Subappalti facili, escluse quindici ditte
Controlli serrati nei cantieri: riscontrate diverse imprese non in regola.
L’AQUILA. Subappalti facili, le ditte escluse sono 15. Vanno avanti senza soste i controlli nei cantieri disposti dal prefetto, che hanno permesso di individuare le aziende non in regola con la normativa sui subappalti. Gabrielli precisa: «Non è automatico che, se vengono escluse, sono per forza ditte mafiose». Infatti, in certi casi, la violazione è amministrativa ma può avere, in seguito, risvolti penali. Due, invece (la «Fontana costruzioni» di San Cipriano d’Aversa e la «Di Marco srl» di Carsoli) le ditte alle quali è stata «denegata» la certificazione antimafia.
Quindici ditte sono state denunciate per violazione della norma sul subappalto e che sono state estromesse dai lavori. Per la Igc di Gela la certificazione antimafia esiste ma ci sono violazioni nella norma sui subappalti. «Spesso», sostiene il prefetto Gabrielli, «si fa confusione. Il fatto che una ditta non sia in regola con la norma sui subappalti, peraltro introdotta nell’ambito del contrasto delle organizzazioni mafiose, non vuol dire, di per sé, che rappresenti un veicolo di infiltrazioni. Sono piani diversi. Ci sono ditte denunciate alla Procura perché non sono state autorizzate nel subappalto.
Ma da qui a sostenere che possono essere ritenute colluse ce ne corre. Il fatto che vengono scoperte non è dipeso da una sorta di autodenuncia oppure da segnalazioni di qualche comitato: sono tutte attività svolte dalla prefettura. E il fatto che si siano evidenziate posizioni non corrette è perché il prefetto ha disposto gli accessi, che sono stati correttamente eseguiti, verificando che non vi era corrispondenza tra la documentazione in possesso della stazione appaltante e i soggetti che stavano nei cantieri».
IL MECCANISMO. Insomma, o le ditte si sono sostituite a quelle che risultavano sulla carta come beneficiarie del subappalto oppure le ditte indicate e verificate non avevano titolo per lavorare. «Siamo», spiega ancora il prefetto, «nell’ambito di imprese che operavano al di fuori della disposizione che impone, ai subappaltanti, di avere l’autorizzazione da parte della stazione appaltante. Ecco lo spettro entro il quale si muovono queste violazioni. Se un’impresa ha tempi molto ristretti per realizzare i lavori perché deve produrre in un tempo X, ed è questo il motivo per cui si è derogato l’articolo 118 per cui i subappalti passano dal 30 al 50%, ci può essere, nella casistica normale, che per fare in fretta le ditte principali dicano alle subappaltatrici di finire presto “che poi formalizzeremo tutto”.
Oppure, com’è nella ratio della norma, può accadere che il subappalto è il veicolo attraverso il quale i soggetti che non potevano aggiudicarsi un appalto perché sarebbero stati intercettati dagli organismi di controllo, lo fanno accedendo in maniera non propria. Compito delle forze di polizia è scoprire se si è in presenza di violazioni amministrative con riverbero penale o se siano situazioni prodromiche alla possibilità che la presenza di certi soggetti ponga a rischio infiltrazioni l’intera struttura appaltatrice».
LA DITTA MAFIOSA. «Non sempre», conclude Gabrielli, «la ditta mafiosa ce l’ha scritto in fronte. Anzi. A volte è vero il contrario. Tanto più è pulita, tanto più in prospettiva il rischio che possa essere infiltrata è maggiore. Per questo il flusso di denaro va controllato passo dopo passo e gli accessi vanno ripetuti nel tempo».
Quindici ditte sono state denunciate per violazione della norma sul subappalto e che sono state estromesse dai lavori. Per la Igc di Gela la certificazione antimafia esiste ma ci sono violazioni nella norma sui subappalti. «Spesso», sostiene il prefetto Gabrielli, «si fa confusione. Il fatto che una ditta non sia in regola con la norma sui subappalti, peraltro introdotta nell’ambito del contrasto delle organizzazioni mafiose, non vuol dire, di per sé, che rappresenti un veicolo di infiltrazioni. Sono piani diversi. Ci sono ditte denunciate alla Procura perché non sono state autorizzate nel subappalto.
Ma da qui a sostenere che possono essere ritenute colluse ce ne corre. Il fatto che vengono scoperte non è dipeso da una sorta di autodenuncia oppure da segnalazioni di qualche comitato: sono tutte attività svolte dalla prefettura. E il fatto che si siano evidenziate posizioni non corrette è perché il prefetto ha disposto gli accessi, che sono stati correttamente eseguiti, verificando che non vi era corrispondenza tra la documentazione in possesso della stazione appaltante e i soggetti che stavano nei cantieri».
IL MECCANISMO. Insomma, o le ditte si sono sostituite a quelle che risultavano sulla carta come beneficiarie del subappalto oppure le ditte indicate e verificate non avevano titolo per lavorare. «Siamo», spiega ancora il prefetto, «nell’ambito di imprese che operavano al di fuori della disposizione che impone, ai subappaltanti, di avere l’autorizzazione da parte della stazione appaltante. Ecco lo spettro entro il quale si muovono queste violazioni. Se un’impresa ha tempi molto ristretti per realizzare i lavori perché deve produrre in un tempo X, ed è questo il motivo per cui si è derogato l’articolo 118 per cui i subappalti passano dal 30 al 50%, ci può essere, nella casistica normale, che per fare in fretta le ditte principali dicano alle subappaltatrici di finire presto “che poi formalizzeremo tutto”.
Oppure, com’è nella ratio della norma, può accadere che il subappalto è il veicolo attraverso il quale i soggetti che non potevano aggiudicarsi un appalto perché sarebbero stati intercettati dagli organismi di controllo, lo fanno accedendo in maniera non propria. Compito delle forze di polizia è scoprire se si è in presenza di violazioni amministrative con riverbero penale o se siano situazioni prodromiche alla possibilità che la presenza di certi soggetti ponga a rischio infiltrazioni l’intera struttura appaltatrice».
LA DITTA MAFIOSA. «Non sempre», conclude Gabrielli, «la ditta mafiosa ce l’ha scritto in fronte. Anzi. A volte è vero il contrario. Tanto più è pulita, tanto più in prospettiva il rischio che possa essere infiltrata è maggiore. Per questo il flusso di denaro va controllato passo dopo passo e gli accessi vanno ripetuti nel tempo».