Ornitologi: giusto stoppare l’aquila
Pellegrini (Soa) difende il divieto del Parco per il falconiere Granati: sì alle regole
L’AQUILA. «Nessuna vessazione, solo il rispetto di norme basilari». Dopo la bufera seguita alla notizia del diniego, opposto dal Parco, al volo dell’aquila reale addestrata sopra la Rocca di Calascio, interviene il presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese Massimo Pellegrini.
Proprio dalla Soa era partito l’esposto nei confronti dell’attività svolta dal falconiere Giovanni Granati. Secondo Pellegrini, «le vittime sono gli animali selvatici, non chi pensa allo “spettacolo” e al guadagno». Il presidente della Soa sottolinea che «le aquile reali volano ogni giorno sul Gran Sasso e sugli altri parchi abruzzesi. Grazie alla tutela di questi territori, le aquile reali presenti nelle aree protette della regione sono in aumento e raggiungono le 20-25 coppie, con la ricolonizzazione di territori un tempo abbandonati a causa del disturbo e delle uccisioni illegali. Nei parchi oggi è sempre più facile osservare gli animali in piena libertà, spesso anche senza binocolo. Basta un minimo di educazione e consapevolezza».
A Granati, che ha scelto di vivere in Abruzzo e gira il mondo per far conoscere l’arte della falconeria, sono arrivate tante attestazioni di solidarietà e c’è stata una sollevazione popolare contro la decisione del Parco: «Sconcerta che dopo tanti anni dall’istituzione delle aree protette», replica il presidente Soa, «davanti a un falconiere dedito a usare per propri spettacoli animali allevati in cattività, addirittura in maniera irregolare a Rocca Calascio visto che in tanti anni, da quello che leggiamo, non aveva neanche chiesto il permesso e svolto la necessaria valutazione di incidenza ambientale (ed è bastata una segnalazione di volontari per far venire i nodi al pettine), ci sia qualcuno che veda nel sacrosanto diniego dell’ente parco una sorta di vessazione». Inoltre, per Pellegrini, l’aquila reale addestrata potrebbe «interagire negativamente con specie rarissime protette a livello comunitario, come il Gracchio corallino, una specie protetta a scala continentale, nidificante in situazione sinantropica a Rocca Calascio nel 1994. In quel luogo», spiega Pellegrini, «nidificano almeno altre tre specie tutelate a livello comunitario (Averla piccola, Calandro e Coturnice). Non si tratta solo di rischio di predazione, ma anche del solo disturbo portato in maniera del tutto innaturale».
Proprio dalla Soa era partito l’esposto nei confronti dell’attività svolta dal falconiere Giovanni Granati. Secondo Pellegrini, «le vittime sono gli animali selvatici, non chi pensa allo “spettacolo” e al guadagno». Il presidente della Soa sottolinea che «le aquile reali volano ogni giorno sul Gran Sasso e sugli altri parchi abruzzesi. Grazie alla tutela di questi territori, le aquile reali presenti nelle aree protette della regione sono in aumento e raggiungono le 20-25 coppie, con la ricolonizzazione di territori un tempo abbandonati a causa del disturbo e delle uccisioni illegali. Nei parchi oggi è sempre più facile osservare gli animali in piena libertà, spesso anche senza binocolo. Basta un minimo di educazione e consapevolezza».
A Granati, che ha scelto di vivere in Abruzzo e gira il mondo per far conoscere l’arte della falconeria, sono arrivate tante attestazioni di solidarietà e c’è stata una sollevazione popolare contro la decisione del Parco: «Sconcerta che dopo tanti anni dall’istituzione delle aree protette», replica il presidente Soa, «davanti a un falconiere dedito a usare per propri spettacoli animali allevati in cattività, addirittura in maniera irregolare a Rocca Calascio visto che in tanti anni, da quello che leggiamo, non aveva neanche chiesto il permesso e svolto la necessaria valutazione di incidenza ambientale (ed è bastata una segnalazione di volontari per far venire i nodi al pettine), ci sia qualcuno che veda nel sacrosanto diniego dell’ente parco una sorta di vessazione». Inoltre, per Pellegrini, l’aquila reale addestrata potrebbe «interagire negativamente con specie rarissime protette a livello comunitario, come il Gracchio corallino, una specie protetta a scala continentale, nidificante in situazione sinantropica a Rocca Calascio nel 1994. In quel luogo», spiega Pellegrini, «nidificano almeno altre tre specie tutelate a livello comunitario (Averla piccola, Calandro e Coturnice). Non si tratta solo di rischio di predazione, ma anche del solo disturbo portato in maniera del tutto innaturale».