Barista e corriere della droga tra Roma e Abruzzo: arrestato un 54enne
Il 54enne aquilano coinvolto nella maxi operazione della Direzione antimafia su pizzini dal carcere e perizie false. Anche un 37enne di Carsoli in manette. Sono 32 le persone fermate in tutta Italia
L’AQUILA. Un barista 54enne dell’Aquila e un 37enne di Carsoli tra i 32 arrestati nel maxi blitz ordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma. Entrambi sono accusati di detenzione di sostanza stupefacente e spaccio. Secondo le accuse, tutte da dimostrare, erano due pedine dell’imponente asse della droga sgominato dalle forze dell’ordine, che faceva capo a un narcotrafficante di spicco dell’ambiente romano, detenuto all’interno del carcere di Rebibbia.
LE ACCUSE
G.P., 54enne dell’Aquila, ha lavorato per anni come barista. Noto per essere stato alle dipendenze di un locale del centro storico della città. Per l’accusa, è divenuto il corriere della droga tra Roma capitale e l’Abruzzo, salvo svolgere attività di trasporto anche all’interno del quadrilatero romano a sud est di Roma. G.A., 37enne di Tagliacozzo, residente a Carsoli, sarebbe invece stato impiegato come uomo di stoccaggio. Casa sua è stata per lungo tempo il magazzino del narcotraffico romano nell’Aquilano, sempre per l’accusa. L’attività investigativa degli inquirenti, per mezzo di appostamenti e intercettazioni telefoniche, e ambientali, ha consentito di accertare il deposito complessivo di 30 chili di hascisc. I due indagati sono stati rinchiusi, rispettivamente, nei carceri dell’Aquila e di Avezzano. Un terzo arresto in Abruzzo è stato inoltre eseguito nel Teramano, a Corropoli. Si tratta di un cittadino albanese che si trovava in paese per far visita ad alcuni conoscenti. Non risulta abbia commesso reati sul territorio abruzzese.
IL BLITZ
Oltre 300 militari del Nucleo investigativo del gruppo di Frascati e dei diversi comandi dell’Arma territorialmente competenti. Il raid, all’alba di ieri, ha prodotto 32 misure cautelari, 5 avvisi di fissazione di interrogatorio preventivo nei confronti di altrettanti ulteriori indagati e 44 perquisizioni. Di cui 4 nella provincia dell’Aquila che, però, non hanno dato risultati. L’operazione arriva al culmine di un’inchiesta che vede al centro una serie di illeciti interni al carcere di Rebibbia. Le indagini hanno portato alla luce due diversi scenari delittuosi, uno nel merito di un sistema corrotto di concessione di benefici penitenziari ai detenuti a opera di uno psicologo del Servizio per le Dipendenze (Serd) dell’Asl Roma 2. Il secondo nello specifico di una rete di spaccio di droga gestita direttamente dagli ambienti del carcere. L’attività investigativa, nel corso degli anni, ha portato al sequestro di 22 chili di stupefacente, di cui 21 di cocaina.
IL PRIMO FILONE
La prima inchiesta risale al 2017. Il Nucleo investigativo ha raccolto gravi elementi indiziari circa l’illecita concessione di benefici ai detenuti, comprese misure alternative alla detenzione, come il collocamento nelle comunità terapeutiche. Sistema promosso dallo psicologo romano, che avrebbe firmato certificazioni attestanti – falsamente – condizioni di tossicodipendenza e condizioni psicologiche precarie, previa, in alcuni casi, il pagamento in suo favore di una “tangente” da 1.000 euro.
IL SECONDO FILONE
Durante l’attività investigativa, gli inquirenti hanno individuato un legame poco chiaro tra lo psicologo e un detenuto, trafficante di Roma. Secondo le accuse, l’uomo avrebbe avuto un ruolo apicale nella gestione del traffico di droga all’esterno, anche grazie all’intermediazione di due avvocati (di cui uno agli arresti) e all’utilizzo di dispositivi criptati. In questo particolare contesto è emersa la presunta responsabilità dei due uomini dell’Aquila e di Carsoli. Le forze dell’ordine hanno sequestrato 84.000 euro e due pistole.
©RIPRODUZIONE RISERVATA