano che possa trattarsi di morte per cause naturali. «Non si può comunque abbassare la guardia rispetto agli atti di aggressione alla fauna del Parco», affermano dall’Ente, «ricordando quanto avvenuto nei mesi passati e rispetto alle polemiche sulla tutela delle specie protette».
I RISCHI DI ESTINZIONE. Nelle aree del Parco d’Abruzzo vivono 30-50 esemplari. La morte di due femmine nel giro di 6 mesi mette a rischio la sopravvivenza della specie. Gli orsi hanno una riproduzione lenta. Una femmina d’orso entra nella fase riproduttiva quando ha 3-5 anni e vive mediamente vent’anni. Si deve poi tener conto che, dopo aver partorito, segue i suoi cuccioli per un periodo di 2-3 anni, e che in questa fase non si accoppia. Quindi, si può dire che una femmina di orso può dare alla luce 15-17 cuccioli, che pesano alla nascita tra i 200 e i 500 grammi. Studi del Parco nazionale rivelano che la sopravvivenza dei cuccioli, nei primi tre anni, è pari al 50-70 per cento. Pertanto, per ogni femmina, il numero totale di piccoli che arriva all’età adulta è di 5-7 esemplari al massimo.
I COMMENTI DEI LETTORI. Sul nostro sito www.ilcentro.it sono arrivati numerosi commenti da parte dei lettori. Eccone alcuni: iaia2 scrive: «Ormai sapere queste notizie, per me è diventato qualcosa di insopportabile, vorrei che queste persone che commettono certe azioni barbariche e feroci, facessero la stessa fine di questi bellissimi e unici animali. speriamo che si scopra la verità e si puniscano ma dico puniscano quest...». Con il nickname di gol89q un lettore lancia una proposta: «Perché non sviluppare una rete di volontari ben addestrati magari tra gli escursionisti e mountain biker, per controllare ancora meglio il territorio, utilizzando un numero di persone impensabile per la guardia forestale?». selleck pensa alle cose pratiche: «Vorrei che la coscienza ambientale per le istituzioni fosse un obbligo... Agire è un dovere per loro, e un diritto per noi. Basta con le dichiarazioni di intenti, il nostro mondo va a rotoli...».