Sergio e Franco Celi

L'AQUILA

Assolti dopo 12 anni fratelli-imprenditori

Cade l’accusa di traffico di rifiuti per Sergio e Franco Celi. Nel 2012 gli arresti, fu già cancellato il reato di corruzione: «Anni difficili, restituita la verità. Sempre certi della correttezza del nostro operato»

MASSA D’ALBE. L’imprenditore Sergio Celi è stato assolto per non aver commesso il fatto. Il fratello Franco è stato prosciolto. Con queste formule si chiude, a distanza di 12 anni, la vicenda giudiziaria che nel 2012 vide finire agli arresti domiciliari i due imputati, assieme all’allora sindaco di Magliano de’ Marsi e a un assessore. Era una delle inchieste del post-sisma dell’Aquila, denominata “Penelope”.

La Corte d’Appello del capoluogo, alla quale avevano fatto ricorso i legali dei fratelli Celi, l’avvocato Antonio Milo e l’avvocato Claudio Verini, proponendo appello contro il verdetto di primo grado dagli stessi ritenuto «ingiusto ed errato» (18 mesi, pena sospesa, quando era già caduta gran parte delle accuse, ndr). I fratelli Celi sono stati assolti da tutti i reati contestati, quindi anche quelli di appropriazione indebita di materiale inerte, poiché il fatto non sussiste, e per il reato di traffico di rifiuti.

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«OPERATO SEMPRE CORRETTO». «Siamo felici che alla fine la giustizia abbia fatto il proprio corso», sottolineano Sergio e Franco Celi, «siamo sempre stati certi della correttezza del nostro operato. Sono stati anni molto difficili, soprattutto nei rapporti con le pubbliche amministrazioni e con i loro funzionari, da taluni dei quali abbiamo percepito in maniera tangibile avversità e cautela, a seguito dell’avvio della vicenda giudiziaria, purtroppo amplificata oltremisura dai media. L’operato della società Celi Calcestruzzi spa è stato sempre caratterizzato da una forte etica professionale del lavoro e dalla massima correttezza nel rispetto delle leggi ed è solamente grazie a ciò che, pur in presenza di un contesto generale tutt’altro che ottimale, la società è riuscita a ottenere una continuità di crescita sia in termini occupazionali, offrendo oggi lavoro a circa 150 dipendenti, sia in termini economici, inserendosi tra le principali imprese della provincia dell’Aquila. Nel ricordare alcuni brutti momenti che hanno accompagnato questa vicenda, tra cui la notifica dei provvedimenti cautelari alle 5.30 del mattino, gli arresti domiciliari durati 13 giorni e annullati dal Tribunale del riesame dell’Aquila, il proscioglimento dall’accusa del reato di corruzione da parte del gup del tribunale aquilano con la formula più ampia (il fatto non sussiste), i sequestri preventivi dei beni personali dichiarati anch’essi illegittimi dal Riesame, vorremmo ringraziare tutte le persone che ci hanno sempre fatto sentire il loro supporto, la stima nei nostri confronti e che hanno sempre creduto nella correttezza del nostro operato. L’esito della sentenza, restituisce a noi, ai nostri collaboratori, ai nostri clienti, ai nostri partner e alla pubblica amministrazione, la piena verità sui fatti al tempo contestatici e dimostra quanto inconsistenti e infondate fossero le accuse nei nostri confronti».

NESSUNA CORRUZIONE. L’avvocato Milo ha sottolineato «il particolare rilievo assunto dalla sentenza del gup», confermata successivamente dalla Cassazione, che al termine delle indagini preliminari «pronunciò, già nel 2014, sentenza di non luogo a procedere per il reato di corruzione», che la Procura aveva contestato e che aveva determinato l’applicazione degli arresti domiciliari dei fratelli Celi, «rilevando l’assenza di qualsivoglia condotta illecita e affermando la totale infondatezza della ipotesi accusatoria, il che fa apparire ingiuste le misure restrittive della libertà personale disposte nei confronti dei Celi».

«DOCUMENTI TRAVISATI». A sua volta, l’avvocato Verini, con riferimento alle attività imprenditoriali della Celi Calcestruzzi Spa, ha evidenziato «il travisamento, in cui erano incorsi la Procura della Repubblica e il tribunale di primo grado, del reale contenuto dei documenti contrattuali e amministrativi sulla base dei quali la società era stata autorizzata a porre in essere le attività estrattive e il successivo risanamento della cava nel comune di Magliano de’ Marsi», sottolineando che anche su tali aspetti la Corte d’Appello ha affermato «l’assoluta correttezza dell’operato dei fratelli Celi e della società, riconoscendo che gli stessi hanno gestito le attività di escavazione e di risanamento della cava nell’assoluto rispetto del relativo progetto, escludendo quindi ogni ipotesi di furto o di appropriazione indebita di ghiaia o di realizzazione di una discarica non autorizzata».

«LIBERI DA UN PESO ENORME». «I nostri assistiti si sono liberati da un peso enorme», concludono gli avvocati Milo e Verini, «per loro sono stati anni moralmente difficili, nei quali hanno dovuto lottare contro accuse ingiuste e soprattutto contro una gogna mediatica spietata. Giustizia è fatta». (r.rs.)

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