In 5mila al primo anti-G8 senza incidenti
Sfilata da Paganica alla Villa, tensione per i Black Block all’ingresso della zona rossa.
L’AQUILA. «Il G8 dei potenti sopra 300 morti innocenti». Lo striscione appeso un po’ sbilenco al chioschetto della Villa se ne sta come un sipario sul primo G8 senza incidenti della storia del mondo.
NIENTE SCONTRI. Niente cantieri occupati. Niente vetrine rotte. Niente auto sfasciate. Niente bancomat bruciati. Niente distributori dati alle fiamme. Solo un uso improprio di bottigliette d’acqua (comprate a 50 centesimi l’una) con lancio verso la polizia in tenuta antisommossa che non risponde a nessuna provocazione. Nessuna. Questo era l’ordine. È appena qualche scaramuccia interna tra le teste calde e i più moderati dell’ampia galassia dei No Global a risolvere il conflitto sul nascere e a chiudere così, senza danni, la temutissima manifestazione anti-G8 all’Aquila promossa dalla rete nazionale (Patto di base, Cobas, Rdb e Sdl). Sfilano in 5mila, per la questura.
Il momento più caldo al varco della zona rossa. Dopo 7 chilometri e passa di strada, col «Gran premio della montagna» di Porta Napoli che fa sbandare anche i più allenati, c’è ancora chi ha fiato in corpo per gridare. «Assassini, assassini», questo il coro che parte dal gruppo più oltranzista. Quelli con lo striscione col simbolo del mitra. Eppoi il lancio di bottigliette. Qualcuno, tra quelli arrivati da Germania, Olanda e Francia, ha il viso coperto. Ma li sgamano subito. E glielo fanno scoprire. Chi è contrario, e pure ce ne sono, si prende qualche ceffone.
Una telecamera vola in aria. A fare da «guardie», oggi, sono gli stessi aquilani, quelli di «Epicentro solidale», gli amici di Stefano Frezza, l’unico comitato cittadino che non si fa specie, no, a mischiarsi ai No Global arrivati da mezza Italia per contestare i «grandi» prima riuniti a Coppito e adesso in volo già da un pezzo verso casa. «Non sarà un’altra Genova», dice e ridice il prefetto Franco Gabrielli che fa capolino un paio di volte alla testa del corteo per controllare in prima persona che tutto scorra liscio. E così è.
«COMPAGNI, A CASA». «Non roviniamo tutto. Non cadiamo nei tranelli. Siamo qui per dire no a chi sfrutta i poveri della terra ma anche sì a una ricostruzione giusta e trasparente per L’Aquila. Compagni, tornate ai pullman. La manifestazione è finita». Poi l’imprevisto. Una compagna s’impossessa del microfono. «Ne hanno presi quattro di noi. Li hanno arrestati. Adesso ce li andiamo a riprendere in questura». Il microfono si rompe. Tutto vero, è un guasto. Lei riprende: «Dobbiamo lottare, dobbiamo restare». Ma un altro interviene: «Fermi tutti, non è vero niente. Li hanno solo identificati. Non roviniamo tutto». Allora il corteo si scioglie. Lasciando dietro di sé qualche scritta sui muri.
NIENTE SCONTRI. Niente cantieri occupati. Niente vetrine rotte. Niente auto sfasciate. Niente bancomat bruciati. Niente distributori dati alle fiamme. Solo un uso improprio di bottigliette d’acqua (comprate a 50 centesimi l’una) con lancio verso la polizia in tenuta antisommossa che non risponde a nessuna provocazione. Nessuna. Questo era l’ordine. È appena qualche scaramuccia interna tra le teste calde e i più moderati dell’ampia galassia dei No Global a risolvere il conflitto sul nascere e a chiudere così, senza danni, la temutissima manifestazione anti-G8 all’Aquila promossa dalla rete nazionale (Patto di base, Cobas, Rdb e Sdl). Sfilano in 5mila, per la questura.
Il momento più caldo al varco della zona rossa. Dopo 7 chilometri e passa di strada, col «Gran premio della montagna» di Porta Napoli che fa sbandare anche i più allenati, c’è ancora chi ha fiato in corpo per gridare. «Assassini, assassini», questo il coro che parte dal gruppo più oltranzista. Quelli con lo striscione col simbolo del mitra. Eppoi il lancio di bottigliette. Qualcuno, tra quelli arrivati da Germania, Olanda e Francia, ha il viso coperto. Ma li sgamano subito. E glielo fanno scoprire. Chi è contrario, e pure ce ne sono, si prende qualche ceffone.
Una telecamera vola in aria. A fare da «guardie», oggi, sono gli stessi aquilani, quelli di «Epicentro solidale», gli amici di Stefano Frezza, l’unico comitato cittadino che non si fa specie, no, a mischiarsi ai No Global arrivati da mezza Italia per contestare i «grandi» prima riuniti a Coppito e adesso in volo già da un pezzo verso casa. «Non sarà un’altra Genova», dice e ridice il prefetto Franco Gabrielli che fa capolino un paio di volte alla testa del corteo per controllare in prima persona che tutto scorra liscio. E così è.
«COMPAGNI, A CASA». «Non roviniamo tutto. Non cadiamo nei tranelli. Siamo qui per dire no a chi sfrutta i poveri della terra ma anche sì a una ricostruzione giusta e trasparente per L’Aquila. Compagni, tornate ai pullman. La manifestazione è finita». Poi l’imprevisto. Una compagna s’impossessa del microfono. «Ne hanno presi quattro di noi. Li hanno arrestati. Adesso ce li andiamo a riprendere in questura». Il microfono si rompe. Tutto vero, è un guasto. Lei riprende: «Dobbiamo lottare, dobbiamo restare». Ma un altro interviene: «Fermi tutti, non è vero niente. Li hanno solo identificati. Non roviniamo tutto». Allora il corteo si scioglie. Lasciando dietro di sé qualche scritta sui muri.