Insulti razzisti al sacerdote africano
Assergi, lite davanti alla chiesa. Il parroco reagisce: «Io offeso insieme alle vittime di Lampedusa»
L’AQUILA. «Togli le mani dalla mia auto...sporco negro...voi morite come le mosche a Lampedusa perché morite di fame».
Si è sentito apostrofare così, da un abitante del paese, il parroco di Assergi don Josè Obama Abuy, originario della Guinea equatoriale, guida spirituale della frazione pedemontana del Gran Sasso da nove anni dopo averne trascorsi altri quattro a Piedi La Costa e Foce di Sassa. Don Josè, dopo averne sentite tante, in questi mesi, di fronte alle offese di chiaro stampo razzista non ha porto l’altra guancia. Anzi, ha reagito. E per dividere dal contatto fisico l’offensore e l’offeso sono dovute intervenire altre persone che hanno assistito al fatto avvenuto davanti alla chiesa. L’episodio risale ad alcuni giorni fa ma è venuto alla luce soltanto ieri.
Il prete, profondamente turbato per l’accaduto («la mia», racconta, è stata una reazione di difesa»), ha preso carta e penna e ha scritto alla Curia, dove in questi giorni si è recato più volte per chiedere l’intervento dell’arcivescovo metropolita Giuseppe Petrocchi oppure del suo vicario generale Giovanni D’Ercole, già delegato da Molinari a prendersi cura del clero. Ma a quanto pare il caso Assergi non sembra proprio essere tra le priorità dell’agenda della Curia metropolitana, se è vero che, come riferisce lo stesso sacerdote, sarebbe stato invitato senza mezzi termini a «tornarsene nel suo paese». Cosa che don Josè, oppure «Giuseppe», come lo hanno ribattezzato dal giorno del suo arrivo in Italia, non vuole fare se prima non ci sarà un pronunciamento del vescovo sulla vicenda.
I dissapori tra il parroco e una parte della popolazione risalgono all’immediato post-sisma, acuiti anche dalla controversia legata alla consegna di alcuni locali parrocchiali a un’associazione del posto, passaggio avvenuto, come riferisce il sacerdote, direttamente tra la Curia e i privati, senza coinvolgerlo. Da questa cessione sono scaturiti una serie di problemi legati al consumo di energia elettrica, che avrebbero generato bollette astronomiche in quanto relative all’utenza del parroco stesso. Cinquemila euro di corrente all’utenza «Chiesa di Santa Maria Assunta» per i quali il parroco sta scontando anche una riduzione dell’energia elettrica a disposizione per la chiesa e la casa canonica. Ma da una controversia sull’allaccio della corrente alla discriminazione razziale fin quasi allo scontro fisico ce ne passa. La vicenda, come testimoniano alcune missive del parroco, è nota almeno a tre vescovi che attualmente, a vario titolo, risiedono nell’arcidiocesi aquilana. Si tratta del secondo caso di discriminazione di un sacerdote per il colore della pelle dopo quello di Barano di Tornimparte. Da quando ha reagito a quelle frasi offensive don Josè ne soffre, tanto che non celebra più in pubblico. Dalla Curia attende almeno una parola.(e.n.)
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