Vita difficile per gli studenti della facoltà di Ingegneria
La protesta: «Non del tutto fruibili i locali della sede di Roio dopo i restauri» Disagi anche per la riduzione delle corse bus e per la mensa inadeguata
L’AQUILA. Quasi 300 euro per un singola in via Garibaldi; dalle 320 alle 340 per una stanza a Pettino; 220 per una singola a Pianola. Vita grama per gli studenti universitari fuorisede, che oltre a dover fare i conti con una città che non esiste più e non offre altro svago che non sia la movida del giovedì universitario, tutta concentrata su un Corso vuoto di vetrine e vita e pieno solo di pub, devono anche adattarsi ad affitti lievitati dopo il sisma e a servizi carenti. Vita grama, soprattutto se sei uno studente di Ingegneria, e segui le lezioni a Monteluco, a Roio, dove gli studenti di alcuni corsi sono rientrati dallo scorso 9 ottobre, dopo anni di lavori di ricostruzione post-sisma tuttora incompleti: avrebbe già dovuto essere restituito alla piena fruibilità, infatti, anche il Blocco A della sede di Roio, dopo quello B e C. Aule e laboratori sono pronti, ma gli operai lavorano ancora. Da quassù, a 14 chilometri da Paganica, una decina dal centro cittadino, una ventina da Coppito, anche la presenza di un bar fa la differenza. D’altra parte, concentrarsi su Tecnica urbanistica o Architettura tecnica, oppure Statica e scienza delle costruzioni non è facile se non hai un caffè espresso o un panino fresco che sappia di mortadella e non di roba chimica. Invece, nella facoltà di Monteluco, il Jolly bar, gestito da una società di Balsorano, chiude alle 16 e tirare fino alle 19, qualche volta anche più tardi, è dura. A raccontare tante piccole difficoltà sono gli studenti, come la matricola Sara Parentela, 20 anni, e i suoi colleghi di corso, Pierdonato e Carmen (20). Vengono da Vasto, hanno scelto L’Aquila non perché non si pagano le tasse (almeno fino al prossimo anno accademico), ma «perché è un’ottima facoltà». Quello che non va giù ai tre amici è che l’inverno scorso, al termine delle lezioni e con l’avvio della sessione invernale di esami, le corse dell’Ama si sono drasticamente ridotte e la mensa ha chiuso. «Per noi è stato un grande disagio», racconta Sara, che fa notare anche come la mensa sia inadeguata per una facoltà frequentata, a Roio, almeno da 800-900 ragazzi. Un disagio evidenziato anche da Riccardo (25), di Sulmona, Marco (26) di Chieti, Simone (25), Michele (27) e Fabrizio (27) dell’Aquila. Sono iscritti all’ateneo aquilano da prima del sisma, e ricordano bene gli esami sotto le tende nell’estate del 2009.
Poi, a ottobre, il trasferimento della facoltà nei locali in affitto dell’ex Optimes. «A gennaio ci siamo trovati senza bus e con la mensa chiusa», confermano Riccardo e i suoi colleghi di corso. «La società che gestisce la mensa intendeva risparmiare facendo leva sul fatto che c’erano meno studenti. Ma come facevamo a venire senza autobus e senza mensa?». Ma anche se la facoltà era vuota, il riscaldamento era al massimo e le luci tutte accese. Intanto, in attesa che anche il Blocco A diventi fruibile, si devono fare i conti con aule mal dotate di prese elettriche, oppure con tutti gli allacci per i proiettori ma senza proiettori. «È capitato di doverci portare delle “ciabatte” da casa per collegare i computer durante alcune esercitazioni», racconta Emidio Alfonsi, rappresentante Udu. Il ragazzo conosce bene anche la situazione della residenza Campomizzi dove, si vivono anche disagi più «quotidiani» come quello di avere soltanto due lavatrici per blocco, invece delle quattro previste.
Marianna Gianforte
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