AVEZZANO
Avvocata non può avere figli: risarcimento di 300mila euro
Secondo il giudice ha riportato danni biologici e stress permanente dopo l'intervento chirugico: condannata la Asl provinciale. La giovane resta invalida al 50%, dopo una prima lesione si è sottoposta ad altre tre operazioni
AVEZZANO. Non può più avere figli a causa di un intervento chirurgico sbagliato. È quanto capitato a una giovane avvocatessa marsicana che ha ottenuto un maxi risarcimento da parte della Asl. La sentenza, che conferma la responsabilità medica, è stata emessa il 7 ottobre scorso dal tribunale di Avezzano, che ha riconosciuto la responsabilità dell’azienda sanitaria locale provinciale per i danni causati alla professionista marsicana durante un intervento chirurgico, condannando la struttura al risarcimento di oltre 255mila euro, importo che supera i 300mila euro con l’inclusione di interessi e rivalutazione monetaria.
Il caso trae origine da un intervento di miomectomia laparotomica a cui la paziente si era sottoposta nel dicembre 2015 all’ospedale Santi Filippo e Nicola di Avezzano. A seguito dell’operazione, la donna riportò gravi complicazioni in conseguenza di una lesione dell’uretere destro, diagnosticata, secondo una consulenza, tardivamente e riparata solo in parte con interventi successivi. Ben quattro.
Le conseguenze fisiche, tra cui una severa sindrome aderenziale e l’impossibilità di avere figli, hanno segnato profondamente la vita della professionista. Secondo la relazione del consulente tecnico che ha esaminato il caso «la donna ebbe a determinare le numerose aderenze interviscerali che a loro volta ebbero a causare quella cascata di eventi, di cui si è a lungo discusso nella bozza che condussero al danno definitivo, consistente nella totale perdita della fertilità in conseguenza all’isterectomia totale con annessiectomia bilaterale con conseguente incontinenza urinaria».
Il consulente ha inoltre ribadito «la valutazione del danno biologico permanente, precedentemente espressa nell’elaborato di bozza inviato alle parti, pari a una invalidità permanente nella misura del 50 per cento, per la sindrome ansiosodepressiva reattiva, per gli esiti dell’isteroannessiectomia bilaterale con impossibilita di procreare. È stato riconosciuto che tutti gli individui sottoposti a interventi chirurgici con l’apertura della cavità peritoneale affrontano per tutta la vita un elevato rischio di ostruzione dell’intestino tenue secondaria alla formazione di aderenze». Il giudice del tribunale di Avezzano, Alessandra Contestabile, ha evidenziato come «la lesione iatrogena, dovuta a manipolazioni chirurgiche scorrette, abbia determinato un lungo percorso di sofferenza fisica e psicologica per la donna, inclusa una grave sindrome ansioso-depressiva reattiva». La perizia medicolegale ha confermato «una importante invalidità permanente» della donna.
Oltre ai danni patrimoniali e non patrimoniali, la sentenza ha imposto alla Asl il pagamento delle spese legali e delle spese per la consulenza tecnica d’ufficio. Il consulente tecnico di parte era il professor Mauro Arcangeli. La donna è stata assistita dall’avvocato Berardino Terra. La decisione del giudice si basa sul principio di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria poiché il nesso causale tra la condotta dei medici e i danni subiti dal paziente deve essere «più probabile che non», come richiesto dalle norme vigenti. «La sentenza rappresenta un importante richiamo alla diligenza richiesta in ambito medico e conferma la centralità del paziente nei casi di responsabilità professionale, riaffermando il diritto ad un trattamento accurato e tempestivo anche nelle fasi post-operatorie», spiega l’avvocato Berardino Terra.