Subappalti per 169 milioni
Ecco il meccanismo per la spartizione della torta.
L’AQUILA. È la deroga straordinaria alle restrizioni normative contenute nel codice degli appalti ad aprire la strada allo sbarco delle imprese colluse. Una delle norme contenute nel decreto Abruzzo consente alle ditte impegnate nella ricostruzione post-sisma di superare la soglia di sicurezza del 30 per cento e di affidare in subappalto lavori per milioni di euro. Una torta ricca, da 169 milioni.
LA LEGGE. Il varco aperto dopo la catastrofe ha scatenato gli appetiti di numerosi personaggi, alcuni dei quali legati al mondo della criminalità organizzata. Finora sono state tre le ditte bloccate, la «Fontana costruzioni» di San Cipriano d’Aversa, la «Di Marco srl» di Carsoli e la «Igc» di Gela. Inoltre, un blitz nei cantieri da parte degli uomini della squadra Mobile effettuato nella giornata di sabato, ha portato alla denuncia di altre quattro ditte che sono sospettate di avere rapporti con mafia e camorra. È la risposta dei controllori al proliferare di aziende non abruzzesi che sono sbarcate in città fin dal giorno dopo il terremoto. E non solo trasportando gli operai a bordo di camioncini che fanno il giro dei cantieri, ma anche cercando di mettere le basi in città, visto che, in un caso, una delle ditte ritenute compromesse aveva anche una sede distaccata nel capoluogo abruzzese. La decisione del governo di ampliare, portandolo fino al 50 per cento, il limite stabilito per la concessione dei subappalti, aveva ricevuto fortissime critiche già alcuni mesi fa.
Ma è ora che, considerate le prime indagini e le prime denunce alla magistratura, che l’argomento è tornato di strettissima attualità. Questa criticità, se non verranno messi degli argini adeguati, rischia di assumere dimensioni allarmanti. «Il decreto», dicono gli aderenti al Collettivo 99, «offre la possibilità di dare in subappalto fino al 50 per cento della categoria prevalente in deroga alla legge 163 del 2006 del codice dei contratti pubblici che indica un tetto del trenta per cento. Si tratta di un aspetto molto pericoloso per le infiltrazioni malavitose». In pratica, la mina della ricostruzione è nel subappalto.
LA SOSTITUZIONE. Il meccanismo della sostituzione è molto semplice. Una ditta capofila convoca sulla base di un rapporto fiduciario più aziende collegate. In più di un caso, come evidenziato dai risultati delle indagini della polizia, si tratta di imprese di fuori regione che cercano di mettere piede in Abruzzo. La capofila con le carte in regola non si mette certo a indagare su chi chiama a lavorare nel suo stesso cantiere. L’importante è che abbia fatto un’offerta conveniente. E così, ditte escluse dagli appalti principali rientrano dalla finestra attraverso il meccanismo del subappalto. Per questo motivo la direttiva dei magistrati è quella di passare al setaccio tutti i subappalti finora assegnati per scoprire se ci sono ditte colluse con la malavita organizzata.
LEGAMBIENTE. «Accanto alle indagini sugli edifici crollati occorre rafforzare l’impegno affinché le malversazioni e le negligenze del passato non trovino spazio nelle fasi della ricostruzione post terremoto». Lo affermano Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, e Angelo Di Matteo, presidente regionale, per i quali «il fatto che vi siano aziende edili riconducibili alle cosche non solo nei subappalti ma anche titolari degli appalti per i lavori del Progetto Case, dimostra che la vigilanza del governo ha fatto fiasco. Ma, accanto alle forze dell’ordine, è importante che ci sia interesse alla legalità e alla trasparenza.
È per questo che l’Osservatorio “Ricostruire pulito”, che abbiamo istituito con Libera e Provincia, chiede agli aquilani di segnalare qualsiasi situazione che possa indurre al sospetto». «Strettamente legato al ciclo del cemento», concludono, «c’è un settore su cui l’attenzione, almeno finora, è stata meno forte, quello molto redditizio dei rifiuti. A cominciare dalla partita che riguarda la rimozione delle macerie, quelle del crollo e quelle che si produrranno con l’avvio delle demolizioni, è necessario provvedere a raccolta stoccaggio, differenziazione e riciclo. Senza dimenticare che la raccolta dei rifiuti solidi urbani che nelle zone terremotate dovrà riavviarsi, secondo nuove modalità, potrebbe dare corso a ulteriori appalti di servizio».
ROSSINI. «Abbiamo suggerito a tutti di tenere alta la guardia, abbiamo non soltanto i contratti, abbiamo i rifiuti e tutti i settori in cui le mafie cercano di intingere per guadagnare. E questa era una previsione che avevamo fatto subito dopo il sisma. Forse qualcuno mi ha già sentito su questo». Lo ha detto il procuratore capo, Alfredo Rossini, commentando la denuncia di altre quattro aziende in odore di mafia che stanno lavorando negli appalti per la ricostruzione post-terremoto. «Ho sempre detto che dopo il problema dei crolli e dell’inchiesta, ci sarebbe stato il problema della mafia», ha continuato. «Se cercano di guadagnare le persone perbene, figuriamoci quelle del malaffare». Ma ci sono, ora, tracce di mafia? «Abbiamo già fatto il processo Alba D’Oro e li abbiamo pure arrestati», ha proseguito il procuratore.
«Quanto agli appalti per la ricostruzione dobbiamo dire una cosa. Il procuratore antimafia inizia l’azione quando ci sono reati specifici che sono, per esempio, l’associazione per delinquere di stampo mafioso. Gli spunti di indagine, invece, sono una cosa diversa perché partono da informazioni che possono essere precauzioni per dare gli appalti. Infatti, il prefetto ha la competenza specifica per vedere se, in certe società, ci sono persone in odore di mafia. Ma questo non è già un reato che mi permette di operare». «È un fatto», ha continuato il procuratore distrettuale antimafia in Abruzzo, «che mi spinge a indagare con la collaborazione della polizia e della Guardia di finanza e di tutte le strutture che sono a disposizione della procura distrettuale antimafia e anche con quella della Dia nazionale». Secondo Rossini, «l’azione serve per contrastare un fenomeno che, se dovesse prendere piede più di quello che è attualmente, sarebbe veramente triste perché andrebbe a incidere su una città già martoriata».
LA LEGGE. Il varco aperto dopo la catastrofe ha scatenato gli appetiti di numerosi personaggi, alcuni dei quali legati al mondo della criminalità organizzata. Finora sono state tre le ditte bloccate, la «Fontana costruzioni» di San Cipriano d’Aversa, la «Di Marco srl» di Carsoli e la «Igc» di Gela. Inoltre, un blitz nei cantieri da parte degli uomini della squadra Mobile effettuato nella giornata di sabato, ha portato alla denuncia di altre quattro ditte che sono sospettate di avere rapporti con mafia e camorra. È la risposta dei controllori al proliferare di aziende non abruzzesi che sono sbarcate in città fin dal giorno dopo il terremoto. E non solo trasportando gli operai a bordo di camioncini che fanno il giro dei cantieri, ma anche cercando di mettere le basi in città, visto che, in un caso, una delle ditte ritenute compromesse aveva anche una sede distaccata nel capoluogo abruzzese. La decisione del governo di ampliare, portandolo fino al 50 per cento, il limite stabilito per la concessione dei subappalti, aveva ricevuto fortissime critiche già alcuni mesi fa.
Ma è ora che, considerate le prime indagini e le prime denunce alla magistratura, che l’argomento è tornato di strettissima attualità. Questa criticità, se non verranno messi degli argini adeguati, rischia di assumere dimensioni allarmanti. «Il decreto», dicono gli aderenti al Collettivo 99, «offre la possibilità di dare in subappalto fino al 50 per cento della categoria prevalente in deroga alla legge 163 del 2006 del codice dei contratti pubblici che indica un tetto del trenta per cento. Si tratta di un aspetto molto pericoloso per le infiltrazioni malavitose». In pratica, la mina della ricostruzione è nel subappalto.
LA SOSTITUZIONE. Il meccanismo della sostituzione è molto semplice. Una ditta capofila convoca sulla base di un rapporto fiduciario più aziende collegate. In più di un caso, come evidenziato dai risultati delle indagini della polizia, si tratta di imprese di fuori regione che cercano di mettere piede in Abruzzo. La capofila con le carte in regola non si mette certo a indagare su chi chiama a lavorare nel suo stesso cantiere. L’importante è che abbia fatto un’offerta conveniente. E così, ditte escluse dagli appalti principali rientrano dalla finestra attraverso il meccanismo del subappalto. Per questo motivo la direttiva dei magistrati è quella di passare al setaccio tutti i subappalti finora assegnati per scoprire se ci sono ditte colluse con la malavita organizzata.
LEGAMBIENTE. «Accanto alle indagini sugli edifici crollati occorre rafforzare l’impegno affinché le malversazioni e le negligenze del passato non trovino spazio nelle fasi della ricostruzione post terremoto». Lo affermano Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, e Angelo Di Matteo, presidente regionale, per i quali «il fatto che vi siano aziende edili riconducibili alle cosche non solo nei subappalti ma anche titolari degli appalti per i lavori del Progetto Case, dimostra che la vigilanza del governo ha fatto fiasco. Ma, accanto alle forze dell’ordine, è importante che ci sia interesse alla legalità e alla trasparenza.
È per questo che l’Osservatorio “Ricostruire pulito”, che abbiamo istituito con Libera e Provincia, chiede agli aquilani di segnalare qualsiasi situazione che possa indurre al sospetto». «Strettamente legato al ciclo del cemento», concludono, «c’è un settore su cui l’attenzione, almeno finora, è stata meno forte, quello molto redditizio dei rifiuti. A cominciare dalla partita che riguarda la rimozione delle macerie, quelle del crollo e quelle che si produrranno con l’avvio delle demolizioni, è necessario provvedere a raccolta stoccaggio, differenziazione e riciclo. Senza dimenticare che la raccolta dei rifiuti solidi urbani che nelle zone terremotate dovrà riavviarsi, secondo nuove modalità, potrebbe dare corso a ulteriori appalti di servizio».
ROSSINI. «Abbiamo suggerito a tutti di tenere alta la guardia, abbiamo non soltanto i contratti, abbiamo i rifiuti e tutti i settori in cui le mafie cercano di intingere per guadagnare. E questa era una previsione che avevamo fatto subito dopo il sisma. Forse qualcuno mi ha già sentito su questo». Lo ha detto il procuratore capo, Alfredo Rossini, commentando la denuncia di altre quattro aziende in odore di mafia che stanno lavorando negli appalti per la ricostruzione post-terremoto. «Ho sempre detto che dopo il problema dei crolli e dell’inchiesta, ci sarebbe stato il problema della mafia», ha continuato. «Se cercano di guadagnare le persone perbene, figuriamoci quelle del malaffare». Ma ci sono, ora, tracce di mafia? «Abbiamo già fatto il processo Alba D’Oro e li abbiamo pure arrestati», ha proseguito il procuratore.
«Quanto agli appalti per la ricostruzione dobbiamo dire una cosa. Il procuratore antimafia inizia l’azione quando ci sono reati specifici che sono, per esempio, l’associazione per delinquere di stampo mafioso. Gli spunti di indagine, invece, sono una cosa diversa perché partono da informazioni che possono essere precauzioni per dare gli appalti. Infatti, il prefetto ha la competenza specifica per vedere se, in certe società, ci sono persone in odore di mafia. Ma questo non è già un reato che mi permette di operare». «È un fatto», ha continuato il procuratore distrettuale antimafia in Abruzzo, «che mi spinge a indagare con la collaborazione della polizia e della Guardia di finanza e di tutte le strutture che sono a disposizione della procura distrettuale antimafia e anche con quella della Dia nazionale». Secondo Rossini, «l’azione serve per contrastare un fenomeno che, se dovesse prendere piede più di quello che è attualmente, sarebbe veramente triste perché andrebbe a incidere su una città già martoriata».