Monaco, cronista dalle macerie
Il giornalista Rai racconta la tragedia ogni giorno dal 6 aprile.
Atalanta-Fiorentina non se la ricorda più. La memoria del radiocronista è stata tranciata dai morsi del terremoto. Il 6 aprile, quando la terra si è aperta sotto L’Aquila, Antonio Monaco, voce di “Tutto il calcio minuto per minuto”, era da poco rientrato a casa. Un viaggio lungo e faticoso, quello da Bergamo ad Avezzano. Poche ore di cattivo sonno e, poi, davanti al giornalista della Rai si è spalancato un mondo di sofferenza. «L’odore del gas misto alla polvere delle case sbriciolate non lo dimenticherò mai», dice. «E non dimenticherò neppure le urla disperate della gente e l’incessante trillare dei telefonini». Lo scontrino dell’autostrada ce l’ha ancora. Segna le 4.36. Alle 3.32 l’Abruzzo interno era stato violentato.
«Un attimo dopo aver tranquillizzato i miei, traumatizzati dalle violente scosse, mi sono messo in macchina per raggiungere L’Aquila. O meglio, l’inferno». Da allora, e se ne sono andati tre mesi, Monaco si è dedicato con tutte le energie all’ingrato compito di raccontare la tragedia del terremoto. Al suo microfono hanno fatto capolino anche i grandi d’Italia, da Berlusconi a Napolitano, da Fini a Letizia Moratti a Schifano. Chi lo conosce un po’, lo trova sciupato e affaticato. Chi lo conosce bene sa che ha la pellaccia dura e si considera in missione. «Sono abruzzese, marsicano. Questa è la mia gente». Non c’è retorica nelle parole che ripete quasi ogni giorno: tutti i giornalisti abruzzesi passati per L’Aquila si sono sentiti coinvolti e responsabilizzati come non era mai avvenuto prima. «Guai a spegnere i riflettori su questo dramma infinito», aggiunge. «Il nostro è un dovere.
La gente mi cerca e io sono qui. Faccio quello che posso. Faccio il massimo e non sono il solo. Penso ai tecnici, agli operatori, ai tanti che faticano con me». Classe 1959, un passato da collaboratore del Centro, poi le prime esperienze in Rai datate 1985. «Un paio di anni dopo mi è stato fatto un contratto Articolo 2 e nel 1990 ho raggiunto l’obiettivo dell’assunzione a tempo indeterminato». Oggi è un Inviato speciale. Alterna l’impegno con il pool sportivo di “Tutto il calcio minuto per minuto”, storico programma radiofonico, al lavoro con la Rai Regione. Nella caserma della scuola della Finanza di Coppito, Monaco è molto di più di un giornalista ospite. «I finanzieri sono gente straordinaria», dice. «Se non ci fosse stata questa gigantesca struttura, tutto sarebbe stato più difficile.
Qui ho tanti amici. Fratelli, direi, perché certe esperienze ti portano a un legame di sangue». Per parecchi giorni, i primi, la paura scatenata dalle scosse ricorrenti ha accompagnato il lavoro dei cronisti. E non sono certo mancati i momenti di commozione. «Ho parlato del suono dei telefonini che ho ancora nelle orecchie. A volte, arrivava da apparecchi sotto le macerie. Spostavamo le pietre, credendo di aver individuato una traccia, e con le pietre si spostava anche il suono. Un incubo. Uomini e donne chiedevano aiuto per salvare chi, a volte, non poteva più essere salvato». Marsicano all’Aquila. «Ogni amico che incontravo, ogni collega che incrociavo mi dava un attimo di sollievo. Lui ce l’ha fatta, dicevo tra me e me. Rivedendo le persone più care, non sono riuscito a trattenere le lacrime. Uno dei momenti più toccanti è stato il passaggio nella camera ardente.
Ho il bruciante ricordo di una piccola bara bianca poggiata su una bara grande e marrone. Una bambina e la sua mamma. Sono un padre che mette la famiglia al primo posto: basta questo per capire quanto possa essere vulnerabile davanti a certe scene». Impeccabile conduttore al fianco di Milly Carlucci e del collega Rai Nino Germano di un recente programma televisivo sul terremoto, la voce di Monaco, senza nulla togliere a tutte le altre, è diventata la voce che racconta il terremoto. «La settimana successiva al sisma, ho sorvolato L’Aquila con un elicottero della guardia di finanza. Ho visto tanta distruzione da rischiare di cadere nello sconforto irrimediabile. Spero che un giorno, rifacendo lo stesso volo, possa stupirmi davanti a una mirabile ricostruzione».
«Un attimo dopo aver tranquillizzato i miei, traumatizzati dalle violente scosse, mi sono messo in macchina per raggiungere L’Aquila. O meglio, l’inferno». Da allora, e se ne sono andati tre mesi, Monaco si è dedicato con tutte le energie all’ingrato compito di raccontare la tragedia del terremoto. Al suo microfono hanno fatto capolino anche i grandi d’Italia, da Berlusconi a Napolitano, da Fini a Letizia Moratti a Schifano. Chi lo conosce un po’, lo trova sciupato e affaticato. Chi lo conosce bene sa che ha la pellaccia dura e si considera in missione. «Sono abruzzese, marsicano. Questa è la mia gente». Non c’è retorica nelle parole che ripete quasi ogni giorno: tutti i giornalisti abruzzesi passati per L’Aquila si sono sentiti coinvolti e responsabilizzati come non era mai avvenuto prima. «Guai a spegnere i riflettori su questo dramma infinito», aggiunge. «Il nostro è un dovere.
La gente mi cerca e io sono qui. Faccio quello che posso. Faccio il massimo e non sono il solo. Penso ai tecnici, agli operatori, ai tanti che faticano con me». Classe 1959, un passato da collaboratore del Centro, poi le prime esperienze in Rai datate 1985. «Un paio di anni dopo mi è stato fatto un contratto Articolo 2 e nel 1990 ho raggiunto l’obiettivo dell’assunzione a tempo indeterminato». Oggi è un Inviato speciale. Alterna l’impegno con il pool sportivo di “Tutto il calcio minuto per minuto”, storico programma radiofonico, al lavoro con la Rai Regione. Nella caserma della scuola della Finanza di Coppito, Monaco è molto di più di un giornalista ospite. «I finanzieri sono gente straordinaria», dice. «Se non ci fosse stata questa gigantesca struttura, tutto sarebbe stato più difficile.
Qui ho tanti amici. Fratelli, direi, perché certe esperienze ti portano a un legame di sangue». Per parecchi giorni, i primi, la paura scatenata dalle scosse ricorrenti ha accompagnato il lavoro dei cronisti. E non sono certo mancati i momenti di commozione. «Ho parlato del suono dei telefonini che ho ancora nelle orecchie. A volte, arrivava da apparecchi sotto le macerie. Spostavamo le pietre, credendo di aver individuato una traccia, e con le pietre si spostava anche il suono. Un incubo. Uomini e donne chiedevano aiuto per salvare chi, a volte, non poteva più essere salvato». Marsicano all’Aquila. «Ogni amico che incontravo, ogni collega che incrociavo mi dava un attimo di sollievo. Lui ce l’ha fatta, dicevo tra me e me. Rivedendo le persone più care, non sono riuscito a trattenere le lacrime. Uno dei momenti più toccanti è stato il passaggio nella camera ardente.
Ho il bruciante ricordo di una piccola bara bianca poggiata su una bara grande e marrone. Una bambina e la sua mamma. Sono un padre che mette la famiglia al primo posto: basta questo per capire quanto possa essere vulnerabile davanti a certe scene». Impeccabile conduttore al fianco di Milly Carlucci e del collega Rai Nino Germano di un recente programma televisivo sul terremoto, la voce di Monaco, senza nulla togliere a tutte le altre, è diventata la voce che racconta il terremoto. «La settimana successiva al sisma, ho sorvolato L’Aquila con un elicottero della guardia di finanza. Ho visto tanta distruzione da rischiare di cadere nello sconforto irrimediabile. Spero che un giorno, rifacendo lo stesso volo, possa stupirmi davanti a una mirabile ricostruzione».