Chef Nanni, il cuoco abruzzese star dei social: «Sono vero come la mia cucina, in Abruzzo ritrovo me stesso»
L’intervista a Davide Nanni, il giovane da 400mila follower che scommette sulla sua Castrovalva: «Io sono sempre stato una persona anticonformista, quindi delle mode non mi interesso mai»
ANVERSA DEGLI ABRUZZI. «Grazie a Castrovalva ho ritrovato me stesso», così inizia a raccontare di sé Davide Nanni, noto su internet e in tv come Chef Nanni: classe 1991, nato a Sulmona ma cresciuto a Castrovalva. Diplomato all’istituto alberghiero, poi vola a Londra da Locatelli e negli Usa dove fa una gavetta dura, che per un po’ gli fa odiare il mestiere. Poi, il ritorno in Abruzzo, a Castrovalva, in quella realtà di 15 anime dove i genitori gestiscono da anni un agriturismo, che oggi registra clamorosi sold out. Un libro all’attivo, pubblicato per Mondadori dopo il fiume di successo, oltre 400mila follower su Instagram in poco tempo, uno spazio televisivo sulla Rai con Antonella Clerici.
Che ci fa un giovane di talento come lei in un paese di 15 anime?
Se quel ragazzo di 33 anni è riuscito a trovare se stesso, è proprio grazie a Castrovalva. Altrove mi sentivo fuori luogo, perché di natura sono un ragazzo altruista, mi piacciono il buonsenso e la professionalità. Però in certi ambienti bisogna sgomitare per imporsi.
Quando ha capito che non faceva per lei?
Dopo qualche anno che lavoravo nelle cucine mi sono detto: se il mestiere è questo, non lo voglio più fare. Certo, da giovane anche io volevo diventare uno chef stellato, girare il mondo; ma per farlo devi rinunciare a troppe cose, come al rapporto con i tuoi cari. E poi a me piace cucinare “a sentimento”, come dico nel libro.
Quindi dagli Stati Uniti prende un volo per Fiumicino e torna a casa. Sembra più la fine della storia…
Era un periodo difficile. Dopo essere tornato, mia madre mi vedeva da mesi in casa a non far nulla, voleva spronarmi, mi diceva: “perché non fai qualcosa?”. Abbiamo litigato e sono andato via, ma dopo due settimane ho deciso di tornare per papà. Dopo un pranzo assieme ho avuto l’idea per il primo video, più casereccio di quelli che faccio ora.
I suoi genitori che hanno detto?
È stata una cosa scelta con papà. Ci siamo divertiti ed è stato un modo per passare del tempo insieme... L’abbiamo fatto per noi soprattutto, ma alle persone è piaciuta la nostra spontaneità.
Una cosa che sui social spesso manca…
Chi mi segue apprezza la genuinità del contenuto. Oggi si è perso il calore, la voglia di stare insieme, di raccontare qualcosa di vero. Ciò che ci arricchisce veramente è il rapporto umano.
E il motto “J so’ wild” dove nasce?
Ero in America, mi chiesero di mettere una polpetta sull’amatriciana. Dissi alla titolare che era fuori di testa e mi licenziai; alcuni dipendenti mi hanno chiesto perché stessi lasciando e ho risposto “because i’m wild”, cioè in abruzzese “j so’ wild”.
E loro?
Si sono messi a ridere, ma la mia è una vera filosofia di vita: non mettere la polpetta sull’amatriciana è un po’ il sunto di tutto quello che ho sempre fatto, cioè andare contro ciò che mi veniva imposto. Sono sempre stato una pecora nera, già da bambino quando mi prendevano in giro per il mio paese. Per come sono andate poi le cose, invece, le mie origini sono state proprio un riscatto.
Se apro Instagram vengo sommerso dal “foodporn”, una vera e propria pornografia dell’alimentazione, con salse cremosissime e porzioni esagerate. È la sua idea di cucina?
Come dicevo, sono sempre stato un anticonformista, quindi delle mode non mi interesso mai: se gli altri fanno la carbocrema, io non la faccio. Se ci vuole un ingrediente ce ne metto un altro. Questa storia del foodporn è una pagliacciata già a partire dal nome: dà un’idea della cucina che è pura immagine, moda fine a se stessa.
Non fa la carbocrema però fa la carbonara “Come se fosse abruzzese”. Mi dice cos’è?
Ho lavorato tanti anni a Roma, ho cucinato la carbonara un’infinità di volte, ma la verità è che non c’è una ricetta vera e propria: ognuno la fa come vuole. Il titolo del mio piatto è ripreso dalla supercazzola di Tognazzi in “Amici Miei”. Fondamentalmente, ho sostituito il guanciale con l’agnello. Molti abruzzesi lo hanno capito, e anche molti Romani.
Dal 2022 lavora anche con Antonella Clerici per “È sempre mezzogiorno”. In tv come si trova?
Penso che non avrei potuto trovare di meglio. Lì sono lo chef del bosco, posso essere me stesso e raccontarmi con la mia sensibilità. Poi con Antonella c’è un rapporto magnifico, le devo tanto, mi ha aiutato a sciogliermi anche al di fuori della televisione.
In un paese arroccato a quasi 1.000 metri di altitudine, con 15 anime, un ragazzo come lo passa il tempo?
Quando sono a Castrovalva me ne vado con papà a fare i video, oppure proviamo a inventare qualcosa insieme per il ristorante. Ogni tanto prendo una birra con i pochi amici che ancora vivono da queste parti, e la sera guardo la tv oppure studio una ricetta nuova. Le giornate passano veloci e si respira un’aria buona.
Fra tanti anni la troveremo ancora lì?
Difficile da dire. La mia idea sarebbe di vivere sempre a Castrovalva, ma devo far combaciare i miei sogni con quelli della persona che ho accanto e con la realtà delle cose: qui non ci sono scuole, ad Anversa le elementari non ci sono più. Se un giorno avrò dei figli, dovranno alzarsi la mattina prestissimo per andare a studiare a Sulmona. Sarebbe bello restare ma sarà anche difficile, onestamente.
Se non è a Castrovalva, in quale parte dell’Abruzzo è facile trovarla?
Mi piace molto Pescara, è una città vivace e i pescaresi sono emozionanti, mi sostengono ovunque. Di recente ho fatto otto giorni consecutivi di sold out, quasi sempre quando andavo a salutare i clienti al tavolo mi dicevano: “siamo di Pescara”.
Siamo alla fine dell’intervista, ci regali un’immagine della sua infanzia.
Oddio, sono tante. (Si commuove, ndr) Sono cresciuto con mio nonno che quando tornava dalla campagna mi raccontava le storie, con le mie nonne che mi insegnavano a fare la pasta. Passavo così le giornate, perché ero solo.
Direbbe che questo l’ha resa più sensibile?
Ancora oggi soffro, perché metto in discussione quello che faccio. Mi guardo allo specchio e mi chiedo: te lo meriti tutto questo? E mi spinge a comportarmi sempre meglio con le persone, perché se io ho avuto qualcosa è grazie a loro.