Pescara

Aggredì un automobilista con schiaffi e pugni: il vigile dovrà fare lavori socialmente utili

21 Gennaio 2025

Il tenente colonnello Giancaterino, ex sindaco di Farindola e coinvolto nel maxi processo di Rigopiano, dopo la denuncia del cittadino che aveva registrato l’aggressione ieri ha concordato la messa alla prova: dovrà svolgere lavori di pubblica utilità in un’associazione

PESCARA. Ha concordato la messa alla prova (cioè scontare la pena che verrà stabilita svolgendo lavori di pubblica utilità in un’associazione), che verrà formalizzata nel corso della prossima udienza predibattimentale davanti al giudice Schiraldi (fissata per maggio prossimo), il vice comandante della polizia municipale di Pescara, il tenente colonnello Massimiliano Giancaterino (ex sindaco di Farindola, coinvolto e assolto nel maxi processo di Rigopiano), accusato di lesioni personali, violenza privata e danneggiamento per una vicenda legata alla sua professione.

Citato direttamente a giudizio dalla procura, era stato oggetto anche di una richiesta di misura cautelare di sospensione dal lavoro da parte del pm Anna Benigni, ma alla fine il gip Mariacarla Sacco aveva rigettato la misura, motivando il diniego con il fatto che si era trattato di un singolo episodio (anche il successivo ricorso fatto dalla procura venne respinto). Giancaterino (difeso dall’avvocato Vincenzo Di Girolamo), secondo l’accusa avrebbe abusato del suo ruolo e si sarebbe reso responsabile di un episodio ai danni di un cittadino, un piastrellista, che quel giorno (il 24 novembre del 2023), in via Italica, aveva fermato la pattuglia di cui faceva parte l’imputato per chiedergli una spiegazione e poter continuare a lavorare tranquillamente nel cantiere che si trovava poco distante.

Ma il fatto è ben compendiato nel capo di imputazione dove si legge che Giancaterino, «con le violenze e le minacce di seguito dettagliatamente descritte, costringeva la parte offesa M.B. (assistito dall’avvocato Ugo Milia che ora non potrà far altro che rivolgersi a un giudice civile per il risarcimento del danno ndr) a seguirlo negli uffici del comando della Polizia locale, per essere sottoposto a una illegittima procedura di identificazione, in quanto posta in essere in assenza dei presupposti richiesti dalla norma, nel corso della quale gli causava lesioni personali nonché la rottura degli occhiali da vista».

Era accaduto che la vittima aveva fermato la pattuglia in quanto voleva sapere, avendo parcheggiato la sua auto davanti al cancello di un’abitazione privata dove non c’era nessun divieto segnalato, se quella sosta fosse consentita.

«Dapprima», si legge nell’imputazione, «anziché rispondere - Giancaterino gli chiedeva in visione i documenti di identità e poi, alla richiesta della parte offesa che nell’estrarre il documento chiedeva nuovamente se dovesse o meno spostare la propria autovettura - afferrava l’utente per un braccio, lo trascinava in un vialetto poco distante e lo bloccava contro il muro premendo il proprio avambraccio sinistro, con forte pressione, sulla gola e lo minacciava dicendogli “ti trito come il sale, pezzo di merda, bastardo”, dopodiché lo colpiva con due pugni all’addome e gli diceva “ora andiamo in centrale per l’identificazione, ti metto i braccialetti e poi ti porto a San Donato”».

E una volta al comando, quel cittadino che non aveva fatto altro che porre un quesito al rappresentante della municipale, sarebbe stato colpito «con tre schiaffi al volto e un pugno al petto». Ma la parte offesa, sin da quando salì sull’auto di servizio, azionò la registrazione sul proprio telefono cellulare e documentò quelle scene con un file audio inequivocabile.

Nel corso dell’interrogatorio che precedette la decisione sulla misura cautelare, quella registrazione venne fatta ascoltare in aula e Giancaterino si scusò con il giudice per quel suo comportamento. Ma quel giorno, già quando i due agenti che erano con l’imputato si allontanarono dal loro superiore negli uffici del comando, Giancaterino, che forse si era reso conto della gravità dei fatti commessi, cambiò atteggiamento e cercò di rimediare, offrendo un caffè al malcapitato e invitandolo a scambiarsi i numeri di cellulare, magari per uscire con le rispettive mogli per mangiare una pizza. Ma il giorno dopo la denuncia venne comunque depositata, dando il via all'inchiesta penale.