Appalti all'Aquila, sotto esame il ruolo di Magani

22 Giugno 2014

Dalle carte i rapporti tra l’ex vicecommissario Marchetti e il direttore regionale che gli liquidò 19.500 euro per Santa Giusta

L’AQUILA. Una fattura da 19500 euro liquidata a Marchetti per la progettazione definitiva della messa in sicurezza della chiesa di Santa Giusta. Poi l’intenzione di assegnargli un incarico diretto, sotto la soglia dei 40mila euro, per il cantiere della chiesa delle Anime Sante. Quindi la volontà di «aumentare la parcella», dunque la finta gara (una procedura molto negoziata) tra cinque professionisti per lo stesso incarico, destinato allo stesso Marchetti vincitore designato. E ancora, la scelta di avvalersi della collaborazione della funzionaria Alessandra Mancinelli come esperta preposta alla gestione delle commissioni di gara, con riferimento al coordinamento e alla logistica delle stesse. Che volle nominare con decreto del 13 aprile 2013, in sostituzione di altra funzionaria, come segretaria per la commissione di gara delle Anime Sante. Infine, i rapporti con lo stesso Marchetti e con l’altro dipendente Mibac indagato Giuseppe Di Girolamo. Di questi e di altri aspetti gli investigatori vogliono chiedere conto a Fabrizio Magani, direttore regionale per i Beni culturali in attesa di riconferma all’Aquila, finito sotto inchiesta nell’ambito dell’indagine sugli appalti nella ricostruzione delle chiese per cui si ipotizza, a carico dei principali sospettati, il reato di corruzione. Il nome di Magani, destinatario di perquisizione sia in ufficio sia a casa, compare diverse volte nelle 55 pagine dell’ordinanza custodiale che ha disposto l’arresto per gli imprenditori Nunzio Massimo Vinci e Patrizio Cricchi, l’ex vicecommissario ai beni culturali dell’era-Bertolaso Luciano Marchetti e la funzionaria Mibac Alessandra Mancinelli. Il direttore regionale per i Beni culturali, al di là di quella che potrebbe essere definita una generica culpa in vigilando, visto tutto quello che stava succedendo nel suo ufficio, deve chiarire i rapporti con Marchetti, che si era «allargato» troppo fin dai tempi del suo ruolo commissariale. E che ha continuato anche dopo, quando agiva da professionista proponendosi a destra e a manca sfruttando progetti e studi di opere sottoposte a vincolo venuti in suo possesso in quanto, come annota il gip, gli venivano ceduti dalla Mancinelli che «li ha passati indebitamente a Marchetti per la redazione dei progetti».

Insomma, Magani dovrà spiegare in che misura Marchetti influenzava la struttura periferica del Mibac da lui diretta e cosa accadeva negli uffici quando si dovevano preparare le gare. E c’era chi si premurava – come sostiene l’accusa – di contattare le ditte, suggerirne alcune, estrometterne altre, rivelare agli imprenditori attività d’ufficio, persino suggerire a D’Ercole chi nominare a capo della ricostruzione delle chiese. Disegno mirabilmente racchiuso nella seguente frase della Mancinelli a Marchetti (intercettata): «...io parlo per lei, eh...a prescindere da me...non me ne importa niente...ma tutta ’sta fatica non è che l’abbiamo fatta per farli gesti’ a qualcun altro, eh...».

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