Servono altri 6 miliardi per la ricostruzione
I responsabili degli uffici speciali Provenzano e Fico fanno i conti del terremoto Richiesta al sottosegretario Crimi sia per la parte privata sia per quella pubblica
L’AQUILA. Per la ricostruzione privata dell’Aquila e dei comuni dell’esteso cratere del terremoto occorrono complessivamente nuove risorse per 6 miliardi di euro: la stima, nel decennale del sisma del 6 aprile 2009, viene dai responsabili dei due uffici speciali, per la ricostruzione dell’Aquila (Usra), Salvo Provenzano, e dei comuni del cratere (Usrc), Raffaello Fico, due giovani tecnici da poco al timone dei due organismi. L’istanza, accompagnata dalla richiesta di snellimento burocratico per spendere i fondi già stanziati in scadenza nel 2020, è stata formulata al sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri con delega alla ricostruzione Vito Crimi.
L’ALLARME. In questo quadro si inserisce l’allarme del presidente dei costruttori provinciali, Adolfo Cicchetti, che in quello che è stato definito come “il cantiere più grande d’Europa, parla di «metodo L’Aquila che ha funzionato», ma anche di «mille posti di lavoro persi lo scorso anno e di imprese in difficoltà». In entrambi i crateri, il recupero delle abitazioni private è molto più avanti rispetto a quella pubblica che segna il passo, soprattutto per scuole ed edifici pubblici, nonostante ci siano fondi disponibili, non impegnati perché le stazioni appaltanti degli enti pubblici non pubblicano le gare: in questo senso i due responsabili fanno un appello alla velocizzazione.
PERCENTUALI. All’Aquila la ricostruzione privata ha raggiunto il 75 per cento, con il centro storico che ha bisogno di un’accelerazione, così come nelle frazioni. Nei 56 comuni del cratere e nei 100 al di fuori di esso si è praticamente a metà dell’opera, mentre sono nettamente più basse le percentuali nei centri storici dei piccoli comuni, e ancora peggio nella ricostruzione pubblica. A Provenzano servono 2 miliardi più circa 800 milioni per la ricostruzione pubblica, a Fico circa 4 miliardi e 500 milioni per la pubblica.
COLPO DI RENI. «Abbiamo bisogno di dare un colpo di reni perché la ricostruzione privata ha raggiunto livelli buoni, accettabili. Ma occorre arrivare fino in fondo. Vanno trovate nuove risorse, e poi occorrono procedure per spendere quelle disponibili, in tempi ottimali», spiega Provenzano, che ha un proiezione per il futuro: «Ritengo che la fine dell’istruttoria si concluderà nel 2021, mentre per la ricostruzione privata obiettivo fattibile è il 2023-2024». All’Aquila, cancellato il contributo di autonoma sistemazione, sono intorno a 4mila le famiglie che ancora vivono nel mega-insediamento del Progetto Case oppure nei Moduli abitativi provvisori; nei comuni del cratere sismico sono 4.800 le famiglie che hanno una sistemazione provvisoria con 10.451 abitazioni ancora da recuperare e 4.604 in cui sono in corso lavori. Considerando gli oltre 70mila sfollati iniziali l’emergenza abitativa può dirsi dunque quasi superata. «Non è semplice fissare una data per la conclusione, ci sono fattori che non dipendono da noi. Faccio un esempio: ci sono 2 miliardi di euro di progetti da consegnare. Occorrerebbe stabilire un limite temporale per legge, per poi stabilire tempistiche. Comunque nel giro di 5-6 anni, se arriveranno tutti i progetti, la ricostruzione potrà dirsi conclusa al 90 per cento», annuncia Fico. «Spesso», spiega ancora Cicchetti (Ance), «nella ricostruzione, come nei cantieri, è la coda il momento più difficoltoso, perché cala l’attenzione, perché si pensa di essere in discesa. L’Aquila, basta farsi un giro, è una città che sta tornando a vivere con un sorriso splendido, ma manca qualche dente», chiarisce il presidente dell’Ance provinciale.
L’ALLARME. In questo quadro si inserisce l’allarme del presidente dei costruttori provinciali, Adolfo Cicchetti, che in quello che è stato definito come “il cantiere più grande d’Europa, parla di «metodo L’Aquila che ha funzionato», ma anche di «mille posti di lavoro persi lo scorso anno e di imprese in difficoltà». In entrambi i crateri, il recupero delle abitazioni private è molto più avanti rispetto a quella pubblica che segna il passo, soprattutto per scuole ed edifici pubblici, nonostante ci siano fondi disponibili, non impegnati perché le stazioni appaltanti degli enti pubblici non pubblicano le gare: in questo senso i due responsabili fanno un appello alla velocizzazione.
PERCENTUALI. All’Aquila la ricostruzione privata ha raggiunto il 75 per cento, con il centro storico che ha bisogno di un’accelerazione, così come nelle frazioni. Nei 56 comuni del cratere e nei 100 al di fuori di esso si è praticamente a metà dell’opera, mentre sono nettamente più basse le percentuali nei centri storici dei piccoli comuni, e ancora peggio nella ricostruzione pubblica. A Provenzano servono 2 miliardi più circa 800 milioni per la ricostruzione pubblica, a Fico circa 4 miliardi e 500 milioni per la pubblica.
COLPO DI RENI. «Abbiamo bisogno di dare un colpo di reni perché la ricostruzione privata ha raggiunto livelli buoni, accettabili. Ma occorre arrivare fino in fondo. Vanno trovate nuove risorse, e poi occorrono procedure per spendere quelle disponibili, in tempi ottimali», spiega Provenzano, che ha un proiezione per il futuro: «Ritengo che la fine dell’istruttoria si concluderà nel 2021, mentre per la ricostruzione privata obiettivo fattibile è il 2023-2024». All’Aquila, cancellato il contributo di autonoma sistemazione, sono intorno a 4mila le famiglie che ancora vivono nel mega-insediamento del Progetto Case oppure nei Moduli abitativi provvisori; nei comuni del cratere sismico sono 4.800 le famiglie che hanno una sistemazione provvisoria con 10.451 abitazioni ancora da recuperare e 4.604 in cui sono in corso lavori. Considerando gli oltre 70mila sfollati iniziali l’emergenza abitativa può dirsi dunque quasi superata. «Non è semplice fissare una data per la conclusione, ci sono fattori che non dipendono da noi. Faccio un esempio: ci sono 2 miliardi di euro di progetti da consegnare. Occorrerebbe stabilire un limite temporale per legge, per poi stabilire tempistiche. Comunque nel giro di 5-6 anni, se arriveranno tutti i progetti, la ricostruzione potrà dirsi conclusa al 90 per cento», annuncia Fico. «Spesso», spiega ancora Cicchetti (Ance), «nella ricostruzione, come nei cantieri, è la coda il momento più difficoltoso, perché cala l’attenzione, perché si pensa di essere in discesa. L’Aquila, basta farsi un giro, è una città che sta tornando a vivere con un sorriso splendido, ma manca qualche dente», chiarisce il presidente dell’Ance provinciale.