Piazza d’Armi, i dimenticati
Protesta e blocco stradale degli sfollati rimasti nelle tende.
L’AQUILA. «Grazie Cialente, ci hai lasciato senza niente. Piazza d’Armi ancora nelle tende». L’hanno scritto sullo striscione e l’hanno gridato al megafono. Sono gli irriducibili di piazza d’Armi.
LA PROTESTA. Antonello, Goffredo, Francesco, Giovanni il romeno e gli altri 40 che non hanno voluto lasciare la loro tenda in piazza d’Armi rifiutando la sistemazione in albergo, perché ritenuta troppo lontana, sono tornati a far sentire la propria voce. In pochi, una decina, sono usciti dal campo per alcune ore e si sono piazzati davanti all’incrocio della Rotonda dove hanno trascorso l’intera mattinata, prima dell’arrivo del nubifragio che li ha costretti a riparare altrove. A intervalli regolari hanno lanciato slogan contro il sindaco dell’Aquila, accusato di averli lasciati «soli e senza servizi, in un campo che non esiste più». Il gruppetto ha anche bloccato simbolicamente la strada, anche se soltanto per pochi minuti, rallentando il traffico lungo tutto viale Corrado IV, particolarmente intenso all’ora di punta.
DISABILI E ANZIANI. «Perché siamo così pochi? Gli altri non sono potuti venire perché stanno lavorando nei cantieri della ricostruzione. Ma noi ci stiamo facendo sentire e continueremo a protestare fino a quando non ci verrà trovata una sistemazione definitiva e, soprattutto, vicina alle nostre case e non fuori città», spiega uno dei manifestanti, che chiede di restare anonimo. Uno dei più battaglieri del gruppo è Antonello, 34 anni, un ragazzone alto con la sigaretta in bocca e il megafono in mano che ha un certificato di invalidità «in condizioni di gravità» e che da sei mesi dorme in una tenda. Antonello, che vive qui con la mamma Antonietta, è molto arrabbiato con Cialente, «che non è mai venuto a rendersi conto della situazione in cui ci hanno lasciato». Allo sfollato avevano proposto un albergo ad Assergi, ma lui ha rifiutato. «Ne voglio uno più vicino». La seconda proposta è stata Sulmona. «Peggio ancora». Niente posti né all’hotel Azzurro, che sta qui di fronte, né al Canadian. Accanto a lui c’è anche Goffredo, che chiede lo stesso un posto non troppo lontano dall’Aquila.
«NESSUN SERVIZIO». Intanto, la Protezione civile a piazza d’Armi ha smontato tutto. «Ci hanno tolto la mensa, ci hanno smontato i bagni. Siamo senz’acqua calda», dice un altro degli irriducibili. «Abbiamo casa a 50 metri da qua, è stata classificata come E e quindi non possiamo entrarci. Ma non è giusto che a qualcuno è stata data una stanza vicino all’Aquila e a noi no. A dare solidarietà ai manifestanti anche alcuni esponenti della rete solidale dei comitati cittadini sorti per vigilare sulla ricostruzione. E anche chi la casa l’ha avuta. Come Fabrizio, che ha ottenuto il posto in uno degli alloggi alla Guardia di Finanza.
«Io sono stato fortunato e loro no», dice, «e sono venuto qui per dimostrare che questa gente non dev’essere lasciata sola come invece stanno facendo». Gli sfollati chiedono in coro che venga ripristinato «un minimo di servizi di assistenza» anche in queste settimane in cui la Protezione civile ha lasciato il campo e la gestione è stata affidata al Comune. Le tende rimaste in piedi sono una ventina, mentre gli ospiti sono poco meno del doppio. Ci sono anche degli stranieri. Per lavarsi e mangiare sono costretti ad arrangiarsi. «Qui non si vede nessuno, nemmeno gli psicologi e i servizi sociali del Comune. Siamo stati abbandonati. Chissà se qualcuno sa che noi siamo ancora qui».
LA PROTESTA. Antonello, Goffredo, Francesco, Giovanni il romeno e gli altri 40 che non hanno voluto lasciare la loro tenda in piazza d’Armi rifiutando la sistemazione in albergo, perché ritenuta troppo lontana, sono tornati a far sentire la propria voce. In pochi, una decina, sono usciti dal campo per alcune ore e si sono piazzati davanti all’incrocio della Rotonda dove hanno trascorso l’intera mattinata, prima dell’arrivo del nubifragio che li ha costretti a riparare altrove. A intervalli regolari hanno lanciato slogan contro il sindaco dell’Aquila, accusato di averli lasciati «soli e senza servizi, in un campo che non esiste più». Il gruppetto ha anche bloccato simbolicamente la strada, anche se soltanto per pochi minuti, rallentando il traffico lungo tutto viale Corrado IV, particolarmente intenso all’ora di punta.
DISABILI E ANZIANI. «Perché siamo così pochi? Gli altri non sono potuti venire perché stanno lavorando nei cantieri della ricostruzione. Ma noi ci stiamo facendo sentire e continueremo a protestare fino a quando non ci verrà trovata una sistemazione definitiva e, soprattutto, vicina alle nostre case e non fuori città», spiega uno dei manifestanti, che chiede di restare anonimo. Uno dei più battaglieri del gruppo è Antonello, 34 anni, un ragazzone alto con la sigaretta in bocca e il megafono in mano che ha un certificato di invalidità «in condizioni di gravità» e che da sei mesi dorme in una tenda. Antonello, che vive qui con la mamma Antonietta, è molto arrabbiato con Cialente, «che non è mai venuto a rendersi conto della situazione in cui ci hanno lasciato». Allo sfollato avevano proposto un albergo ad Assergi, ma lui ha rifiutato. «Ne voglio uno più vicino». La seconda proposta è stata Sulmona. «Peggio ancora». Niente posti né all’hotel Azzurro, che sta qui di fronte, né al Canadian. Accanto a lui c’è anche Goffredo, che chiede lo stesso un posto non troppo lontano dall’Aquila.
«NESSUN SERVIZIO». Intanto, la Protezione civile a piazza d’Armi ha smontato tutto. «Ci hanno tolto la mensa, ci hanno smontato i bagni. Siamo senz’acqua calda», dice un altro degli irriducibili. «Abbiamo casa a 50 metri da qua, è stata classificata come E e quindi non possiamo entrarci. Ma non è giusto che a qualcuno è stata data una stanza vicino all’Aquila e a noi no. A dare solidarietà ai manifestanti anche alcuni esponenti della rete solidale dei comitati cittadini sorti per vigilare sulla ricostruzione. E anche chi la casa l’ha avuta. Come Fabrizio, che ha ottenuto il posto in uno degli alloggi alla Guardia di Finanza.
«Io sono stato fortunato e loro no», dice, «e sono venuto qui per dimostrare che questa gente non dev’essere lasciata sola come invece stanno facendo». Gli sfollati chiedono in coro che venga ripristinato «un minimo di servizi di assistenza» anche in queste settimane in cui la Protezione civile ha lasciato il campo e la gestione è stata affidata al Comune. Le tende rimaste in piedi sono una ventina, mentre gli ospiti sono poco meno del doppio. Ci sono anche degli stranieri. Per lavarsi e mangiare sono costretti ad arrangiarsi. «Qui non si vede nessuno, nemmeno gli psicologi e i servizi sociali del Comune. Siamo stati abbandonati. Chissà se qualcuno sa che noi siamo ancora qui».