Roccaraso

“La scelta": l’editoriale del direttore dopo la morte di Luca Palmegiani

12 Gennaio 2025

Diceva Franco Basaglia, il medico che ha indagato più di ogni altro la mente, in questo paese: “Non esistono i matti, solo le persone”. Non sentitevi più sani di Luca, i matti siamo noi

ROCCARASO. Sale al microfono. Guarda la platea, attonito. Nessuno, nel pubblico sa ancora nulla. Minuti di attesa che sembrano infiniti: «…Scusate. Ma la nostra festa finisce qui. Restare…. a discutere non ha senso. Faremo solo una messa per Luca, domani». Bisogna immaginarselo, il prima e il dopo, il modo in cui la scelta di Antonio Tajani precipita come un meteorite sul popolo di Forza Italia.

Bisogna immaginarsela, l’atmosfera di festa nel più grande albergo di Rivisondoli: parquet spazzolato di rovere, addobbi natalizi, ministri, ospiti, tanti giovani, il camino che crepita, una grande folla festante, la discesa carnevalesca sulla neve la mattina, Maurizio Gasparri con la pettorina numero 5, Stefania Craxi che discute nella hall di cinema e politica, Lorenzo Sospiri impegnato in una disputa filologica sul Montepulciano, e poi più nulla. L’epifania della rinascita di Forza Italia si infrange come un cristallo preso a martellate, in una chiesa. Sono passate da poco le cinque del pomeriggio, si aspetta la raffica dei ministri nella festa, quando Tajani sale sul palco spedito.

Punta sulla tribuna con una faccia stravolta, che nessuno riconosce rispetto al volto sorridente della mattina: in un nanosecondo si passa da Vacanze di Natale a End of the party. Brusio di sconcerto. Tragedia Azzurra. Gli occhi del leader di Forza Italia sono lucidi, la voce è spezzata, all’inizio nessuno capisce, il silenzio cala sul grande salone dell’Aqua Montis come una nuvola nera su un cielo terso. Respiri che si spengono. Sguardi interrogativi che si incrociano. Un silenzio plumbeo, che diventa subito irreale. Tajani: “Luca ci ha lasciato. Un ragazzo della nostra famiglia, come ci ha scritto... è… è… volato in cielo. La nostra festa finisce qui”. C’è qualcosa di terribile e di maledetto, in questo pomeriggio, e ancora una volta la passione della politica si vira nel dramma. Scendo per le scale insieme a Tajani, a qualcuno la chiusura della festa sembra troppo. Ma il leader azzurro è convinto di aver fatto la cosa giusta: “Non riuscivo ad immaginarmi che noi restavamo a discutere, così. Luca era uno di noi, un pezzo di questa comunità, si ride e si piange insieme. Era venuto qui, sembrava felice… non abbiamo capito. Hai letto i suoi post?”. 

Già, quei post maledetti sui social. Nel grande turbine del primo appuntamento nazionale di festa dopo la morte di Silvio Berlusconi, nessuno aveva avuto il tempo di vedere, di leggere, di capire. Luca Palmegiani aveva 25 anni e il sole in tasca, si era appena laureato. La famiglia sapeva e lo sosteneva, fino all’impossibile, ma il mondo fuori non ha percepito il dramma. A Il Centro chiamiamo la dottoressa Vittoria Zaccari, esperta di psicoterapia giovanile. In quei messaggi legge una combinazione esplosiva di sentimenti: il narcisismo vitale innato del politico contaminato con i veleni cupi della depressione. In redazione arriva la foto di Luca coronato di alloro, il giorno della sua laurea. Era solo ieri. Il dramma entra nelle nostre vene.

Ai piedi dello scalone, nella hall dell’albergo, Stefano Benigni scoppia a piangere. È il coordinatore dei giovani di Forza Italia. Gli amici sono attoniti. Il direttore dell’albergo racconta di quella richiesta apparentemente casuale il giorno prima, quando Luca era andato da lui: “Posso salire di un piano con la camera?”. Il quarto piano. Per vedere il panorama, pensa il direttore, e invece il tarlo della depressione già scavava sotto l’apparenza spensierata del ragazzo entusiasta. Si era laureato, aveva la vita davanti. Ma quella tappa, per chi è depresso, può diventare un baratro. Torna in mente il suicidio di Bruno Astorre, il deputato del Pd che si è ucciso, nel marzo del 2022, buttandosi dagli uffici del Senato. 

La passione del narcisismo sano ti mette nel mare del mondo, ma la gabbia della depressione ti porta a fondo. Ci siamo abituati all’idea dei politici forti, dei leader che vengono raccontati con metafore guerresche, ma nessuno è più esposto e fragile di un politico. Leggerete in queste pagine che Luca era un ragazzo umanissimo, come tanti della sua generazione, e che l’omino nero di cui parlava Francesco Cossiga, il demone contro cui aveva combattuto per tutta la vita (resistendo), contro di Luca, ieri, ha semplicemente prevalso. Quella laurea che per molti è il primo capitolo dell’ingresso in una nuova vita, è diventato l’ultimo capitolo della sua esistenza.  

Scusarsi con l’amata Nonna, salutare “Antonio”, ricongiungersi con “il nonno” e con “Silvio” in una famiglia allargata che tiene insieme i legami del sangue e Berlusconi, comincia con quel folle volo dal quarto piano di un hotel, in un giorno di festa. Quando una vita si infrange così scompaiono le bandiere, gli steccati, siamo tutti sul filo della lama, la politica può rendere forti e fragili, non pensate che Luca abbia saltato perché è debole. Riflettete sul fatto che tutti, come lui, abbiano passeggiato sul filo tra la luce e le tenebre. Diceva Franco Basaglia, il medico che ha indagato più di ogni altro la mente, in questo paese: “Non esistono i matti, solo le persone”. Non sentitevi più sani di Luca, i matti siamo noi.

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