Muore il re dello zafferano
Navelli piange Sarra, una vita dedicata all’«oro rosso».
NAVELLI. Se n’è andato il giorno di Ferragosto, mentre nelle case di Navelli si preparavano i bulbi per la nuova semina. Silvio Salvatore Sarra, 73 anni, una vita dedicata alla produzione e alla promozione dello zafferano, è morto all’ospedale di Pescara, dov’era stato ricoverato dopo una malattia. Folla ai funerali, che sono stati celebrati ieri a Civitaretenga, la frazione dov’era nato. In suo nome nascerà presto una fondazione. L’annuncio è stato dato dal parroco don Hyginus Hemeka Ogudu, che ha presieduto la liturgia esequiale insieme a don Massimiliano De Simone e a padre Mario Di Luzio, cugino di Sarra, arrivato da Pescara. Per l’occasione è stata montata una tensostruttura vista l’indisponibilità della chiesa di Sant’Antonio, resa inagibile dal terremoto. La notizia della scomparsa del primo produttore di zafferano della Piana di Navelli, fondatore, nel 1971, e poi presidente per oltre 30 anni della cooperativa «Altopiano di Navelli», già presidente del consorzio per la tutela dello zafferano, ha fatto rapidamente il giro d’Italia.
L’azienda di famiglia, del resto, in attività da mezzo secolo, aveva contatti con numerose realtà imprenditoriali anche all’estero. Messaggi di cordoglio sono pervenuti da diverse zone. A rendergli omaggio all’obitorio sono arrivati anche gruppi da Como. Sarra, che non era sposato, viveva con la sorella Giovannina, detta Gina, che lo ha seguito passo dopo passo nell’operazione di rilancio della preziosa spezia. Produttore e rivenditore in proprio, era anche titolare dell’azienda agrituristica «Casa verde», citata nelle principali guide turistiche e gastronomiche italiane. Grazie alla sua instancabile opera di divulgazione dello zafferano ha saputo implementare la coltivazione della spezia promuovendola come «la migliore del mondo» e «portandola sulle tavole di tutta Italia e del mondo intero», come ricordano i soci della coop che «insieme a tutti i cittadini dei Comuni dell’Altopiano lo ricordano con affetto e gratitudine e si stringono ai suoi cari, in particolare alla sorella Giovannina».
Dire Sarra è come dire zafferano. Memorabile la battaglia condotta, in prima persona, per ottenere il riconoscimento della Dop, la denominazione di origine protetta. Un traguardo tagliato nel 2005 al termine di una lunga trafila culminata nella certificazione ottenuta dall’Unione europea. Un cammino grazie al quale è stato realizzato un disciplinare molto rigoroso sotto il controllo della Camera di commercio. Finora il marchio Dop viene riconosciuto a una settantina di produttori l’anno, con una media del 10 per cento di nuovi ingressi. A chiunque visitasse la sua azienda, Sarra, che ha sempre difeso la dicitura «zafferano di Navelli», raccontava la storia del monaco benedettino Santucci che otto secoli fa portò a Navelli il prezioso bulbo, nascondendolo nell’incavo del bastone da viaggio.
L’azienda di famiglia, del resto, in attività da mezzo secolo, aveva contatti con numerose realtà imprenditoriali anche all’estero. Messaggi di cordoglio sono pervenuti da diverse zone. A rendergli omaggio all’obitorio sono arrivati anche gruppi da Como. Sarra, che non era sposato, viveva con la sorella Giovannina, detta Gina, che lo ha seguito passo dopo passo nell’operazione di rilancio della preziosa spezia. Produttore e rivenditore in proprio, era anche titolare dell’azienda agrituristica «Casa verde», citata nelle principali guide turistiche e gastronomiche italiane. Grazie alla sua instancabile opera di divulgazione dello zafferano ha saputo implementare la coltivazione della spezia promuovendola come «la migliore del mondo» e «portandola sulle tavole di tutta Italia e del mondo intero», come ricordano i soci della coop che «insieme a tutti i cittadini dei Comuni dell’Altopiano lo ricordano con affetto e gratitudine e si stringono ai suoi cari, in particolare alla sorella Giovannina».
Dire Sarra è come dire zafferano. Memorabile la battaglia condotta, in prima persona, per ottenere il riconoscimento della Dop, la denominazione di origine protetta. Un traguardo tagliato nel 2005 al termine di una lunga trafila culminata nella certificazione ottenuta dall’Unione europea. Un cammino grazie al quale è stato realizzato un disciplinare molto rigoroso sotto il controllo della Camera di commercio. Finora il marchio Dop viene riconosciuto a una settantina di produttori l’anno, con una media del 10 per cento di nuovi ingressi. A chiunque visitasse la sua azienda, Sarra, che ha sempre difeso la dicitura «zafferano di Navelli», raccontava la storia del monaco benedettino Santucci che otto secoli fa portò a Navelli il prezioso bulbo, nascondendolo nell’incavo del bastone da viaggio.