Cacciati i parenti del rom della strage
Montesilvano, i carabinieri sgomberano dal lungomare il campo degli Ahmetovic
MONTESILVANO. L’accampamento era appena stato montato in via Giovanni Verga quando i carabinieri hanno ordinato lo sgombero. È durata una notte appena la permanenza a Montesilvano di un gruppo di nomadi residenti ad Appignano del Tronto, legati da stretta parentela a Marco Ahmetovic, il rom di 23 anni che nell’aprile del 2007, ubriaco alla guida di un furgone, travolse e uccise quattro ragazzi tra i 16 e i 18 anni. Per i familiari di Ahmetovic iniziava una peregrinazione senza meta. Nel giorno dei funerali, mentre esplodeva la rabbia della gente, il campo in cui il giovane viveva fu dato alle fiamme.
L’insediamento è stato avvistato da una pattuglia di militari durante un controllo: 4 caravan parcheggiati in via Verga, una traversa che collega viale Alberto D’Andrea a via Agostinone, non lontano dai Grandi alberghi, in una zona più appartata rispetto all’area dietro al Palazzo dei congressi, tradizionale luogo di sosta delle carovane viaggianti. A bordo dei veicoli, 18 persone e, tra queste, numerosi bambini. Sette figli per una sola coppia, e la moglie ancora incinta.
Poco prima delle 11, una decina di carabinieri, coordinati dal comandante della compagnia di Montesilvano Enzo Marinelli, hanno setacciato il campo e, dopo avere accertato l’identità dei nomadi, hanno scoperto che alcuni componenti dei nuclei familiari avevano precedenti per reati contro il patrimonio. Di qui l’ordine di sgombero immediato dell’accampamento per ragioni di ordine pubblico, con la contestuale richiesta al questore di autorizzare il foglio di via per tre anni. È scattata inoltre la contravvenzione di 309 euro prevista dal regolamento di polizia urbana, che vieta l’accampamento di nomadi sul territorio cittadino, una norma già applicata nelle scorse settimane dai carabinieri, quando un accampamento di nomadi fu avvistato e poi invitato a sgomberare dal piazzale retrostante al Palacongressi.
Nessuna reazione da parte dei nomadi, che poco dopo l’arrivo dei militari, hanno fatto i bagagli e si sono messi in movimento verso una nuova destinazione. La partenza è stata sorvegliata dai carabinieri, che hanno lasciato via Verga solo quando i camper avevano abbandonato la zona.
Per i carabinieri, un intervento di routine, sulla base di normative già applicate in passato. L’identità dei rom cacciati dal territorio, parenti stretti di Marco Ahmetovic, dà invece all’operazione un significato particolare. Nomadi con una residenza, Appignano del Tronto, in provincia di Ascoli, costretti a vagare senza direzione dopo la tragedia di un anno fa, quando le vite di quattro ragazzi che andavano insieme a prendere un gelato a bordo dei loro motorini vennero falciate dal giovane rom ubriaco. Per quelle quattro esistenze spezzate Ahmetovic sta pagando un prezzo: sei anni e mezzo di carcere, che sconta nel carcere di Marino del Tronto.
Le vittime di quella notte di sangue, la notte tra il 22 e il 23 aprile 2007, si chiamavano Eleonora Allevi, Davide Corradetti, Alex Luciani e Danilo Traini, quattro amici: viaggiavano a bordo dei loro scooter quando il furgone guidato da Ahmetovic, che proveniva dalla direzione opposta, sbandò e invase la corsia opposta. I ragazzi furono travolti e uccisi: vi fu un unico superstite, Leonardo Allevi, fratello di Eleonora. Rimasto ferito nell’incidente, Ahmetovic venne ricoverato in ospedale: gli esami rilevarono che il giovane rom aveva nel sangue un tasso di alcol sei volte superiore ai limiti di legge. Per la piccola comunità di Appignano, un dolore straziante, accompagnato da un desiderio di vendetta.
Nelle ore successive alla strage, mentre in paese cresceva la tensione, con l’arrivo delle prime minacce tutti i rom del campo, una sessantina di persone, scapparono precipitosamente. Il 24 aprile, durante i funerali, allentati i controlli del carabinieri, il campo dove Ahmetovic viveva con la sua famiglia (ha undici fratelli) venne incendiato: mentre i vigili del fuoco cercavano di spegnere le fiamme, la gente urlava: «C’è la crisi idrica, non sprecate l’acqua».
Il 13 marzo scorso, la corte d’appello di Ancona ha confermato la sentenza di primo grado a sei anni e mezzo di detenzione. L’11 aprile un nuovo ordine di arresto è stato notificato ad Ahmetovic in carcere: è accusato di avere rubato un’auto dei vigili di Sant’Egidio alla Vibrata con la quale ha scorrazzato a sirene spiegate sulla Bonifica fingendosi un agente di polizia municipale e molestando le prostitute con uno spray urticante.