Si accascia fuori dal ristorante durante una cena, dipendente Bper muore a 50 anni sotto gli occhi degli amici

L’uomo si chiamava Cesare Marinanza. La tragedia si è verificata a Scoppito. Inutili i soccorsi tempestivi da parte del proprietario e dei sanitari del 118
L’AQUILA. Doveva essere una rimpatriata tra amici di vecchia data, tra brindisi, buon cibo e aneddoti di gioventù. E invece è finita sul selciato di fronte al ristorante “La Brace”, a Scoppito, con le mani tra i capelli dei presenti e i disperati tentativi di rianimazione da parte del titolare del locale a precedere le scariche di defibrillatore degli operatori del 118, subito dopo intervenuti. Ma per Cesare Marinanza, 51 anni ancora da compiere, dipendente Bper, non c’è stato niente da fare.
Erano da poco passate le 22 di venerdì, e un gruppo di sei persone, tutte accomunate dallo stesso bagaglio di ricordi, stava cenando nel “grottino” in fondo al locale, lo spazio più intimo del ristorante, quello più adatto ad accogliere un gruppo di vecchi amici che avevano tanto da rievocare. Filava tutto liscio, anche un po’ a rilento, come quando si sta così bene che la convivialità finisce col prendere il sopravvento anche sulle portate.
Erano tutti in attesa del secondo, la carne in cottura, le risate. Il momento giusto per andare un attimo in bagno. O perlomeno questo è quanto dichiarato dalla vittima prima di alzarsi per l’ultima volta dal tavolo. Poi, però, la porta del locale che si apre e quattro passi all’esterno per prendere aria, forse per fumare una sigaretta, o forse sotto la spinta dei primi segnali del malore che di lì a poco sarebbe sopraggiunto. Quindi la caduta e il corpo che giace a terra senza respiro. Nessuno si accorge di nulla.
Il telefono del pizzaiolo squilla in pieno orario di lavoro. Chi lo conosce sa che quella è l’ora di punta. Dall’altro capo un amico. «C’è una persona a terra fuori dal ristorante», segnala chi passava di lì per caso. Poi la corsa di Marco Madama, uno dei quattro titolari dell’attività. «Quando l’ho visto a terra ho capito subito che non c’era un secondo da perdere», racconta il mattino seguente, ancora addolorato. «Conosco le manovre di primo soccorso, quindi gli ho praticato immediatamente un massaggio cardiaco, mentre gli altri chiamavano un’ambulanza. Ma non si riprendeva. Poi sono arrivati i medici e mi hanno dato il cambio. Speravo che almeno loro ce la facessero con il defibrillatore. Invece niente. Non c’è stato nulla da fare. Sono ancora sconvolto», ammette, senza darsi pace.
«I nostri clienti sono la cosa più importante. Senza di loro non contiamo nulla. Io, poi, sono uno che per carattere e prestanza fisica sposto le montagne. Questo episodio però mi ha fatto sentire completamente impotente. L’altra sera non ho chiuso occhio», conclude. Marinanza lascia la mamma, la sorella, il cognato e i nipoti. I funerali domani mattina alle 11 nella chiesa di San Pietro a Pagliare di Sassa.
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