Onna, l’ora della riconciliazione

Dirigenti della protezione civile tedesca nel paese della strage nazista

Sessantacinque anni fa, nel giugno 1944, soldati dell'esercito tedesco giunsero a Onna per uccidere e distruggere. Oggi uomini della protezione civile arrivano dalla Germania per aiutare e ricostruire. Sì, anche il terremoto ha i suoi miracoli. Onna da luogo simbolo di una distruzione senza fine diventa il luogo della riconciliazione. Sono passate da poco le 13 quando al campo sfollati che raccoglie quasi trecento onnesi rimasti senza affetti e senza casa, giungono 4 persone.

 Sono due dirigenti dell'ambasciata tedesca a Roma e due responsabili della protezione civile.
 Annoto i nomi di questi ultimi: Klaus Buchmuller e Andreas Seebachet.
 E' gente concreta e si vede subito.

 Salutano con garbo e per prima cosa ci tengono a far sapere di essere vicini a chi ha perso tutto.
 L'incontro si svolge sotto una tenda: a Onna è il luogo più sicuro ed elegante.
 Intorno il rumore delle ruspe: quelle militari che hanno iniziato a demolire gli edifici pericolanti e quelle dei vigili del fuoco che spargono brecciolino per arginare acqua e fango, l'ulteriore punizione che sta gettando aceto sulle ferite sanguinanti.

Poco prima delle ore 14 l'ennesima scossa. Franco Papola, che nel sisma ha perso la madre e la suocera, dice subito: terzo grado.
Ormai non servono i sismografi: basta chiedere agli onnesi.
Papola partecipa alla riunione con i vertici della protezione civile tedesca perché è il presidente della associazione Onna onlus costituita due giorni fa. Il suo compito principale è vigilare sulla ricostruzione.
Ci sono anche Vincenzo Angelone, Marco Carpini e Paolo Ferroni per la Pro loco, Paolo Paolucci priore della Congregazione della Madonna delle Grazie e Pio Ludovici legale della associazione. Presenzia un ufficiale dell'esercito che si sente ormai un amico degli onnesi.
Il dirigente della protezione civile tedesca è subito chiaro: la Germania vuole fare qualcosa per Onna anche per cancellare quella brutta pagina di storia del 1944.

Allora si era in piena seconda guerra mondiale.
Onna, nel palazzo Pica Alfieri, aveva ospitato dal settembre 1943 al maggio 1944 un reparto dell'esercito tedesco che forniva pane alle prime linee impegnate sulla linea Gustav che tagliava a metà l'Abruzzo ed era l'argine all'avanzata degli Alleati.
Oggi palazzo Pica Alfieri non c'è più. Non l'hanno distrutto i tedeschi, ci ha pensato pochi giorni fa il terremoto.
All'inizio di giugno del 1944 un giovane onnese reagì a un sopruso. Non voleva farsi rubare i cavalli. Ci fu una colluttazione. Nessun morto. La ferocia però non si fece attendere. Subito, il 2 giugno, fu ammazzata una ragazza di 17 anni.
Nove giorni dopo il rastrellamento e la vendetta: 16 persone uccise fra cui due donne.
Sui cadaveri fu fatta crollare una casa, la stessa casa crollata oggi, di nuovo, stavolta sotto colpi dell'orrenda scossa. Altre dieci abitazioni furono distrutte.
Un paese bombardato, proprio come il 6 aprile.
Quella strage non ha colpevoli. Nessun processo in Italia, una istruttoria in Germania che, nel 1968, si concluse con una vergognosa archiviazione.

C'è voluta un'altra ferita per sanare quella ferita.
La protezione civile tedesca vuole sapere dagli onnesi quali sono le priorità. Risposta fin troppo facile: uscire dalle tende il prima possibile e tornare ad avere una vita dignitosa. Poi ricostruzione del paese: Onna vuole rinascere dove è morta la notte del sei aprile.
I dirigenti tedeschi non fanno promesse, c'è anche da raccordarsi con le autorità italiane. Ma dicono: torneremo e non vi dimenticheremo.
Una ultima stretta di mano con sullo sfondo le macerie, la pioggia e il fango.
A loro viene consegnato un volantino. Sono le richieste più immediate degli sfollati della tendopoli di Onna: più acqua, docce, lavatoi, lavatrici, cambio periodico delle lenzuola.
Cose normali per chi ha una casa. Cose fondamentali per chi non ce l'ha più. Il futuro fa paura.
Ora si attende il 25 aprile. Negli anni passati una fugace cerimonia davanti al monumento che ricorda la strage del 1944: tanto per dovere. Quest'anno sarà diverso: ci sono altri morti e dolore.

Poi il 28 arriverà Benedetto XVI. La chiesa è in una tenda. All'esterno c'è il campanile ricostruito dai vigili del fuoco.
Dopo il pranzo alla mensa lascio la tendopoli. La via Crucis di ogni giorno ha una stazione al cimitero di Pizzoli.
Lì il regalo più bello della giornata: davanti alle tombe i compagni di scuola dei miei figli.
Non hanno dimenticato.

Grazie.