Bancari in piazza il 30 gennaio per difendere i posti di lavoro

18 Gennaio 2015

Proclamato lo sciopero per l’intera giornata per protestare contro i tagli e il contratto bloccato Venerdì l’assemblea in Comune. Allarme dei sindacati: «Gli organici sono destinati a scendere ancora»

PESCARA. Gli sportelli chiudono, i posti di lavoro diminuiscono, l'organizzazione si trasforma e per il rinnovo del contratto la battaglia con l'Abi è ancora tutta aperta. Sono queste le preoccupazioni che attraversano la categoria dei bancari, anche a livello locale, e per far capire quanto sia elevato il malcontento è stato proclamato uno sciopero nazionale per l'intera giornata del 30 gennaio.

In vista di questo appuntamento, le sigle sindacali hanno organizzato per venerdì 23 gennaio, un’assemblea che sarà allargata anche ai Comuni limitrofi. Alle 14,30, nella sala consiliare del Comune di Pescara, si discuterà dei temi più sentiti in questo avvio d'anno, a partire dal contratto, con la consapevolezza che «il discorso del mancato rinnovo ha messo tutti in grande difficoltà», ma è solo uno dei punti che preoccupa i rappresentanti dei lavoratori, fanno notare i rappresentanti Uilca della Banca popolare di Ancona, perché «la situazione del settore è difficile ed è appesantita da previsioni disastrose per i prossimi anni». «Ormai si ragiona in un'ottica di tagli e il sistema, in un'epoca di crisi, punta a chiudere le filiali più piccole accentrando tutto sulle più grandi, riducendo le spese, come quelle per le sedi e per il personale, che è la voce principale».

«Siamo il doppio di quello dovremmo», dicono dal sindacato, «e se prima le banche erano giudicate in base al numero di sportelli, adesso vale il principio contrario: è più accreditato chi ha un minor numero di sportelli, a parità di volumi». Gli organici sono destinati a scendere ancora (basti vedere i dati della Banca d'Italia degli ultimi anni) e il sentimento del personale è ben fotografato da ciò che accade in Ubi Banca, solo per fare un esempio. «Nel nostro gruppo», spiegano sempre dal sindacato, «si sta procedendo con gli esodi anticipati», il che vuol dire che per i 57enni si apre la possibilità della pensione con 5 anni di anticipo rispetto ai 62 anni. «È stato promosso un esodo, il traguardo era quello dei 500 addetti e invece pare siano arrivate molte più richieste, tutte persone che chiedono di andare via subito, pur perdendo il 20 per cento di quanto guadagnano oggi», forse perché temono il peggio per l'immediato futuro.

Come dire, si è innescato un desiderio di fuga, per salvarsi dagli imprevedibili effetti della crisi e i numeri di oggi si aggiungono a quelli di due anni fa, quando è stato promosso un primo esodo in Ubi (allora hanno aderito in mille). Così il sistema bancario si impoverisce in termini di professionalità. «Questi addetti andranno via e resteranno i giovani, che lavorano in maniera diversa rispetto al passato, perché l'attività è segmentata, le competenze sono separate e l'organizzazione non è più quella di una volta», quando si doveva rispondere sempre e comunque alle esigenze dei clienti». E quindi se prima esistevano dei punti di riferimento fissi per l'utenza ora non ci sono più, o meglio «cambiano in continuazione, anche per via degli esodi».

I sindacati puntano, quindi, a difendere l'occupazione, che appare assolutamente a rischio e a un adeguato incremento salariale da inserire nel capitolo del rinnovo contrattuale. Le sigle, compatte, contestano la strategia dell'Abi che «mira a riscrivere il contratto ex novo azzerando tutto ed eliminando sia la parte relativa al contratto nazionale, con tutto ciò che questo comporta in termini di obiettivi già raggiunti, sia la parte relativa ai contratti integrativi. Per loro si dovrebbe ripartire da zero con un nuovo contratto il che non vuol dire che ci saranno necessariamente degli aspetti positivi, nonostante i possibili aumenti salariali». C'è poi l'aspetto della «remunerazione dei banchieri»: ai rappresentanti dei lavoratori appare eccessiva, se si pensa che in questo momento si cerca di contrarre la spesa del personale, o meglio della parte del personale che non sta ai vertici della gerarchia.

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