Violenza dopo la discoteca oggi processo d’appello
L’ex militare Tuccia fu condannato in primo grado a otto anni di carcere Le parti civili chiedono una pena più pesante. La difesa: «Va assolto»
L’AQUILA. Francesco Tuccia, l’ex militare condannato in primo grado a otto anni di reclusione per aver violentato una studentessa laziale davanti alla discoteca «Guernica» di Pizzoli, comparirà stamattina davanti alla Corte d’Appello. Il giovane irpino, infatti, ha deciso di essere presente in aula.
Il collegio (Catelli, Manfredi, Grilli) ha disposto che questo procedimento sarà previsto nella prima fascia oraria e per questo dovrebbe iniziare entro le 12.
Un processo di secondo grado difficile, nel quale le parti civili, ovvero i familiari della studentessa e i rappresentanti del Centro antiviolenza, chiederanno «almeno la conferma del primo grado» fermo restando che molto probabilmente la pubblica accusa, rappresentata dal sostituto procuratore generale Ettore Picardi, avendo contestato alcune aggravanti nel ricorso inoltrato tempo addietro dal suo ufficio, dovrebbe chiedere un aumento di pena da infliggere all’imputato rispetto a quella già stabilita in primo grado.
La sentenza del gennnao 2013, per la verità, non fu accolta con particolare soddisfazione dalle parti civili e in special modo dalle associazioni femministe che anche oggi saranno presenti in aula. Infatti il pm David Mancini nel processo di primo grado chiese (senza ottenerla) la condanna a 14 anni di reclusione contestando al giovane anche il reato di tentato omicidio ma il collegio non fu di questa opinione. Di lì, almeno dalle parti civili, la speranza di un verdetto con una pena più pesante di quella già comminata. Dure, comunque, furono le decisioni in tema di pene accessorie visto che il tribunale condannò l’ex militare all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e all’interdizione legale per la durata della pena.
Sarà, dunque battaglia legale visto che i difensori di Tuccia, Alberico Villani e Antonio Valentini, chiederanno di nuovo di assolvere il loro assistito. A loro avviso, infatti, l’episodio ci sarebbe stato ma la ragazza sarebbe stata «consenziente». Tale ipotesi, qualora venisse accolta, farebbe cadere la contestazione di violenza sessuale.
L’episodio fa riferimento alla notte tra l’11 e il 12 febbraio di quest’anno. La ragazza fu massacrata e abbandonata dietro a un cumulo di neve. A salvarla i buttafuori della discoteca pizzolana, gli stessi che dopo avere prestato i soccorsi chiamarono il 118 e bloccarono l’auto sulla quale Tuccia stava tentando di svignarsela. Tuccia fu arrestato dai carabinieri una decina di giorni dopo il fatto. Tre mesi e mezzo dopo ottenne i domiciliari, cosa che destò malumore tra le rappresentanti del Centro antiviolenza e indignazione tra il popolo di Internet; poi la concessione del permesso di lavoro con la possibilità di uscire dalla cella dalle 9 alle 13.
Il processo di primo grado si svolse a porte chiuse su decisione del collegio per via dei temi scabrosi oggetto del procedimento penale. Anche questa mattina sarà il collegio a deciderlo insindacabilmente a prescindere dalle istanze delle parti; fermo restando che, non essendoci audizioni di testimoni e parti, le esigenze di riservatezza per la studentessa sembrano meno rilevanti rispetto al dibattimento di primo grado.
Le parti civili (la ragazza e il Centro antiviolenza) sono rappresentate in aula, rispettivamente, dagli avvocati Enrico Maria Gallinaro e Simona Giannangeli.
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