Ponte Belvedere fermo al palo «Ombre e spesa raddoppiata»
L’opposizione svela le carte sullo stallo della ricostruzione dell’infrastruttura demolita nel 2021: «Mancano tre milioni e l’autorizzazione alla variante progettuale da parte del tecnico comunale»
L’AQUILA. Costi raddoppiati – con lo spettro di una nuova gara d’appalto – progetto non ancora validato, variante mancante e tecnico responsabile dimissionario: non c’è pace per la grande opera di ricostruzione del ponte Belvedere dell’Aquila, che ha già subito mostruosi rinvii e ritardi dopo la demolizione nel 2021 dell’infrastruttura danneggiata dal sisma. Ora è l’opposizione svelare i nodi della pratica burocratica, dopo aver acquisito le carte con un accesso agli atti in municipio: ieri in conferenza i consiglieri comunali Paolo Romano, Stefania Pezzopane e Simona Giannangeli hanno presentato una relazione dettagliata. «Di fatto si va verso un raddoppio della spesa; si andranno a togliere necessariamente risorse da altri interventi, senza spiegare neanche questa volta cosa sia successo e sta succedendo sul ponte», scrivono i consiglieri di opposizione. «Noi diciamo che il ponte è necessario e che si deve fare ma ci sono molti interrogativi che ne minano la prosecuzione e su cui bisogna far luce. I problemi non finiranno con la validazione sull’esecutivo ad opera della società di verifica».
IL NODO DEI COSTI E DELLA GARA
Continua la relazione delle opposizioni, parlando dei conti: «Si passa da un importo contrattualizzato di 3,8 milioni – al netto del ribasso d’asta del 10% offerto in sede di gara e comprensivo dei costi per la sicurezza – a uno finale di 6,8 milioni. A questi si vanno ad aggiungere gli oneri per la progettazione esecutiva che da 79mila euro lievitano fino a 143mila. In sostanza il contratto con l’impresa esecutrice passa da 3,9 a 7 milioni, quasi il doppio. Cifra al di sopra della soglia comunitaria di 5.3 milioni, fatto questo che avrebbe imposto (e imporrebbe) una procedura di gara aperta e non quella negoziata adottata dal Comune dell’Aquila, alla quale hanno risposto soltanto cinque imprese». Continua la relazione: «Inoltre non risultano ulteriori impegni di spesa da parte dell’organo di governo locale; impegni cospicui poiché si passa da una spesa prevista nel progetto definitivo di 5,1 milioni di euro all’esecutivo in variante proposto dall’impresa di 8 milioni: in sostanza abbiamo circa 3 milioni in più che la giunta e il consiglio dovranno tirare fuori dalle casse del Comune».
IL NODO DEL PROGETTO
E ancora: «La lettura degli atti fa discendere l’aumento dei costi per lavori alla necessità di eseguire delle opere necessarie non previste e non prevedibili in sede di progettazione definitiva, (puntualmente controdedotte e respinte dal Responsabile unico del procedimento Rup, ma anche dai documenti presenti nel progetto definitivo–relazione geologica) e di un aumento dei materiali per la pandemia e la guerra. Ribadendo il fatto che il progetto esecutivo deve essere conforme al definitivo, tuttavia non si comprende come al lievitare dei costi dei materiali debba lievitare anche il costo della progettazione esecutiva che certamente non risente della guerra in Ucraina. Quindi nel nostro caso siamo di fronte a due ipotesi: o era sbagliato il progetto definitivo con i costi mantenuti sotto la soglia comunitaria, oppure sono incomprensibili tutti gli aumenti del progetto esecutivo consegnato».
IL NODO DEL RUP
Continua la relazione dell’opposizione: «Da una corposa documentazione agli atti si evince che il Rup (oggi dimissionario) ha chiesto più volte la documentazione necessaria a giustificare una eventuale progettazione esecutiva in variante al progetto definitivo messo a gara, prima di poter dare la propria autorizzazione e al contempo richiedere all’organo preposto un eventuale maggiore stanziamento. In mancanza di tali documenti, mai inviati, risulta che tale autorizzazione non è stata mai data dal Rup. Chiarimenti dovuti anche per il fatto il tecnico Rup non è più dipendente del Comune ma della Gsa».
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