Balneatori, stangata dall’Europa
No al rinnovo delle concessioni fino al 2033, parte la lettera di messa in mora
Una nuova, pesantissima tegola rischia di abbattersi sui balneatori abruzzesi. La Commissione europea ha infatti deciso di inviare all’Italia «una lettera di costituzione in mora in merito al rilascio di autorizzazioni relative all'uso del demanio marittimo per il turismo balneare e i servizi ricreativi». Si tratta del primo atto di una procedura d'infrazione che potrebbe portare a pesanti sanzioni e che nasce dopo che nel 2018 l'allora governo M5S-Lega diede il via libera al rinnovo delle concessioni balneari fino al 2033, ignorando una sentenza della Corte di giustizia europea del 2016, che aveva già accertato l'incompatibilità tra tali concessioni e il diritto dell'Unione (la famosa direttiva Bolkestein).
Secondo Bruxelles, la legge italiana crea «incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggia gli investimenti in un settore fondamentale per l'economia e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane».
«Gli Stati membri», scrive la Commissione, «sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (come le spiagge, ndc), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi». Le autorità statali, sottolinea sempre Bruxelles, devono «fornire a tutti i prestatori di servizi interessati - attuali e futuri - la possibilità di competere per l'accesso a tali risorse limitate, di promuovere l'innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse».
Dopo la sentenza del 2016 della Corte di giustizia europea, la Commissione si aspettava che l’Italia corresse ai ripari. Ma non è andata così. Di qui la decisione di aprire la procedura d'infrazione, i cui tempi, comunque, sono lunghi. Ma qualora l'Italia dovesse decidere di ignorare una seconda volta il diritto europeo, una nuova sentenza di condanna e le relative sanzioni sarebbero assicurate.
Non appena si è diffusa la notizia della lettera, Marco Marsilio ha commentato così la procedura attivata dall’Ue: «Le regioni italiane che si affacciano sul mare devono fare fronte comune. In un momento grave e difficile per gli operatori che hanno dovuto subire la crisi a causa della pandemia è inaccettabile subire un vero e proprio tentativo di distruggere il nostro settore balneare. Mi farò portavoce nelle sedi istituzionali di confronto con il Governo affinché si mettano in campo tutte quelle azioni di tutela verso gli operatori del settore ed evitare che molte aziende abruzzesi, la maggior parte a conduzione familiare, si vedano costrette a chiudere per fallimento a causa della miopia di funzionari che dal centro dell'Europa, lontani dalle spiagge, vogliono decidere sulla pelle dei lavoratori».
Secondo Bruxelles, la legge italiana crea «incertezza giuridica per i servizi turistici balneari, scoraggia gli investimenti in un settore fondamentale per l'economia e già duramente colpito dalla pandemia di coronavirus, causando nel contempo una perdita di reddito potenzialmente significativa per le autorità locali italiane».
«Gli Stati membri», scrive la Commissione, «sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (come le spiagge, ndc), siano rilasciate per un periodo limitato e mediante una procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi». Le autorità statali, sottolinea sempre Bruxelles, devono «fornire a tutti i prestatori di servizi interessati - attuali e futuri - la possibilità di competere per l'accesso a tali risorse limitate, di promuovere l'innovazione e la concorrenza leale e offrire vantaggi ai consumatori e alle imprese, proteggendo nel contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse».
Dopo la sentenza del 2016 della Corte di giustizia europea, la Commissione si aspettava che l’Italia corresse ai ripari. Ma non è andata così. Di qui la decisione di aprire la procedura d'infrazione, i cui tempi, comunque, sono lunghi. Ma qualora l'Italia dovesse decidere di ignorare una seconda volta il diritto europeo, una nuova sentenza di condanna e le relative sanzioni sarebbero assicurate.
Non appena si è diffusa la notizia della lettera, Marco Marsilio ha commentato così la procedura attivata dall’Ue: «Le regioni italiane che si affacciano sul mare devono fare fronte comune. In un momento grave e difficile per gli operatori che hanno dovuto subire la crisi a causa della pandemia è inaccettabile subire un vero e proprio tentativo di distruggere il nostro settore balneare. Mi farò portavoce nelle sedi istituzionali di confronto con il Governo affinché si mettano in campo tutte quelle azioni di tutela verso gli operatori del settore ed evitare che molte aziende abruzzesi, la maggior parte a conduzione familiare, si vedano costrette a chiudere per fallimento a causa della miopia di funzionari che dal centro dell'Europa, lontani dalle spiagge, vogliono decidere sulla pelle dei lavoratori».