Cinque: «Città assente e lontana, il dolore è mio»

La riflessione del medico che presiede la Fondazione 6 aprile per la Vita «Per noi il 6 aprile è tutti i giorni, per altri forse è motivo di speculazione»

L’AQUILA. Anche quest’anno non parteciperà alla fiaccolata, la notte prima del 6 aprile, Massimo Cinque. Parla, anzi, di «buffonata» il pediatra aquilano che otto anni fa, mentre era in ospedale a Sulmona, ha perso la moglie Daniela e i figli Davide e Matteo portati via dal terremoto. «Da quel giorno», dice, «non è cambiato niente: per noi il 6 aprile è tutti i giorni. Per altri è forse motivo di speculazione. C’è stato il processo alla Grandi rischi, la città era completamente assente, lontana. Dov’erano gli aquilani che il 5 aprile piangono lacrime di coccodrillo con la fiaccola in mano?».

Parole dure, quelle del presidente della Fondazione “Sei aprile per la Vita”, parole di dolore. «Purtroppo questa croce noi parenti delle vittime la porteremo sempre dietro. Il dolore non si affievolisce negli anni, ci accompagna e non ci lascia mai, ci attanaglia 24 ore su 24, 365 giorni l’anno», continua. «Ci sono ferite e ferite, quelle dell’anima non guariscono. Ognuno vive questo anniversario a modo suo: io sono diventato molto geloso del mio dolore, penso che non si possa condividere con nessuno, tanto è personale e intimo. Anche per questo da qualche anno mi sono tirato fuori dalle manifestazioni. Ho visto persone che solo la notte del cinque aprile ricordano questi 309 martiri».

Poi il medico parla di solitudine: «Le istituzioni sono da sempre assenti. Siamo stati completamente lasciati soli. Nessuno si è degnato di fare una telefonata. Un distacco inaudito». Una solitudine che fa il paio con la preoccupazione. «È triste questa situazione soprattutto per i giovani, per il futuro di questa città. L’Aquila non ha futuro, è una città completamente depressa. Come medico posso dire che c’è stato un grosso aumento di consumo di alcol e stupefacenti soprattutto tra i giovani», dice il medico. «Si continuano le diatribe di bassa lega su Facebook. Vedo una guerra di pollaio. Chi vuole ricoprire un ruolo così importante come quello di sindaco deve sapere quello a cui va incontro. Adesso si gioca il futuro della città. Già siamo in netto ritardo: in otto anni non è stato fatto nulla. Invece, ognuno cerca il proprio tornaconto, di coltivarsi il proprio orticello, quando questo territorio avrebbe bisogno di uno scatto diverso. È arrivato il momento di smetterla di giocare sulla pelle degli aquilani che sono stati martoriati».

©RIPRODUZIONE RISERVATA