Macerie e amianto: il 20% dei siti crollati risulta a rischio
La denuncia dell’Osservatorio al convegno di Montereale «Chi ha lavorato a contatto coi detriti rischia di ammalarsi»
L’AQUILA. L’eredità del terremoto e il rischio amianto: il 20% dei siti crollati conteneva amianto. Lo sostiene l’Osservatorio nazionale amianto. A distanza di sei anni e mezzo dal terremoto, l’Ona e il Comune di Montereale hanno riunito studiosi e rappresentanti istituzionali per fare il punto della situazione e lanciare l’ennesimo campanello d’allarme nel corso del convegno “Amianto e terremoto. Progetto a(z)zero amianto”. L’appuntamento nella sede della Pro loco ha permesso all’avvocato Ezio Bonanni di tracciare il quadro che riguarda l’Abruzzo.
«Centinaia di migliaia di metri cubi di amianto sono rimasti imprigionati nelle macerie lasciate dal terremoto, nel centro storico dell’Aquila e nei suoi quartieri così come in decine di centri storici dei paesi di tutta l’area colpita», informa una nota dell’Osservatorio».
«In Abruzzo manca completamente un piano amianto», dichiara il presidente dell’Ona Ezio Bonanni, «pur essendo stati già censiti 641 siti industriali, 4.369 edifici pubblici, 5.544 privati e 222.817 siti con amianto, oltre a 140 mesoteliomi registrati dal 2000 al 2012. L’Abruzzo ha un solo impianto di smaltimento con una capacità di 155mila metri cubi. Gli edifici pubblici liberati dall’amianto sono solo 5, 37 quelli in cui è in corso la bonifica; per gli edifici privati, i numeri parlano di 3.172 bonifiche fatte».
L’Osservatorio ha stimato che ci fossero più di 46mila metri quadri di cemento amianto nelle coperture, oltre all’amianto contenuto all’interno delle singole strutture.
Il terremoto ha prodotto circa 2.650.000,00 MC di macerie, di cui un milione e mezzo (il 75%) nel solo Comune dell’Aquila (stima fornita dal Commissario per la ricostruzione in un rapporto sulle macerie. L’Ona stima che il 20% dei siti interessati da crolli possa aver contenuto amianto.
«La gestione delle macerie contaminate da amianto è stata effettuata con ditte specializzate chiamate all’occorrenza e rimuovendo solo la parte grossolana e visibile. Il resto è stato portato al sito di Pontignone di Bazzano per lo smaltimento dell’intero cumulo di macerie (composte da cemento, mattoni e quanto presente dentro le abitazioni crollate). Alle vittime del sisma (309 persone) si rischia di dover aggiungere anche quelle potrebbero ammalarsi nei prossimi anni per aver lavorato a contatto con i detriti: le macerie stoccate e triturate a piazza d’Armi all’Aquila, infatti, provenivano in buona parte dal centro storico, dove gli edifici crollati erano stati costruiti quando ancora si usava l’eternit per le coperture dei tetti, per i cassoni dell’acqua e per i camini, per le coibentazioni, per le colle, per gli impianti. Macerie che sono state fatte a pezzi dopo il terremoto, a pochi metri dalla principale tendopoli della città, rilasciando polveri che potrebbero provocare tumori nei prossimi decenni. Per giorni tonnellate di macerie sono state stoccate prive di qualsiasi vaglio preventivo, senza selezione dei materiali, contrariamente a quello che prevede la legge».