BARISCIANO / OMICIDIO
Un intreccio di stradine, da qui è fuggito il killer
Giro tra i percorsi sterrati della “terra di mezzo” che ha inghiottito la vittima. L’ipotesi: D’Amico conosceva il suo carnefice. S’indaga nella cerchia di amici
BARISCIANO. La “Terra di mezzo” non è solo una suggestione letteraria o investigativa. È anche una realtà fisica che si vede e si può persino toccare con mano. Su Colle Toma, tra San Gregorio e San Demetrio, Paolo D’Amico – ucciso a martellate e coltellate – aveva deciso di costruire il suo “rifugio”. Colle Toma è un esempio classico di Terra di mezzo. Case sparse, baracche, un capannone da sfasciacarrozze, querce da tartufo ben recintate, qualche vigna in disarmo, contenitori d’acqua per innaffiare gli orti d’estate. E silenzio. Questa Terra di mezzo è un intrico di stradine. Tutte sterrate e, soprattutto d’inverno, difficilmente percorribili con una macchina “normale”.
Paolo D’Amico le conosceva bene. Per passarci senza problemi aveva comprato un pick-up nero ancora parcheggiato dove l’aveva lasciato sabato sera senza sapere che quella sarebbe stata l’ultima sera della sua vita. I suoi assassini, con molta probabilità, in quell’intrico di stradine sapevano muoversi bene.
TRA I VIOTTOLI. Via Colle Toma passa davanti alla casa di D’Amico, prosegue per altri 200-300 metri, poi svolta a destra e finisce sulla strada provinciale 261 a non molta distanza dal bivio per Fossa. Ma non c’è solo via Colle Toma, poco prima c’è via delle Pastine, più oltre spuntano viottoli senza nome che in qualche modo si intersecano fra loro e da lì si può fuggire – anche dopo aver massacrato un amico o un conoscente – infilandosi nel buio e rispuntando a centinaia di metri di distanza. Se pure qualcuno ti vede non può sapere da dove sei entrato e da dove stai venendo. Il mistero sull’omicidio dell’operatore ecologico è forse tutto lì: in quell’intrico di stradine sterrate e fangose da dove la morte è arrivata e da dove gli assassini si sono obliati come fantasmi. I carabinieri per ora stanno cercando delle ombre. L’impressione è che si tratta di ombre che D’Amico conosceva bene. Non si va a Colle Toma per caso. Magari ci si va per rubare. All’operatore ecologico era successo in passato di avere avuto la visita di delinquenti che gli avevano sottratto alcuni utensili da “bricolage”. Si dilettava a restaurare i mobili e a fare piccoli lavori edili. Quella casa se l’era costruita quasi tutta con le sue mani e da qualche mese aveva deciso di sistemare il prato intorno all’abitazione per trasformare quell’angolo isolato della Terra di mezzo in una villa circondata dal verde. Aveva pavimentato, con l’aiuto di una ditta, il piazzale d’ingresso e il viale verso casa e intendeva rafforzare la recinzione. Probabile che a primavera avrebbe continuato a sbancare parte del prato per poi riseminarlo.
COME VIVEVA. A qualche amico munito di trattore, nel mese di marzo di ogni anno, chiedeva se poteva andare ad arare un pezzo del suo terreno. Faceva l’orto nel quale crescevano pomodori e zucchine e anche qualche “erba proibita”. Lui le sigarette se le faceva da solo. A chi gli chiedeva perché fumasse così tanto a volte rispondeva che lui non spendeva molti soldi per quel “vizio” perché la materia prima la produceva lui. Ma da questo a pensare che la sua casa fosse una centrale per lo “spaccio” ce ne corre. Tutti lo descrivono come un solitario, poco socievole, due parole per lui erano già troppe. Nessun legame affettivo all’apparenza. Eppure Paolo D’Amico un amore ce l’aveva, ed era quello per gli animali, cani e gatti in particolare. Sulla parte posteriore del suo pick-up ci sono due autoadesivi un po’ consunti dal tempo. In uno c’è scritto “L’amore lascia il segno” e sotto c’è l’immagine stilizzata di un cane. Nell’altro la frase è monca, ma si capisce che è carica d’affetto per gli animali. Ieri alle 14,30 due carabinieri in borghese avevano appena finito di “inzeppare” una macchina con oggetti sequestrati e portati via dall’abitazione. Attraverso quei materiali di uso comune (persino qualche abito e un pezzo di finestra) gli investigatori devono fare luce sulle ombre assassine, dare loro volto e nome.
IL MOVENTE. È difficile fare ipotesi. Probabile che ormai si stia cercando nella cerchia degli “amici”. C’è tutto un mondo che forse si muoveva “guardingo” fra quelle stradine. La cosa che più colpisce le persone che abitano nelle vicinanze – e che conoscevano D’Amico come una brava persona – è che il delitto ha svelato (o svelerà) un “sottobosco” fatto di gente che magari vive di sotterfugi, di piccole truffe, di strani giri e inconfessabili comportamenti. Un mondo di giorno e uno di notte al riparo della Terra di mezzo. L’operatore ecologico potrebbe essersi fidato di qualcuno, oppure qualche suo atteggiamento è stato scambiato per uno sgarro.
CANI DA GUARDIA. Ora, davanti alla villetta dove i carabinieri hanno posizionato un cartello che annuncia il sequestro di tutta l’area, sono rimasti solo i suoi 4 cani (due bianchissimi pastori abruzzesi, un setter e un altro di piccola taglia). Si racconta che quando c’era il loro padrone era impossibile avvicinarsi senza che Paolo D’Amico se ne accorgesse. Ora sembrano smarriti, si avvicinano agli sconosciuti e cercano da loro una carezza. Chissà, magari hanno capito che “l’amico” che li accudiva e dava loro da mangiare non c’è più e non resta nulla da difendere. I due carabinieri, prima di finire di caricare la macchina e andare via hanno riempito le ciotole di crocchette. In giro ci sono anche delle cucce dove i cani potranno proteggersi da freddo e pioggia. Adesso sono loro, i cani, a presidiare la Terra di mezzo e quelle stradine intrecciate che per ora “proteggono” il mistero della morte di Paolo D’Amico.
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