Gran Sasso institute Visconti boccia l’iniziativa
Il climatologo: non è un centro di ricerca, la scelta del ministero è destinata a penalizzare ulteriormente l’Università che non è stata coinvolta
L’AQUILA. «Il Gran Sasso science institute penalizzerà fortemente l’Ateneo aquilano».
A lanciare l’allarme è il direttore del Cetemps e docente di Fisica del sistema terra Guido Visconti, alla vigilia della presentazione della Scuola sperimentale di dottorato internazionale prevista per mercoledì coi ministri Fabrizio Barca e Francesco Profumo. «Non è altro», spiega il docente in una lettera inviata al rettore Ferdinando di Orio al senato accademico e al consiglio di amministrazione, «che una scuola superiore che ha lo scopo (come si legge nel documento costitutivo) di attrarre competenze specialistiche di alto livello nel campo delle scienze di base e dell'intermediazione tra ricerca e impresa (fisica, matematica e informatica, gestione dell'innovazione e dello sviluppo territoriale) attraverso attività didattica post-laurea e di formare ricercatori altamente qualificati. Non si tratta, quindi, di un centro di ricerca». Il direttore del Cetemps, nel documento, sottolinea come la scuola sia nata «senza nessun contributo o coinvolgimento della comunità scientifica del territorio. Nella premessa dello stesso documento si legge che l’istituto si costituisce al fine di rilanciare lo sviluppo dei territori terremotati dell'Abruzzo mediante la ricostituzione ed il rafforzamento delle capacità del sistema didattico, scientifico e produttivo. Sarebbe interessante sapere come si fa a ottenere tutto ciò senza coinvolgere la comunità scientifica locale». La seconda osservazione del docente riguarda i fondi «che ammontano a 13 milioni divisi in 6 milioni dai fondi della ricostruzione, 6 milioni dai fondi sviluppo e coesione e un milione sui fondi ordinari della ricerca. Poi a partire dal 2013 (anno di inizio dell’Istituto) 5 milioni annui che portano lo stanziamento totale a oltre 30 milioni. In tempi di spending review è sorprendente che si trovino tanti soldi per un’impresa la cui utilità è tutta da dimostrare. Si pensi a come si sarebbero potuti utilizzare questi soldi per migliorare la ricettività studentesca di un territorio martoriato e le attrezzature per la ricerca applicata del nostro ateneo. Bisogna dedurre che i nostri amministratori sono i primi a non credere alle capacità dell’Università».
La lettera analizza il legame tra la scuola e l’Infn (istituto nazionale di fisica nucleare). «La domanda fondamentale rimane il perché l’Infn sembra essere sempre l’istituto scientifico di riferimento», scrive Visconti. «Oltre alla carriera dei suoi dipendenti e affiliati, l’istituto ha contribuito marginalmente allo sviluppo economico dei territori in cui si è insediato e nella maggior parte dei casi i suoi presunti breaktrough di ricerca per le applicazioni di tutti i giorni sono delle favole. Si tratta di enti che foraggiano solo industrie altamente specializzate con pochi occupati». Visconti chiede come mai la gestione della struttura è affidata a Eugenio Coccia, già direttore del laboratori del Gran Sasso. Secondo Visconti la struttura «rischia di danneggiare fortemente l’Università. La responsabilità del ministero è enorme».
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