Metanodotto Snam il fronte del no: va realizzato in mare

A settembre si riunisce il tavolo tecnico per tentare di convincere governo e azienda a cambiare rotta

L’AQUILA. Il fronte del no è categorico: il metanodotto va realizzato in mare.

Un messaggio lanciato a Roma, al ministero dello Sviluppo Economico, ma anche al presidente della Regione Gianni Chiodi, chiamato a farsi garante della volontà del territorio. Si chiama «Rete Adriatica», ma in realtà il gasdotto di 687 chilometri, dalla Puglia all'Emilia Romagna, previsto dalla Snam nel 2004, ha cambiato percorso, andando a interessare il corridoio della dorsale appenninica, compreso l'Abruzzo interno.

Un impianto che dovrebbe correre lungo le depressioni tettoniche interne dell'Appennino centrale, caratterizzate da un tasso di sismicità molto elevato. Nonostante la forte opposizione di popolazioni e istituzioni locali, soprattutto a partire dal 2010, il progetto non è stato bloccato. Unico spiraglio, il tavolo tecnico-istituzionale che il movimento dei contrari è riuscito a strappare al ministero dello Sviluppo Economico e che dovrebbe essere istituito nel prossimo mese di settembre.

La classica cartina al tornasole. È in quella sede che si deciderà la sorte dell'opera ed è in quella sede che verrà chiesto di esaminare una proposta alternativa: il ritorno del percorso in mare.

Una posizione unanime, quella assunta dal Comune dell'Aquila e dai comitati cittadini, capitanti dalla città di Sulmona, dove la Snam ha in mente di costruire anche una centrale di compressione. Il tratto Sulmona-Foligno del metanodotto andrebbe ad attraversare tutte le località del cratere sismico aquilano, per poi inanellare anche i centri umbri e marchigiani investiti dal sisma del 1997.

Insomma, un progetto da cambiare, come hanno sottolineato il sindaco Massimo Cialente, l'assessore alle Opere Pubbliche Alfredo Moroni, il consigliere provinciale Paolo Federico e Mario Pizzolla, del comitato Sulmona. In tutt’Italia, sono 52 le associazioni ambientaliste contrarie e con vari passaggi si sono opposti il consiglio regionale abruzzese e la Regione Marche, con il consiglio regionale umbro che sta cambiando parere.

«Il mese di settembre sarà determinante», ha spiegato Moroni, che coordina il movimento interregionale, «perché il tavolo che si è impegnato a convocare il sottosegretario Claudio De Vincenti, grazie all'ordine del giorno presentato alla Camera dal Pd, dovrà esaminare la proposta di percorso alternativo e riunificare i due procedimenti del metanodotto e della centrale di compressione, che è stata stralciata dal piano iniziale. Nel frattempo, il presidente della Regione Gianni Chiodi deve negare l'intesa, seguendo le indicazioni del consiglio regionale». Il tracciato alternativo prevede che il gasdotto, proveniente da Sud, possa giungere nell'area di San Salvo e da qui essere «poggiato» nel mare Adriatico fino all'altezza del Ravennate, raggiungere la costa e poi essere collegato fino a Minerbio, in Emilia Romagna. Fra le ragioni del no al tragitto interno, non solo il rischio sismico, ma anche motivazioni di impatto ambientale e il fatto che il percorso passi addirittura su siti archeologici, come a Peltuinum, oppure a pochi metri dalle abitazioni, come nel Comune di Navelli.

Romana Scopano

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