Il tecnico a casa: ora faccio il nonno
La ditta: «In 60 anni di Nigeria mai accaduto un episodio così grave»
ROCCA DI CAMBIO. Primo giorno di normalità in famiglia ieri per Modesto Di Girolamo, il tecnico sequestrato per 5 giorni in Nigeria. Una vicenda che ha tenuto col fiato sospeso Rocca di Cambio. Una doccia fredda per la ditta: «Mai accaduto un fatto simile in 60 anni di attività». Torna la normalità in casa Di Girolamo e nel piccolo paese dell'Altopiano delle Rocche. Dopo l'angoscia dei giorni scorsi e l'ansia per la sorte di Modesto Di Girolamo, il tecnico settantenne rapito in Nigeria lunedì 28 maggio e liberato venerdì primo giugno, la tensione via via si allenta. La famiglia vuole restare unita più che mai intorno al parente ritrovato. «Mi sono riposato molto bene», racconta Di Girolamo al Centro. «Ho dormito e mi sono alzato col sole alto». Di Girolamo risponde al telefono quasi scusandosi per il poco tempo che può dedicare ai giornalisti, lui, che è stato assediato da mattina fino a sera fin dal giorno del suo rientro in Italia. Ha scelto la tranquillità e l'affetto dei suoi per questa prima giornata in casa. Alle sue spalle si sente la famiglia che lo reclama: «Siamo tutti qui, insieme», spiega il tecnico. Modesto, che per la sua professione è stato costretto a restare lontano anche per lunghi periodi dalla moglie Enza, dai figli Oriana, Erminia e Fabrizio e dal paese, dove tornava, di solito, due o tre volte all'anno, può godersi anche la nipotina di 14 mesi. Di Girolamo vuole fare «il nonno a tempo pieno», e d'altra parte la piccola cerca il suo coinvolgimento in continuazione per giocare. Appena alzato ieri mattina Modesto è andato in paese a comprare i giornali. «Hanno scritto di me in tanti», dice. «Sono contento». Lontani, almeno per il momento, i ricordi del sequestro. Questa settimana il tecnico sarà ascoltato dalla Procura di Roma, che ha aperto un'inchiesta sul sequestro. LA DITTA. In 60 anni di attività in Nigeria, la ditta «Borini&Prono», per la quale lavora Di Girolamo, non si era mai trovata «ad affrontare un episodio tanto grave». A parlare è Lorenzo Prono, 27 anni, figlio del titolare Alberto. «Non ci è stato chiesto alcun riscatto», spiega. «Per il rilascio del nostro dipendente le autorità locali e l'Unità di crisi della Farnesina hanno fatto una forte pressione sullo Stato nigeriano e sulle istituzioni locali. I sequestratori si sono forse sentiti circondati». Secondo la proprietà della ditta «probabilmente non è stato un gruppo organizzato a portare via Di Girolamo, ma si è trattato di persone che si sono improvvisate sequestratori». Una zona «tranquilla», secondo Prono, quella della città di Ilorin, dove il tecnico rocchigiano è stato portato via mentre ispezionava un sistema di drenaggio lungo la Bishop Road. «Sia io che mio padre andiamo spesso in Africa. Con i nigeriani abbiamo buoni rapporti. Un episodio così spiacevole non ci era mai accaduto», aggiunge il giovane imprenditore. «Il giorno della liberazione, mio padre Alberto ha incontrato e parlato con Di Girolamo. Ilorin è un paese tranquillo, non manderemmo mai i nostri lavoratori in posti pericolosi».
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