Aracu, inchiesta bis su spese e società
Le accuse stralciate dall’indagine madre: fatture false e aziende gestite da prestanome
PESCARA. Società gestite attraverso prestanome, fatture false, accantonamento di profitti illeciti, senza escludere il trasferimento di denaro all’estero. Erano queste, per i pm, le presunte attività illegali di Sabatino Aracu, le nuove accuse alla base della richiesta di arresto.
Queste le ragioni che, secondo la procura di Pescara, rendevano ancora necessaria la custodia cautelare in carcere del parlamentare del Pdl, seguendo il filo logico che - dalle presunte tangenti nella sanità - si dipanava attraverso vicende ed episodi tali da delineare il profilo di una persona capace di reiterare i reati. Per il gip Maria Michela Di Fine, che mercoledì ha rigettato la richiesta con una ordinanza meditata, lunga 138 pagine, si tratta di «situazioni allarmanti», ma che riguardano «settori delinquenziali di tipo comune», dunque estranei al filone principale dello scandalo sanità, mentre troppo tempo è trascorso dagli altri presunti reati per poter giustificare oggi l’arresto.
Il giudice Di Fine, però, aggiunge anche un’altra motivazione: i tempi necessari per l’eventuale autorizzazione a procedere da parte del parlamento sarebbero stati così lunghi da rendere ancora meno urgente l’esigenza di custodia cautelare.
Questo nuovo materiale, che si fonda principalmente sulle dichiarazioni dell’ex moglie di Aracu, Maria Maurizio, alle quali sarebbero stati trovati numerosi riscontri, confluirà per stralcio in un nuovo procedimento penale a carico dell’ex coordinatore regionale di Forza Italia, che sarà chiamato a difendersi da ulteriori accuse. Dal presunto uso della carta di credito della Federazione pattinaggio (di cui è presidente) per spese personali (peculato per la procura, da valutare se si tratti di appropriazione indebita per il gip), all’ipotesi del trasferimento di fondi all’estero, su cui sarebbero in corso approfondimenti, alla gestione di società attraverso prestanome (come nel caso del call center 3G, per l’accusa riconducibile ad Aracu). Da qui, fino alle presunte fatturazioni false, di cui c’è traccia nel memoriale della ex moglie, che racconta - dichiarazioni tutte da provare - di acquisti di gioielli fatturati ai Giochi del Mediterraneo e pagati dalla Federazione pattinaggio, con un oggetto diverso: penne e soprammobili destinati ai rappresentanti sportivi, ai quali invece sarebbero andati omaggi di minor valore, come pasta e vini.
Una partita doppia, mentre nell’inchiesta madre la posizione di Aracu si aggrava, passando dall’accusa iniziale di tentata concussione per i due milioni di euro che avrebbe chiesto ad Angelini (ricevendo il famoso «vaffa...»), alla pioggia di contestazioni che si annunciano nell’avviso di conclusione delle indagini che il procuratore capo Nicola Trifuoggi e i pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli si apprestano a firmare 15 mesi dopo gli arresti che decapitarono la giunta guidata da Ottaviano Del Turco. Il parlamentare del Pdl è chiamato a rispondere di associazione per delinquere finalizzata a deviare l’attività della Regione in campo sanitario, abuso, truffa, concussione, peculato; 980 mila euro la somma che avrebbe ricevuto dal re delle cliniche Vincenzo Maria Angelini, cifra che in parte la procura ritiene di avere individuato perché, dopo la presunta dazione del marzo 2005 (500 mila euro, raccontò Angelini), Aracu si sarebbe trovato con una forte disponibilità di denaro.
Queste le ragioni che, secondo la procura di Pescara, rendevano ancora necessaria la custodia cautelare in carcere del parlamentare del Pdl, seguendo il filo logico che - dalle presunte tangenti nella sanità - si dipanava attraverso vicende ed episodi tali da delineare il profilo di una persona capace di reiterare i reati. Per il gip Maria Michela Di Fine, che mercoledì ha rigettato la richiesta con una ordinanza meditata, lunga 138 pagine, si tratta di «situazioni allarmanti», ma che riguardano «settori delinquenziali di tipo comune», dunque estranei al filone principale dello scandalo sanità, mentre troppo tempo è trascorso dagli altri presunti reati per poter giustificare oggi l’arresto.
Il giudice Di Fine, però, aggiunge anche un’altra motivazione: i tempi necessari per l’eventuale autorizzazione a procedere da parte del parlamento sarebbero stati così lunghi da rendere ancora meno urgente l’esigenza di custodia cautelare.
Questo nuovo materiale, che si fonda principalmente sulle dichiarazioni dell’ex moglie di Aracu, Maria Maurizio, alle quali sarebbero stati trovati numerosi riscontri, confluirà per stralcio in un nuovo procedimento penale a carico dell’ex coordinatore regionale di Forza Italia, che sarà chiamato a difendersi da ulteriori accuse. Dal presunto uso della carta di credito della Federazione pattinaggio (di cui è presidente) per spese personali (peculato per la procura, da valutare se si tratti di appropriazione indebita per il gip), all’ipotesi del trasferimento di fondi all’estero, su cui sarebbero in corso approfondimenti, alla gestione di società attraverso prestanome (come nel caso del call center 3G, per l’accusa riconducibile ad Aracu). Da qui, fino alle presunte fatturazioni false, di cui c’è traccia nel memoriale della ex moglie, che racconta - dichiarazioni tutte da provare - di acquisti di gioielli fatturati ai Giochi del Mediterraneo e pagati dalla Federazione pattinaggio, con un oggetto diverso: penne e soprammobili destinati ai rappresentanti sportivi, ai quali invece sarebbero andati omaggi di minor valore, come pasta e vini.
Una partita doppia, mentre nell’inchiesta madre la posizione di Aracu si aggrava, passando dall’accusa iniziale di tentata concussione per i due milioni di euro che avrebbe chiesto ad Angelini (ricevendo il famoso «vaffa...»), alla pioggia di contestazioni che si annunciano nell’avviso di conclusione delle indagini che il procuratore capo Nicola Trifuoggi e i pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli si apprestano a firmare 15 mesi dopo gli arresti che decapitarono la giunta guidata da Ottaviano Del Turco. Il parlamentare del Pdl è chiamato a rispondere di associazione per delinquere finalizzata a deviare l’attività della Regione in campo sanitario, abuso, truffa, concussione, peculato; 980 mila euro la somma che avrebbe ricevuto dal re delle cliniche Vincenzo Maria Angelini, cifra che in parte la procura ritiene di avere individuato perché, dopo la presunta dazione del marzo 2005 (500 mila euro, raccontò Angelini), Aracu si sarebbe trovato con una forte disponibilità di denaro.