SULMONA
Call center 3G, allarme licenziamenti
Martedì l’incontro a Roma al ministero del Lavoro, senza un accordo 91 dipendenti rischiano di perdere il posto
SULMONA. Saranno licenziati martedì prossimo i 91 lavoratori della 3G di Sulmona se non arriverà un accordo, tra azienda e sindacati, nell’incontro fissato dal ministero del Lavoro a Roma. Dopo i licenziamenti dei mesi scorsi e il reintegro disposto dal giudice del lavoro per 55 operatori, il call center sulmonese è ora costretto a riassumere 5 di loro che hanno deciso di tornare in azienda e a saldare gli altri 50 con 12 mensilità, più un anno di contributi e stipendi arretrati. Le somme vanno dai 20mila ai 30mila euro per ogni lavoratore. Somme che, moltiplicate per il totale e per gli atri dipendenti della sede di Campobasso, raggiungono la quota di circa 2 milioni di euro. Una cifra ingente di cui l’azienda non disporrebbe al momento e che l’avrebbe costretta ad aprire la procedura per gli altri licenziamenti. Motivazioni che, però, per i sindacati, non giustificano il ping-pong degli esuberi.
«L’azienda ci ha proposto un accordo con cui congelare tre anni di Tfr e restituirlo ai lavoratori sotto forma di beni cosiddetti welfare, come buoni benzina», spiega Antonio De Simone, segretario della Fistel Cis, «ma per noi non si può intervenire sugli istituti garantiti dalla legge come il trattamento di fine rapporto, tanto più che se avessimo firmato quel patto avremmo messo l’azienda in condizioni più vantaggiose rispetto alla concorrenza nella partecipazione alle gare e non sarebbe stato giusto. Noi non vorremmo chiedere ulteriori sacrifici ai lavoratori che vengono da otto anni di ammortizzatori sociali». Sono in corso in queste ore le assemblee con gli operatori che, da un lato, non intendono cedere all’ulteriore richiesta dell’azienda, dall’altro temono di perdere il posto. Solo a marzo scorso, per scongiurare i quasi cento licenziamenti annunciati, era stato approvato un accordo sulla flessibilità spinta. In pratica, i telefonisti avevano rinunciato alla libera scelta su ferie e permessi (a discrezione dell’azienda e in base ai carichi di lavoro e alle commesse), oltre al mancato pagamento delle festività, barattate in ore corrispondenti. Ma il gioco di forza sulla necessità di scongiurare i licenziamenti potrebbe mettere da parte ogni velleità battagliera. Nel novembre scorso, il gruppo di telecomunicazioni aveva annunciato 248 esuberi da spalmare negli stabilimenti di Roma, Sulmona e Campobasso. 87 erano stati i tagli alla fine nella sede sulmonese, più di 50 dei quali impugnati. Tra i circa 400 operatori telefonici rimasti al lavoro, 250 assunti con contratto a tempo indeterminato e 150 con collaborazioni coordinate, ora torna la preoccupazione.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
«L’azienda ci ha proposto un accordo con cui congelare tre anni di Tfr e restituirlo ai lavoratori sotto forma di beni cosiddetti welfare, come buoni benzina», spiega Antonio De Simone, segretario della Fistel Cis, «ma per noi non si può intervenire sugli istituti garantiti dalla legge come il trattamento di fine rapporto, tanto più che se avessimo firmato quel patto avremmo messo l’azienda in condizioni più vantaggiose rispetto alla concorrenza nella partecipazione alle gare e non sarebbe stato giusto. Noi non vorremmo chiedere ulteriori sacrifici ai lavoratori che vengono da otto anni di ammortizzatori sociali». Sono in corso in queste ore le assemblee con gli operatori che, da un lato, non intendono cedere all’ulteriore richiesta dell’azienda, dall’altro temono di perdere il posto. Solo a marzo scorso, per scongiurare i quasi cento licenziamenti annunciati, era stato approvato un accordo sulla flessibilità spinta. In pratica, i telefonisti avevano rinunciato alla libera scelta su ferie e permessi (a discrezione dell’azienda e in base ai carichi di lavoro e alle commesse), oltre al mancato pagamento delle festività, barattate in ore corrispondenti. Ma il gioco di forza sulla necessità di scongiurare i licenziamenti potrebbe mettere da parte ogni velleità battagliera. Nel novembre scorso, il gruppo di telecomunicazioni aveva annunciato 248 esuberi da spalmare negli stabilimenti di Roma, Sulmona e Campobasso. 87 erano stati i tagli alla fine nella sede sulmonese, più di 50 dei quali impugnati. Tra i circa 400 operatori telefonici rimasti al lavoro, 250 assunti con contratto a tempo indeterminato e 150 con collaborazioni coordinate, ora torna la preoccupazione.
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