Tendopoli, corsa contro il tempo
Oltre 4.300 gli sfollati presenti nei 47 campi ancora da smantellare.
L’AQUILA. Una corsa contro il tempo per chiudere entro fine ottobre, con un mese di ritardo sulla tabella iniziale di marcia, tutte le tendopoli. Quarantasette quelle ancora aperte (ma sei dovrebbero essere smantellate entro le prossime ore) con oltre 4.300 sfollati. In molti campi continuano a farsi sentire le voci di protesta di chi, in attesa di entrare negli alloggi del progetto Case o nei Map, rifiuta il trasferimento in zone montane fuori mano o al mare. Ma per la Protezione civile l’unica alternativa al trasferimento resta l’autonoma sistemazione. Al Globo l’operazione di smantellamento continua ad andare a rilento. Lì sono ancora decine le famiglie che “resistono” al trasferimento e che chiedono di restare in tenda, anche a costo di dover sopportare pesanti disagi, fino all’assegnazione delle case. Così come a San Giacomo, dove c’è chi continua a rifiutare i voucher per alberghi lontani anche 80-100 chilometri dall’Aquila.
Proteste arrivano anche da Monticchio. «Sono rimasta per sei mesi nel campo di Monticchio 2» afferma Assunta Marucci «contribuendo a dare un volto umano alla tendopoli attivandomi come insegnante. Tutti nel campo mi hanno visto partecipe, se non promotrice, di varie iniziative. E l’ho fatto pur camminando con le stampelle per una disabilità pregressa che il terremoto ha accentuato. Non sono andata a perorare la mia causa, pensando che un trattamento idoneo rientrasse tra i miei diritti. Invece, le mie giuste aspettative sono andate deluse: dovrò andare a Pescasseroli o al mare. E ci andrò, perché non voglio che i ragazzi che ho seguito per due anni paghino le conseguenze di una cattiva conduzione del post terremoto. Ma mi chiedo se riuscirò, per un paio di mesi, a salire e scendere dal pullman e a coprire a piedi la distanza albergo-fermata-scuola».
Destinazioni lontane contestate anche da famiglie con case B e C che speravano di rimanere in zona.
Da Centi Colella si fa sentire Gabriella Aquilio, madre di due figli di 17 e 19 anni. «Entrambi i miei figli» dice «frequentano un corso all’istituto Don Bosco all’Aquila. Mentre gli altri nuclei di case B sono stati assegnati alla scuola della Finanza, a Coppito, la nostra famiglia verrà deportata sulla costa con conseguenti disagi per le distanze. Una disparità di trattamento che non riusciamo a capire».
E dalla costa arriva l’invito alla Protezione civile ad effettuare controlli sulle effettive presenze negli alberghi. «Ho notato» scrive Maurizio Gala, uno degli sfollati «che molti nuclei familiari, pur rimanendo nell’elenco dei clienti, non tornano più in albergo. Uno spreco di denaro enorme che va stoppato attraverso controlli più rigidi». Una lettera che si chiude con un «grazie agli operai che stanno lavorando al progetto Case, anche se io non sono tra gli assegnatari».
Uno dei «residenti» delle case consegnate a Bazzano chiede, invece, all’Ama di attrezzare una fermata nel nuovo quartiere. «I nostri figli» afferma «devono prendere l’autobus al paese distante un chilometro. Il tutto percorrendo un tratto di strada (statale 17) senza marciapiedi, privo di illuminazione e con un traffico bestiale».
Proteste arrivano anche da Monticchio. «Sono rimasta per sei mesi nel campo di Monticchio 2» afferma Assunta Marucci «contribuendo a dare un volto umano alla tendopoli attivandomi come insegnante. Tutti nel campo mi hanno visto partecipe, se non promotrice, di varie iniziative. E l’ho fatto pur camminando con le stampelle per una disabilità pregressa che il terremoto ha accentuato. Non sono andata a perorare la mia causa, pensando che un trattamento idoneo rientrasse tra i miei diritti. Invece, le mie giuste aspettative sono andate deluse: dovrò andare a Pescasseroli o al mare. E ci andrò, perché non voglio che i ragazzi che ho seguito per due anni paghino le conseguenze di una cattiva conduzione del post terremoto. Ma mi chiedo se riuscirò, per un paio di mesi, a salire e scendere dal pullman e a coprire a piedi la distanza albergo-fermata-scuola».
Destinazioni lontane contestate anche da famiglie con case B e C che speravano di rimanere in zona.
Da Centi Colella si fa sentire Gabriella Aquilio, madre di due figli di 17 e 19 anni. «Entrambi i miei figli» dice «frequentano un corso all’istituto Don Bosco all’Aquila. Mentre gli altri nuclei di case B sono stati assegnati alla scuola della Finanza, a Coppito, la nostra famiglia verrà deportata sulla costa con conseguenti disagi per le distanze. Una disparità di trattamento che non riusciamo a capire».
E dalla costa arriva l’invito alla Protezione civile ad effettuare controlli sulle effettive presenze negli alberghi. «Ho notato» scrive Maurizio Gala, uno degli sfollati «che molti nuclei familiari, pur rimanendo nell’elenco dei clienti, non tornano più in albergo. Uno spreco di denaro enorme che va stoppato attraverso controlli più rigidi». Una lettera che si chiude con un «grazie agli operai che stanno lavorando al progetto Case, anche se io non sono tra gli assegnatari».
Uno dei «residenti» delle case consegnate a Bazzano chiede, invece, all’Ama di attrezzare una fermata nel nuovo quartiere. «I nostri figli» afferma «devono prendere l’autobus al paese distante un chilometro. Il tutto percorrendo un tratto di strada (statale 17) senza marciapiedi, privo di illuminazione e con un traffico bestiale».