Alessia, 27 anni medico in trincea nella zona rossa
L’hanno mandata a sostituire il collega di Castilenti contagiato Lei non si è tirata indietro: «È una grande esperienza di vita»
CASTILENTI. Prima di essere mille altre cose questa è una storia tutta da raccontare nel nome di una bambina che da grande voleva fare la “dottoressa” e che a 27 anni si è ritrovata catapultata nella zona rossa di una pandemia.
Alessia Di Francesco, laurea all’università di Chieti, è una specializzanda in medicina generale «di Arsita» sottolinea rivendicando con orgoglio le sue origini soprattutto in questo momento. È impegnata come guardia medica a Penne e per dieci giorni è stata medico di base a Castilenti in sostituzione del collega in autoisolamento dopo essere stato contagiato dal Covid.
«Quindici ore al giorno immersa in una realtà inimmaginabile da fuori ma che non dimenticherò mai» racconta.
Perché malattie e dolore generano emozioni forti e concrete e, ora dopo ora, bollettino dopo bollettino, scandiscono un tempo sospeso che sembra non avere fine. «Quanti ne ho curati? Difficile contarli», dice questo giovane medico, «sono stati davvero tantissimi. L’ho fatto in ambulatorio, al telefono, on line, a domicilio laddove è stato possibile con i presidi che avevo a disposizione. Ho fatto ricoverare molte persone e in alcuni casi, le assicuro, non è stato proprio facile. Ho chiesto ambulanze che non sempre sono arrivate ma certamente non per colpa degli operatori. Perché in questo momento non ci sono colpe. La situazione è quella che è. Una situazione difficile, che muta di ora in ora, con una evoluzione dei casi veramente repentina. Le difficoltà sono state tante anche perché trovarsi a gestire pazienti di cui non conosci la storia clinica non è facile. Ma un medico non si può fermare».
E allora eccola la dottoressa Di Francesco chiedere ai familiari dei malati più anziani, parlare con loro per conoscere gli altri. «Sicuramente è stato un contributo notevole», continua, «e i casi sono stati davvero tanti. Uno su tutti quello di un anziano che ho visitato per un problema che poi si è rivelato di carattere chirurgico. Così ho chiesto il ricovero perché doveva essere operato. In ospedale, durante gli accertamenti fatti per l’operazione, hanno scoperto che aveva una polmonite da Covid e che era asintomatico».
Pochi volti, tantissime voci. «Ogni giorno parlavo con decine di persone», racconta, «e le voci le ricorderò per sempre. Voci di familiari spaventati, impauriti ma molto collaborativi. C’erano pazienti per le cui condizioni dovevo essere informata ogni due ore e, in alcuni casi, anche a distanza più ravvicinata. Le richieste di aiuto sono state davvero tante anche perché non c’è solo il Covid. C’è ansia, crisi di panico, patologie già esistenti che in una situazione di questo genere vengono sicuramente amplificate. È stata una esperienza davvero formativa dal punto di vista professionale ma soprattutto dal punto di vista umano». Vite che si incontrano ai tempi del coronavirus. «Ricorderò per sempre le voci di tutti», aggiunge Alessia, «le porterò nel cuore e nel mio impegno quotidiano di medico. In dieci giorni sono stata totalmente immersa in questa realtà. Quando ne ho parlato con i colleghi più anziani mi hanno detto “guarda che prima del corona on era così per i medici di base”. Con questa emergenza il medico di base si è trovato in trincea, primo presidio sul territorio. E allora non posso non dedicare un pensiero ai tanti colleghi che non ci sono più, che hanno pagato con la vita questo loro essere in prima linea. Le vittime, certo, ma anche i tanti colleghi contagiati».
Porterà con sé il ricordo delle voci che le hanno chiesto aiuto ma che, soprattutto, le hanno fatto capire di aver fatto la scelta giusta per il suo futuro da medico. «Quella di diventare un medico di base», conclude Alessia, «per essere il più possibile vicino ai pazienti. In ogni momento».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Alessia Di Francesco, laurea all’università di Chieti, è una specializzanda in medicina generale «di Arsita» sottolinea rivendicando con orgoglio le sue origini soprattutto in questo momento. È impegnata come guardia medica a Penne e per dieci giorni è stata medico di base a Castilenti in sostituzione del collega in autoisolamento dopo essere stato contagiato dal Covid.
«Quindici ore al giorno immersa in una realtà inimmaginabile da fuori ma che non dimenticherò mai» racconta.
Perché malattie e dolore generano emozioni forti e concrete e, ora dopo ora, bollettino dopo bollettino, scandiscono un tempo sospeso che sembra non avere fine. «Quanti ne ho curati? Difficile contarli», dice questo giovane medico, «sono stati davvero tantissimi. L’ho fatto in ambulatorio, al telefono, on line, a domicilio laddove è stato possibile con i presidi che avevo a disposizione. Ho fatto ricoverare molte persone e in alcuni casi, le assicuro, non è stato proprio facile. Ho chiesto ambulanze che non sempre sono arrivate ma certamente non per colpa degli operatori. Perché in questo momento non ci sono colpe. La situazione è quella che è. Una situazione difficile, che muta di ora in ora, con una evoluzione dei casi veramente repentina. Le difficoltà sono state tante anche perché trovarsi a gestire pazienti di cui non conosci la storia clinica non è facile. Ma un medico non si può fermare».
E allora eccola la dottoressa Di Francesco chiedere ai familiari dei malati più anziani, parlare con loro per conoscere gli altri. «Sicuramente è stato un contributo notevole», continua, «e i casi sono stati davvero tanti. Uno su tutti quello di un anziano che ho visitato per un problema che poi si è rivelato di carattere chirurgico. Così ho chiesto il ricovero perché doveva essere operato. In ospedale, durante gli accertamenti fatti per l’operazione, hanno scoperto che aveva una polmonite da Covid e che era asintomatico».
Pochi volti, tantissime voci. «Ogni giorno parlavo con decine di persone», racconta, «e le voci le ricorderò per sempre. Voci di familiari spaventati, impauriti ma molto collaborativi. C’erano pazienti per le cui condizioni dovevo essere informata ogni due ore e, in alcuni casi, anche a distanza più ravvicinata. Le richieste di aiuto sono state davvero tante anche perché non c’è solo il Covid. C’è ansia, crisi di panico, patologie già esistenti che in una situazione di questo genere vengono sicuramente amplificate. È stata una esperienza davvero formativa dal punto di vista professionale ma soprattutto dal punto di vista umano». Vite che si incontrano ai tempi del coronavirus. «Ricorderò per sempre le voci di tutti», aggiunge Alessia, «le porterò nel cuore e nel mio impegno quotidiano di medico. In dieci giorni sono stata totalmente immersa in questa realtà. Quando ne ho parlato con i colleghi più anziani mi hanno detto “guarda che prima del corona on era così per i medici di base”. Con questa emergenza il medico di base si è trovato in trincea, primo presidio sul territorio. E allora non posso non dedicare un pensiero ai tanti colleghi che non ci sono più, che hanno pagato con la vita questo loro essere in prima linea. Le vittime, certo, ma anche i tanti colleghi contagiati».
Porterà con sé il ricordo delle voci che le hanno chiesto aiuto ma che, soprattutto, le hanno fatto capire di aver fatto la scelta giusta per il suo futuro da medico. «Quella di diventare un medico di base», conclude Alessia, «per essere il più possibile vicino ai pazienti. In ogni momento».
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