«La burocrazia frena la rinascita»
Gli ingegneri: lentezze esasperanti, così sarà difficile andare avanti.
L’AQUILA. Una ricostruzione frenata dalla burocrazia. Questo il grido d’allarme lanciato ieri al convegno promosso dal Consiglio nazionale degli ingegneri. Un’occasione per fare il punto, a otto mesi dal terremoto, sulla situazione in cui versa L’Aquila.
«Dal 6 aprile sono stati oltre mille gli ingegneri arrivati all’Aquila da ogni parte d’Italia. Professionisti il cui contributo è stato da esempio per tutta l’Europa».
Con queste parole Giovanni Rolando, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni) ha aperto i lavori del convegno, sullo stato dell’arte e sulle esperienze di ricostruzione, che si è tenuto all’auditorium della Scuola della Finanza, con l’obiettivo di fare il punto sullo stato della ricostruzione e le sue prospettive. Un appuntamento promosso dallo stesso Cni, in collaborazione con il proprio Centro nazionale studi urbanistici, che ha visto la presenza - nel luogo nevralgico in questi mesi nella gestione dell’emergenza - di oltre 800 professionisti.
Un’emergenza di fronte alla quale anche gli ingegneri italiani hanno voluto dare da subito il loro apporto, contribuendo alla valutazione del rischio sismico degli edifici esistenti. Una partecipazione premiata ieri con la consegna di attestati di riconoscimento.
«Un lavoro prezioso sotto il coordinamento della Protezione civile, con la quale» ha annunciato Rolando «proprio in questi giorni abbiamo sottoscritto un accordo quadro. Il tutto con l’obiettivo di garantire una formazione permanente e aggiornata ai nostri professionisti così da poter far fronte, con la massima efficienza e tempestività, a qualunque evento naturale puntando sulla prevenzione».
Sulle scelte operate in questi mesi e sulla ricostruzione che non riesce a decollare, si è soffermato, invece, Paolo De Santis, il presidente provinciale dell’Ordine degli ingegneri che ha puntato il dito contro «la lentezza della burocrazia. Una situazione esasperante, visto che a fronte di 5.500 perizie per la riparazione degli edifici, solamente 400 sono i progetti accolti e finanziati». De Santis ha chiamato in causa le autorità centrali accusate «di non agevolare interventi essenziali per ridare sostanza a una ricostruzione che non può essere solo tecnica, ma anche sociale e culturale». De Santis ha poi ricordato lo stato di impasse in cui versa il centro storico e i ventimila aquilani ancora ospiti nelle strutture della costa. «Di questo passo non andremo da nessuna parte» ha concluso «e chi ha predisposto questo meccanismo infernale, con le pratiche tutte ferme sui tavoli della Cineas (a cui è demandata una fase dell’istruttoria), non conosce la filiera delle costruzioni. L’assegnazione dei fondi necessari per ristrutturare gli edifici parzialmente lesionati doveva avvenire in modo semplificato e non andavano poste scadenze per la presentazione delle domande».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il vice presidente del consiglio regionale, Giorgio De Matteis, secondo cui «ciò che sta accadendo è la dimostrazione che non si può andare avanti così, che il meccanismo va rivisto e anche con urgenza. I soldi ci sono, solo l’ultima ordinanza prevede 12 milioni di euro, ma i ritardi sono ormai incolmabili, come testimoniano quelle sole 400 pratiche “licenziate”. Non è possibile che le domande vengano esaminate altrove: gli ordini professionali vanno coinvolti in questa attività di controllo. Stando così le cose, corriamo il rischio d impiegare qualche decennio per ricostruire la città e il suo centro storico».
Quindi i beni culturali. Luciano Marchetti, soprintendente e vice commissario, ha illustrato il lavoro svolto - quando ancora chiese, monumenti e palazzi non erano stati messi in sicurezza - per l’elaborazione delle schede tecniche necessarie per la valutazione dei danni.
«È stato un lavoro difficilissimo, ma molto accurato» ha spiegato Marchetti a una platea attenta.
Poi i lavori sono proseguiti con interventi volti ad esaminare la linea finora adottata dalla Protezione civile, diversa da quella seguita in altre realtà quali Friuli e Umbria. Un convegno a 360 gradi che ha visto anche la partecipazione di professionisti della Protezione civile e di amministratori locali.
«Un’iniziativa voluta» ha aggiunto ancora il presidente Rolando «per portare un contributo d’idee e di attività su una tematica, quella della ricostruzione delle zone sismiche, fondamentale per un Paese da sempre interessato a fenomeni tellurici. Il tutto con lo sguardo rivolto a interventi e strategie da mettere in campo».
«Dal 6 aprile sono stati oltre mille gli ingegneri arrivati all’Aquila da ogni parte d’Italia. Professionisti il cui contributo è stato da esempio per tutta l’Europa».
Con queste parole Giovanni Rolando, presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri (Cni) ha aperto i lavori del convegno, sullo stato dell’arte e sulle esperienze di ricostruzione, che si è tenuto all’auditorium della Scuola della Finanza, con l’obiettivo di fare il punto sullo stato della ricostruzione e le sue prospettive. Un appuntamento promosso dallo stesso Cni, in collaborazione con il proprio Centro nazionale studi urbanistici, che ha visto la presenza - nel luogo nevralgico in questi mesi nella gestione dell’emergenza - di oltre 800 professionisti.
Un’emergenza di fronte alla quale anche gli ingegneri italiani hanno voluto dare da subito il loro apporto, contribuendo alla valutazione del rischio sismico degli edifici esistenti. Una partecipazione premiata ieri con la consegna di attestati di riconoscimento.
«Un lavoro prezioso sotto il coordinamento della Protezione civile, con la quale» ha annunciato Rolando «proprio in questi giorni abbiamo sottoscritto un accordo quadro. Il tutto con l’obiettivo di garantire una formazione permanente e aggiornata ai nostri professionisti così da poter far fronte, con la massima efficienza e tempestività, a qualunque evento naturale puntando sulla prevenzione».
Sulle scelte operate in questi mesi e sulla ricostruzione che non riesce a decollare, si è soffermato, invece, Paolo De Santis, il presidente provinciale dell’Ordine degli ingegneri che ha puntato il dito contro «la lentezza della burocrazia. Una situazione esasperante, visto che a fronte di 5.500 perizie per la riparazione degli edifici, solamente 400 sono i progetti accolti e finanziati». De Santis ha chiamato in causa le autorità centrali accusate «di non agevolare interventi essenziali per ridare sostanza a una ricostruzione che non può essere solo tecnica, ma anche sociale e culturale». De Santis ha poi ricordato lo stato di impasse in cui versa il centro storico e i ventimila aquilani ancora ospiti nelle strutture della costa. «Di questo passo non andremo da nessuna parte» ha concluso «e chi ha predisposto questo meccanismo infernale, con le pratiche tutte ferme sui tavoli della Cineas (a cui è demandata una fase dell’istruttoria), non conosce la filiera delle costruzioni. L’assegnazione dei fondi necessari per ristrutturare gli edifici parzialmente lesionati doveva avvenire in modo semplificato e non andavano poste scadenze per la presentazione delle domande».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il vice presidente del consiglio regionale, Giorgio De Matteis, secondo cui «ciò che sta accadendo è la dimostrazione che non si può andare avanti così, che il meccanismo va rivisto e anche con urgenza. I soldi ci sono, solo l’ultima ordinanza prevede 12 milioni di euro, ma i ritardi sono ormai incolmabili, come testimoniano quelle sole 400 pratiche “licenziate”. Non è possibile che le domande vengano esaminate altrove: gli ordini professionali vanno coinvolti in questa attività di controllo. Stando così le cose, corriamo il rischio d impiegare qualche decennio per ricostruire la città e il suo centro storico».
Quindi i beni culturali. Luciano Marchetti, soprintendente e vice commissario, ha illustrato il lavoro svolto - quando ancora chiese, monumenti e palazzi non erano stati messi in sicurezza - per l’elaborazione delle schede tecniche necessarie per la valutazione dei danni.
«È stato un lavoro difficilissimo, ma molto accurato» ha spiegato Marchetti a una platea attenta.
Poi i lavori sono proseguiti con interventi volti ad esaminare la linea finora adottata dalla Protezione civile, diversa da quella seguita in altre realtà quali Friuli e Umbria. Un convegno a 360 gradi che ha visto anche la partecipazione di professionisti della Protezione civile e di amministratori locali.
«Un’iniziativa voluta» ha aggiunto ancora il presidente Rolando «per portare un contributo d’idee e di attività su una tematica, quella della ricostruzione delle zone sismiche, fondamentale per un Paese da sempre interessato a fenomeni tellurici. Il tutto con lo sguardo rivolto a interventi e strategie da mettere in campo».