L'AQUILA
Il commesso e la pistola in bocca: "Cinque minuti di terrore, ora ho rabbia"
Il racconto choc dopo l’assalto: "Mi hanno fatto inginocchiare, cercavano il badge per aprire le vetrine." Portati via orologi di valore per circa 100mila euro e comunque tracciabili. Caccia all’auto utilizzata per raggiungere il centro storico
L’AQUILA. Cinque minuti di terrore. E L’Aquila si risveglia un po’ meno isola felice, visto che mai in passato era stata compiuta una rapina con simili modalità e in pieno centro. Cinque minuti di terrore. Quelli raccontati da Michele Babbo, il dipendente della Gioielleria Ranieri, fatto inginocchiare e minacciato con una pistola infilata in bocca.
IL RACCONTO
«Mi hanno spinto la pistola in bocca e in quegli istanti ho avuto paura», il racconto dell’uomo alla polizia, «paura di morire, sono rimasto impietrito. Una scena che si vede nei film, che mai uno può immaginare di vivere. Sono scosso, molto. Ho sentito in bocca il sapore del ferro. Come dimenticarlo? Uno dei rapinatori mi ha chiesto di consegnare il badge che avrebbe permesso l’apertura delle vetrine con i gioielli e gli orologi. Ho risposto di non averlo, la verità. Hanno cercato di alzarmi la maglietta per controllare e ho ripetuto: t’ho detto che non ce l’ho! A questo punto uno dei malviventi mi ha fatto inginocchiare, puntandomi la pistola in faccia, avvicinandomela alla bocca. Cinque minuti, forse anche meno, di puro terrore. Ora ho rabbia, tanta rabbia. E un dolore che non è solo fisico».
L’ACCADUTO
La rapina si è consumata poco dopo le 18 di venerdì nella Gioielleria Ranieri lungo corso Vittorio Emanuele, a due passi dai Quattro Cantoni. Due banditi sono riusciti a entrare approfittando della porta aperta per far passare due ragazze conosciute dal personale del locale. Una volta dentro, pistole alla mano, hanno fatto sdraiare le due clienti e hanno intimato a Babbo di consegnare il badge che avrebbe permesso l’apertura delle vetrine. Fatto inginocchiare l’addetto, i rapinatori hanno arraffato quello che hanno trovato a disposizione. Hanno dovuto agire in fretta perché alcuni passanti, resisi conto di quanto stava accadendo, hanno lanciato l’allarme. I rapinatori si sono dati alla fuga a piedi, verso piazza Nove Martiri, dove con tutta probabilità c’era un complice ad aspettarli a bordo di una macchina. Auto che non è stata individuata.
IL BOTTINO
Stando agli accertamenti della polizia, e dopo un primo, parziale inventario, la rapina nella gioielleria ha fruttato un bottino di circa 100mila euro, composto esclusivamente di orologi di valore, soprattutto Rolex (già dalla fine degli anni Sessanta il negozio vanta di essere rivenditore autorizzato Rolex, il primo d’Abruzzo e uno dei primi del centro Italia). Bottino misero se si pensa al valore degli oggetti all’interno del noto punto vendita aquilano, attivo come laboratorio dal 1913. Sempre stando a quanto riferito dalla polizia, non sono stati portati via gioielli.
SCENE DA FAR WEST
I passanti raccontano di una scena da Far West, con le auto della polizia arrivate di gran carriera, sgommando e bloccando i portici. «Scene mai viste nel centro dell’Aquila», raccontano i testimoni.
LE INDAGINI
La polizia sta cercando l’auto utilizzata dai rapinatori e gli oggetti del travestimento. Potrebbero essere stati abbandonati in qualche cassonetto. A tal proposito si spera anche nella collaborazione dei cittadini. I banditi avevano i volti mascherati da barba, baffi finti, parrucche e occhialoni quadrati, di quelli che si mettono a Carnevale. Si stanno visionando le telecamere a circuito chiuso presenti nell’attività. Oltre al dipendente della gioielleria, sono state raccolte le testimonianze delle due clienti. Pochissimi gli elementi al momento in mano agli inquirenti. Il lievissimo accento dei rapinatori, sicuramente italiani, non aiuta a capirne il bacino di provenienza. Viste le modalità con cui i due si sono mossi, è certo che il colpo di venerdì sia stato studiato con sopralluoghi compiuti in precedenza. I due erano già entrati nel locale?
PARLA IL QUESTORE
«Per prima cosa dobbiamo capire la provenienza di questi banditi», ha detto il questore dell’Aquila, Enrico De Simone (nella foto in basso), a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario della Corte d’Appello dell’Aquila, «dobbiamo acquisire più elementi possibile, indagando anche nel mondo dei ricettatori e del riciclaggio».
Gli orologi di pregio, infatti, hanno un certificato di autenticità che riporta il numero stampigliato sulla cassa, numero che in caso di furto finisce in un database consultabile in tutto il mondo. Se uno di questi orologi dovesse riapparire, anche fra molti anni, chi lo possiede rischia una denuncia per ricettazione.
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