Il gruppo di Vicenza ospite nella scuola media di Pile
L’abbraccio con gli alunni e poi l’allestimento di cucine da campo e brandine E al Torrione si incontra Loris, il veterano dei raduni: ne ha fatti 32
L’AQUILA. Maurizio De Faveri e Alessandro Baggio arrivano da Mussolente, in provincia di Vicenza. Da soli, già da mercoledì, hanno iniziato ad allestire il “campo”, dove ospitare una cinquantina di penne nere, all’interno della scuola media Mazzini a Pile. Gli alunni li osservano incuriositi, dalle finestre. Lavorano, sorridono, cantano. Hanno sguardi limpidi, che diventano mesti solo quando devono raccontare quello che hanno visto nel centro storico della città. «Non conoscevamo L’Aquila, l’abbiamo scoperta con uno splendido paesaggio e un ottimo clima». Maurizio, che ha qualche anno in più, si emoziona: «La parte ancora ingabbiata mi ha trasmesso un’immensa tristezza. Ma domenica sarà una giornata di festa, con tutti gli aquilani. Il nostro migliore tornaconto sarà vedere tante gente che ci sorride per le strade». Il Gruppo alpini di Mussolente ha scelto di alloggiare in un edificio scolastico e a loro è stato destinato il Musp che dal 2009 ospita la scuola superiore di primo grado Mazzini. «Siamo ben attrezzati», spiega Baggio, «con una cucina da campo e un tendone per il nostro refettorio all’aperto e brandine da sistemare nella palestra». Di adunate ne hanno già fatte tante e sono fieri di appartenere alla provincia “più alpina” d’Italia, visto che a Vicenza si contano 35mila associati. Il giorno dopo il gruppo è cresciuto e c’è finalmente l’abbraccio con gli alunni della classe 1C: tra loro c’è Luca Ursini, il vincitore del concorso “Scova l’alpino che hai in famiglia e racconta la sua storia”, che tira fuori il suo tema e lo regala ai colleghi di nonno Francesco, artigliere di montagna della storica divisione “Julia” degli alpini dell’Aquila. «Bravo, tuo nonno è fiero di te anche dal cielo», gli dice con affetto il più anziano del gruppo. Dall’altra parte della città, al quartiere Torrione, stanno appena scaricando la campagnola con cui intendono scorrazzare per lungo e per largo, otto veterani delle adunate nazionali: Loris, con quella aquilana, è arrivato a quota 32. Alle spalle hanno la caserma Rossi, quartiere generale della manifestazione. Ma loro dormiranno «in un comodo hotel mobile», un container riempito di materassi e dello stretto necessario per «trascorrere in allegria» la grande festa. Sono di Montebelluna, in provincia di Treviso, e ci tengono a vedere i loro nomi sul giornale: Daniele Martin, Loris Martin, Fabrizio Bolzonello, Fabio Sartor, Emilio Busnello, Tiziano Visintin, Maurizio Guizzo e Daniele Marini. L’intervista la fanno loro: vogliono sapere come stiamo, se gli alloggi provvisori sono dignitosi, dove si trova la Casa dello studente, com’è stata l’assistenza alla popolazione dopo quella terribile notte. Si avvicina una donna, li saluta: è la moglie di un alpino volontario della Protezione civile di Longarone, in provincia di Belluno. «Mio marito la sera del 6 aprile era qui, con il suo cane addestrato alla ricerca di persone sepolte sotto le macerie. Mi ricordo la prima telefonata: era straziato da quello che vedeva. E aveva già vissuto la tragedia del Vajont, dalle nostre parti». La signora sa bene che il processo si è celebrato all’Aquila. «Questo è il segno tangibile dello spirito alpino dell’unione, che ci guida in ogni situazione, commentano le penne nere di Treviso. Il clima torna all’improvviso gioioso: «Agli aquilani vogliamo lasciare un bel ricordo. Vedrete: gli alpini non pensano solo a bere, sono solidali, amano scoprire posti nuovi e conoscere gente nuova. E in cambio, ci aspettiamo tanta ospitalità. Però adesso un brindisi ce lo meritiamo. O no?».
Romana Scopano
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