ABRUZZO

Lunga vita alle trivelle, aggirato il referendum

La denuncia degli ambientalisti. Così un decreto ministeriale fa allungare il ciclo produttivo. E creare nuovi pozzi. In Abruzzo sei gli impianti offshore interessati

PESCARA. Altro che stop alle trivelle. Lo spettro di piattaforme e nuovi pozzi petroliferi torna ad agitarsi nel mare davanti all’Abruzzo, nonostante la legge di Stabilità di poco più di un anno fa abbia recepito le indicazioni del referendum e bloccato le trivellazioni entro le 12 miglia (20 km) dalla costa. Sei le attività di estrazione interessate in Abruzzo che dovrebbero chiudere entro agosto 2019. Ma a quanto pare non sarà così. Recepito il referendum, è stato trovato il modo di aggirarlo. Il dietrofront è contenuto nel decreto del ministero dello Sviluppo Economico che è già stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale. Con esso viene data la possibilità alle compagnie petrolifere di modificare il programma di sviluppo previsto al momento del rilascio della concessione e di recuperare le riserve esistenti nel giacimento. Basta questo, secondo gli ambientalisti, per invocare una nuova guerra ai petrolieri ai loro interessi a discapito dell’ambiente. Spiega Augusto De Sanctis, del Forum abruzzese dei movimenti per l'acqua: «Se nell’ambito delle concessioni già rilasciate le aziende decidono di presentare un progetto per cento nuovi pozzi, lo possono fare. E’ un problema molto serio».

Al centro delle polemiche c'è l'articolo 15 del decreto. «Fermo restando il divieto di conferimento di nuovi titoli minerari nelle aree marine e costiere protette e nelle 12 miglia dal perimetro esterno di tali aree e dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale - si legge - sono consentite, nelle predette aree, le attività da svolgere nell'ambito dei titoli abilitativi già rilasciati, anche apportando modifiche al programma lavori originariamente approvato, funzionali a garantire l'esercizio degli stessi. Nonché consentire il recupero delle riserve accertate, per la durata di vita utile del giacimento e fino al completamento della coltivazione, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale».

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E poi, recita il decreto, «possono essere autorizzate le attività funzionali alla coltivazione, fino ad esaurimento del giacimento, e all'esecuzione dei programmi di lavoro approvati in sede di conferimento o di proroga del titolo minerario, compresa la costruzione di infrastrutture e di opere di sviluppo e coltivazione necessarie all'esercizio».
«Entro le 12 miglia c'era il divieto di nuove perforazioni», osserva De Sanctis, «ma questo nuovo decreto dice in maniera cristallina che si può presentare un nuovo programma di lavoro, fino alla realizzazione di pozzi». In Abruzzo sono sei le concessioni entro le 12 miglia, con le società proprietarie che possono beneficiare delle novità previste dal decreto. Due sono interamente entro il limite: la piattaforma “Fratello” (tecnicamente Bc5as) per l'estrazione di gas naturale, al largo di Pineto (conferimento del 1974, scadenza 2019 dopo 2 proroghe), 36 milioni di metri cubi di gas estratti nel 2016; e la piattaforma "Santo Stefano Mare” (Bc1lf), per l'estrazione di gas, al largo di Casalbordino (conferimento 1970, scadenza 2020 dopo 3 proroghe), 211mila metri cubi di gas estratti nel 2016, quantità prossima allo zero. Alle quattro concessioni si trovano solo parzialmente entro le 12 miglia: sono la “Rospo Mare” (Bc8lf), per l'estrazione di greggio, al largo di Vasto e Termoli (scadenza a marzo 2018), 178mila tonnellate estratte nel 2016; un impianto tra Pineto e Grottammare (Bc3as), per l'estrazione di gas (conferimento nel 1973, piattaforma marina “Eleonora”, scadenza 2018 dopo 2 proroghe), 7 milioni di metri cubi di gas estratti nel 2016; la piattaforma “Squalo”(Bc9as), al largo di Pineto (gas naturale, conferimento 1978, scadenza 2018), 6,5 milioni di metri cubi estratti; e la "Pennina" (Bc15av), al largo della costa tra Abruzzo e Marche (gas naturale, conferimento 1978, scadenza 2022), ultimo anno di produzione 2014.

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«Il decreto apre la strada a nuove perforazioni, non c'è scritto altro che questo», riprende De Sanctis, «su Rospo mare, ad esempio, si vorrebbero scavare altri pozzi».
Un segnale che si aggiunge ad altre indicazioni, come i permessi di ricerca la cui scadenza viene rallentata. «Il ministero continua a dare proroghe anche a giacimenti fermi, come quelli a produzione zero», concludono gli ambientalisti, «doveva inoltre essere chiusa la procedura del pozzo “Elsa 2”, a 4 miglia da Francavilla, ma non è andata così. E questo, per il futuro, non si sa a che cosa può portare».

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