Carispaq a Modena, no alla fusione

La Fondazione boccia il piano industriale di Bper: ci tuteleremo

L'AQUILA. Un secco no alla fusione «fredda» con l'incorporazione di Carispaq in Bper e il trasferimento della direzione generale a Modena. Non sono bastate le rassicurazioni del dg Vittorio Ioannucci («Manterremo il marchio»). Dopo la denuncia del presidente dell'assemblea dei soci della Fondazione, avvocato Francesco Carli («Carispaq va via e nessuno si muove») e la presa di posizione del sindaco Cialente, di altri esponenti politici, delle categorie produttive e dei sindacati, arriva ora la netta contrarietà anche dal cda della Fondazione presieduto da Roberto Marotta. Il consiglio di amministrazione della Fondazione Cassa di risparmio ha esaminato, nel corso di una riunione che si è tenuta giovedì scorso, il piano industriale del gruppo Bper 2012-2014 «presentato alla comunità finanziaria il 14 marzo 2012».

RIDIMENSIONAMENTO. «La Fondazione», ha spiegato Marotta, affiancato dai consiglieri di amministrazione Domenico Taglieri, Pierluigi Caputi e Guglielmo Calvi Moscardi, «ritiene doveroso esprimere la propria contrarietà all'ipotesi di fusione per incorporazione di Carispaq spa in Bper, proposta dal piano stesso, in quanto l'operazione è in contrasto con la linea di mantenimento e rafforzamento di Carispaq quale banca del territorio che la Fondazione da sempre persegue. La Fondazione, socio di minoranza di Carispaq dal 1999, ha sempre lealmente collaborato con Bper. Non da ultimo con la recente adesione all'offerta pubblica di scambio che ha trovato quale elemento fondante e imprescindibile l'impegno di Bper a mantenere l'assetto federale del gruppo e il riconoscimento alla Fondazione di una significativa partecipazione alla governance della stessa Carispaq spa per un periodo di almeno 5 anni, come da patti parasociali sottoscritti».

AZIONI LEGALI. La Fondazione, alla luce delle ipotesi di trasferimento della direzione a Modena, dello smantellamento del cda della banca, della perdita di alcuni servizi che saranno accentrati nella sede della capogruppo, con ricadute occupazionali negative (si parla di 50 esuberi) e il dimezzamento delle cinquanta agenzie sul territorio, vuole evitare di arrivare allo scontro con la Bper. Tra l'altro, martedì sarà in città l'amministratore delegato Luigi Odorici per alcuni incontri istituzionali e per illustrare «le modifiche strutturali e organizzative che interesseranno la Carispaq alla luce del piano industriale Bper 2012-2014». In quella sede, tra gli altri, ci sarà anche un colloquio con il presidente Marotta e due componenti del cda.

Tuttavia il documento sottoscritto dall'organo esecutivo della Fondazione fa ipotizzare anche il ricorso alle vie legali sul piano civilistico per ottenere «il rispetto dei patti». «È fermo convincimento della Fondazione», proseguono gli amministratori, «che le ipotesi di riassetto organizzativo di Carispaq spa, operante sul territorio da 153 anni, comporterebbero il ridimensionamento del ruolo di un attore fondamentale per la ripresa economica del territorio, costituendo, al contempo, una mancata occasione per il gruppo Bper che, al contrario, di tale ripresa può e deve essere protagonista. In tale scenario, la Fondazione, nello spirito di leale collaborazione che ha improntato i rapporti con il socio di maggioranza, invita Boper a un'immediata revisione del piano industriale, riservandosi al contempo ogni più opportuna decisione e iniziativa per la tutela degli interessi e dei diritti di cui è portatrice».

LE ALTRE. Il piano industriale Bper riguarda anche la Banca popolare di Lanciano e Sulmona, la Banca Popolare di Aprilia e Meliorbanca. Uno dei punti del nuovo piano esclude categoricamente la sovrapposizione tra gli sportelli sul territorio, che dunque saranno passati al setaccio. L'ipotesi è quella secondo la quale le agenzie Bls in provincia dell'Aquila passerebbero sotto il controllo Carispaq mentre i presìdi della banca aquilana nel Pescarese cambierebbero marchio.

TROPPO TARDI? «Non è vero che ci siamo mossi tardi», ha affermato il presidente della Fondazione. «Il 16 gennaio abbiamo sottoscritto i patti parasociali, che prevedono, per cinque anni, una serie di garanzie, per la Fondazione, come la presenza di tre consiglieri nel cda, un componente nel comitato esecutivo e nel collegio sindacale. Del resto, abbiamo saputo del piano dai giornali il 14 marzo. A quel punto abbiamo effettuato le nostre valutazioni di ordine giuridico e tecnico per tutelare i nostri interessi. Per quanto ci riguarda siamo stati tempestivi. Certamente non può essere negato che i fatti di Roma che hanno coinvolto la banca (l'inchiesta sulla truffa di Lande, ndr) abbiano accelerato un processo tuttavia già in atto dal 1999. La Fondazione detiene il 5 per cento delle azioni Carispaq, ma ci faremo valere».

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