Tre infermieri picchiati a Psichiatria, gli operatori: «Rischio troppo alto»

«Vorremmo solo renderci utili e invece finiamo al pronto soccorso». Sovraffollamento, nervi a fior di pelle ed esplosioni di rabbia fino alle aggressioni fisiche. Resta una polveriera il reparto di psichiatria del San Salvatore dell’Aquila
L’AQUILA. Sovraffollamento, nervi a fior di pelle e improvvise esplosioni di rabbia, fino alle aggressioni fisiche. Resta una polveriera il reparto di Psichiatria dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, dove, a farne le spese, sono gli stessi operatori sanitari, sempre sul filo del rasoio e sul punto di vestire i panni dei pazienti: quelli del pronto soccorso. È quanto accaduto a tre infermieri del reparto, due uomini e una donna, tutti vittime di una brutale aggressione da parte di un 22enne (già agli arresti domiciliari) ricoverato da mesi in Psichiatria, con i primi due che hanno riportato la frattura del setto nasale e un dito – il primo – e la lussazione della spalla, il secondo; e con la donna raggiunta, invece, da un calcio che le ha procurato un ematoma a una gamba. Tutti poi refertati con una prognosi di trenta giorni. Resta così l’ansia per una piaga che continua a inficiare l’operatività di chi, in quel reparto, lavora con dedizione e spirito di servizio, e che invece si ritrova a dover mantenere il sangue freddo oltre ad alzare sempre di più la guardia, così da poter schivare un calcio o un cazzotto ben assestati che, altrimenti, potrebbero andare a bersaglio da un momento all’altro. La denuncia, anonima, arriva da un operatore di quello stesso reparto, che si dice in forte apprensione all’idea di dover stare al lavoro dopo quest’episodio. L’ennesimo, evidentemente, di una lunga serie di aggressioni, spesso passate sotto silenzio nonostante le tante segnalazioni alla direzione aziendale. «È un continuo», dice. «Episodi del genere sono potenzialmente all’ordine del giorno nel reparto di Psichiatria dell’ospedale aquilano», racconta esasperato.
«Molti di noi sono soltanto dei ragazzi, impreparati a fronteggiare improvvise esplosioni di rabbia da parte dei pazienti, che possono scatenarsi in qualunque momento, anche senza alcun preavviso. Di base, poi, siamo in quattro durante un normale turno di lavoro, con una netta prevalenza di donne, ancora più vulnerabili nel caso in cui qualcuno vada in escandescenza. E ci dobbiamo occupare di una media di 17 soggetti psichiatrici, che in realtà vorremmo soltanto aiutare invece che doverci guardare da loro, e che spesso ci prendono a bersaglio solo perché spieghiamo loro che forse è meglio aspettare un po’ prima di poter prendere l’ennesimo caffè del pomeriggio. L’ultimo episodio testimonia che la situazione sta degenerando e nessuno sembra preoccuparsene». L’ultimo precedente, non più di 2 mesi fa, con un altro infermiere finito in pronto soccorso per un episodio simile. «Non è possibile aver paura di andare al lavoro. Chiediamo solo di essere tutelati». Per la cronaca, l’aggressore, dopo aver colpito, è stato poi ricondotto alla ragione e adesso si trova ancora in reparto, dove proseguirà il suo periodo di ricovero.
©RIPRODUZIONE RISERVATA