Berlusconi e i partigiani
Celebrazioni tra le macerie a Onna: «Rifletteremo»
Berlusconi partigiano con al collo il fazzoletto tricolore della Brigata Maiella, nel giorno delle ferite vecchie e nuove di Onna. Cuore, ieri e oggi, della catastrofe dei corpi schiacciati dai muri. L’11 giugno 1944 dopo le mine nazifasciste, il 6 aprile 2009 dopo la danza di morte del terremoto. Questa l’immagine-simbolo di una giornata carica di emozione. La festa della Liberazione davanti al monumento della villa, che ricorda i 17 martiri della strage, mai prima d’ora aveva visto tanta gente. Stavolta non manca neppure l’ex sindaco Tempesta.
C’è Berlusconi, a Onna, quando è ancora fresco il distacco dai 40 innocenti caduti in queste strade e sotto queste case diventate trappole. «Preside’, qua l’inverno è freddo». Queste parole accolgono il premier allo scoccare del mezzogiorno, quando l’incrocio con Franceschini e Casini è ormai scongiurato e a piedi un piccolo corteo con Silvio in testa raggiunge tra la polvere il nuovo altare della patria.
Prima l’omaggio al Milite Ignoto di piazza Venezia e poi in volo verso Onna. Con la promessa solenne: «Non userò la parola comunista». Ma di fronte alla lapide ecco tornare il tema di Salò, repubblichini e partigiani. Un tema che divide ancora. Ma il gesto di Antonio Rullo, presidente della Brigata del mitico comandante Troilo, di mettere al collo del premier il simbolo dei partigiani sembra ammantare tutto. «È un tema su cui non ho ancora messo la testa. Ci sono state differenze anche se la pietà deve andare anche a coloro che credendosi nel giusto hanno combattutto per una causa che era una causa persa. Su questo tema rifletteremo», annuncia Berlusconi. Poi il discorso si sposta sul tema attuale: terremoto, morti, ricostruzione. «Bisogna arrivare, e lo faremo, prima dell’inverno», promette Berlusconi. «Ci sono ditte italiane che in 6 mesi sono in grado di costruire case».
Poi, ancora, Liberazione e libertà. «La festa del 25 aprile assume un valore particolare con la tragedia abruzzese e Onna è simbolo dell’Italia dove tutti abbiamo la responsabilità e il dovere di costruire un futuro di prosperità e di pace. Io sono orgoglioso di guidare questo meraviglioso paese». In chiusura il crescendo: «Viva Onna, viva l’Abruzzo, viva l’Italia, viva la Repubblica democratica e viva il 25 aprile, festa di tutti gli italiani che amano la libertà, il 25 aprile festa della libertà riconquistata». Quindi le foto coi reduci della brigata Maiella. «Quanti anni avevate? Quanta strada avete fatto? E i vostri compagni?».
Pare interessato, Berlusconi, alle storie di Arnaldo Ettorre, Vincenzo Tirone, Ubaldo Grossi e tutti gli altri. Li applaude, si fa accompagnare da loro in giro nel paese martoriato. «Noi siamo partigiani senza partito, soldati senza stellette», commenta il reduce Antonio Rullo. «Siamo l’unica formazione ad aver avuto, dopo la guerra, la medaglia d’oro al valor militare. Siamo arrivati fino ad Asiago. Tra i nostri ragazzi, studenti e professionisti abbiamo avuto 55 morti, 150 feriti e mutilati, 10 dispersi. Siamo qui solo per ricordarli, per festeggiare la Liberazione. Noi abbiamo liberato l’Italia per tutti gli italiani. Napolitano ha detto cose bellissime quando ha sostenuto, come ha fatto anche Berlusconi, che il 25 aprile non è la festa di una parte o dell’altra, ma è la festa di tutto il popolo italiano. Noi siamo qui per celebrare la Liberazione dai tedeschi che hanno ammazzato, trucidato, distrutto gente che non aveva fatto niente, bambini e vecchi».
Berlusconi richiama la Costituzione e i costituenti, dei quali loda la saggezza: «Superarono le divisioni di partenza». Cita, tra gli altri, Parri, Nenni, Pertini, Togliatti, De Gasperi. Sottolinea il «compromesso» che ha saputo raggiungere «due obiettivi fondamentali: la libertà e la garanzia delle condizioni per sviluppare la democrazia». Più in là, dietro ai cancelli, gli sfollati. «Non rovinateci la nostra festa», grida un uomo invitato a scendere da un muretto. Grazia Bonomo e Carmela Di Felice ricordano: «Siamo col fango fino agli occhi: basta passerelle». Ripassa Berlusconi che va a Bazzano. Stefano Palmerini e Anna De Vecchis di Paganica gli danno la mano. Lui dice: «Vedrete cosa riusciremo a fare».
C’è Berlusconi, a Onna, quando è ancora fresco il distacco dai 40 innocenti caduti in queste strade e sotto queste case diventate trappole. «Preside’, qua l’inverno è freddo». Queste parole accolgono il premier allo scoccare del mezzogiorno, quando l’incrocio con Franceschini e Casini è ormai scongiurato e a piedi un piccolo corteo con Silvio in testa raggiunge tra la polvere il nuovo altare della patria.
Prima l’omaggio al Milite Ignoto di piazza Venezia e poi in volo verso Onna. Con la promessa solenne: «Non userò la parola comunista». Ma di fronte alla lapide ecco tornare il tema di Salò, repubblichini e partigiani. Un tema che divide ancora. Ma il gesto di Antonio Rullo, presidente della Brigata del mitico comandante Troilo, di mettere al collo del premier il simbolo dei partigiani sembra ammantare tutto. «È un tema su cui non ho ancora messo la testa. Ci sono state differenze anche se la pietà deve andare anche a coloro che credendosi nel giusto hanno combattutto per una causa che era una causa persa. Su questo tema rifletteremo», annuncia Berlusconi. Poi il discorso si sposta sul tema attuale: terremoto, morti, ricostruzione. «Bisogna arrivare, e lo faremo, prima dell’inverno», promette Berlusconi. «Ci sono ditte italiane che in 6 mesi sono in grado di costruire case».
Poi, ancora, Liberazione e libertà. «La festa del 25 aprile assume un valore particolare con la tragedia abruzzese e Onna è simbolo dell’Italia dove tutti abbiamo la responsabilità e il dovere di costruire un futuro di prosperità e di pace. Io sono orgoglioso di guidare questo meraviglioso paese». In chiusura il crescendo: «Viva Onna, viva l’Abruzzo, viva l’Italia, viva la Repubblica democratica e viva il 25 aprile, festa di tutti gli italiani che amano la libertà, il 25 aprile festa della libertà riconquistata». Quindi le foto coi reduci della brigata Maiella. «Quanti anni avevate? Quanta strada avete fatto? E i vostri compagni?».
Pare interessato, Berlusconi, alle storie di Arnaldo Ettorre, Vincenzo Tirone, Ubaldo Grossi e tutti gli altri. Li applaude, si fa accompagnare da loro in giro nel paese martoriato. «Noi siamo partigiani senza partito, soldati senza stellette», commenta il reduce Antonio Rullo. «Siamo l’unica formazione ad aver avuto, dopo la guerra, la medaglia d’oro al valor militare. Siamo arrivati fino ad Asiago. Tra i nostri ragazzi, studenti e professionisti abbiamo avuto 55 morti, 150 feriti e mutilati, 10 dispersi. Siamo qui solo per ricordarli, per festeggiare la Liberazione. Noi abbiamo liberato l’Italia per tutti gli italiani. Napolitano ha detto cose bellissime quando ha sostenuto, come ha fatto anche Berlusconi, che il 25 aprile non è la festa di una parte o dell’altra, ma è la festa di tutto il popolo italiano. Noi siamo qui per celebrare la Liberazione dai tedeschi che hanno ammazzato, trucidato, distrutto gente che non aveva fatto niente, bambini e vecchi».
Berlusconi richiama la Costituzione e i costituenti, dei quali loda la saggezza: «Superarono le divisioni di partenza». Cita, tra gli altri, Parri, Nenni, Pertini, Togliatti, De Gasperi. Sottolinea il «compromesso» che ha saputo raggiungere «due obiettivi fondamentali: la libertà e la garanzia delle condizioni per sviluppare la democrazia». Più in là, dietro ai cancelli, gli sfollati. «Non rovinateci la nostra festa», grida un uomo invitato a scendere da un muretto. Grazia Bonomo e Carmela Di Felice ricordano: «Siamo col fango fino agli occhi: basta passerelle». Ripassa Berlusconi che va a Bazzano. Stefano Palmerini e Anna De Vecchis di Paganica gli danno la mano. Lui dice: «Vedrete cosa riusciremo a fare».