Cage, un tenente cattivo
Nel film di Herzog affiancato dalla splendida Mendes
Quattordici anni dopo «Via da Las Vegas», che gli valse l’Oscar per il personaggio perduto nell’alcolismo, Nicholas Cage dà vita nel film di Werner Herzog «Il cattivo tenente: Ultima chiamata New Orleans», a un altro personaggio sopraffatto, questa volta, dalla cocaina e dalle droghe. Il film è in concorso a Venezia.
«Come tossico è fin troppo convincente, ho detto al tecnico di effetti speciali di moderare le sostanze», ha scherzato il regista bavarese. Ma Cage, cui piace da sempre alternare blockbuster commerciali e film indipendenti, in verità senza mai essere amato troppo dai critici, ci ha tenuto a sottolineare le differenze. «In Via da Las Vegas diciamo che era un’interpretazione realistica, qui invece, dopo 5 anni di totale astinenza dall’alcool e da altre sostanze mi sono aiutato con i ricordi», spiega il nipote di Francis Ford Coppola, in questi giorni sugli schermi con il kolossal catastrofico di Alex Proyas, «Segnali di fumo».
Accanto a lui c’è Eva Mendes, la bella attrice di Miami di origine cubana. Spiega che, nonostante le apparenze (lui è un tenente sempre strafatto di coca e lei una prostituta che lo aspetta ogni giorno per il sesso e la droga, amanti in una storia di perdizione nella New Orleans post Kathrina) «si tratta di una fiaba. Anomala, deformata ma pur sempre una fiaba. Mi piace il personaggio, è una donna che si tortura, ma che vuole sopravvivere. E che, malgrado il lato oscuro in cui si muove, conserva una sua innocenza».
E’ la seconda volta che lavora con Cage, dopo Ghost rider, il film sul supereroe della Marvel di cui si prepara un sequel. «Eva Mendes? Nella vita siamo fratello e sorella, sul set un grande feeling. Mi piace guardarla lavorare e la scena in cui mi sfila la pistola e dice faresti meglio ad amarmi è tra le mie preferite», dice lui.
«Non avevo ancora letto la sceneggiatura ma», racconta Eva Mendes, stretta in un tubino che ne esalta il celebre lato B, «ho saputo che il regista era Herzog così in un minuto ho detto sì, poi ho saputo che il protagonista sarebbe stato Cage e ho detto sì sì».
Il cattivo tenente Cage parla anche di Abel Ferrara e del suo film paragonandolo a questo di Herzog. «Lì è forte l’impostazione giudaico-cattolica imperniata sul senso di colpa e la redenzione, qui invece il tenente non ha alcun senso di colpa. Per questo non lo definisco buono né cattivo, il punto è un altro: non bisogna giudicare le persone». Per Cage, questo non è un remake di Ferrara, «ma un film originale che parla della vita così come scorre oggi». All’attore del «Mandolino del capitano Corelli» ma anche del «Mistero delle pagine perdute» piace definirsi un jazzista della recitazione e ritiene di aver influenzato Herzog nel fare di questo personaggio un poliziotto capace con il suo agire di suonare molte note. «Tornare a New Orleans è stato rinascere. Per antichi motivi personali che non posso spiegare», ha detto misterioso Cage, «avevo paura a tornare in questa città, invece per me è stato un risveglio».
«Come tossico è fin troppo convincente, ho detto al tecnico di effetti speciali di moderare le sostanze», ha scherzato il regista bavarese. Ma Cage, cui piace da sempre alternare blockbuster commerciali e film indipendenti, in verità senza mai essere amato troppo dai critici, ci ha tenuto a sottolineare le differenze. «In Via da Las Vegas diciamo che era un’interpretazione realistica, qui invece, dopo 5 anni di totale astinenza dall’alcool e da altre sostanze mi sono aiutato con i ricordi», spiega il nipote di Francis Ford Coppola, in questi giorni sugli schermi con il kolossal catastrofico di Alex Proyas, «Segnali di fumo».
Accanto a lui c’è Eva Mendes, la bella attrice di Miami di origine cubana. Spiega che, nonostante le apparenze (lui è un tenente sempre strafatto di coca e lei una prostituta che lo aspetta ogni giorno per il sesso e la droga, amanti in una storia di perdizione nella New Orleans post Kathrina) «si tratta di una fiaba. Anomala, deformata ma pur sempre una fiaba. Mi piace il personaggio, è una donna che si tortura, ma che vuole sopravvivere. E che, malgrado il lato oscuro in cui si muove, conserva una sua innocenza».
E’ la seconda volta che lavora con Cage, dopo Ghost rider, il film sul supereroe della Marvel di cui si prepara un sequel. «Eva Mendes? Nella vita siamo fratello e sorella, sul set un grande feeling. Mi piace guardarla lavorare e la scena in cui mi sfila la pistola e dice faresti meglio ad amarmi è tra le mie preferite», dice lui.
«Non avevo ancora letto la sceneggiatura ma», racconta Eva Mendes, stretta in un tubino che ne esalta il celebre lato B, «ho saputo che il regista era Herzog così in un minuto ho detto sì, poi ho saputo che il protagonista sarebbe stato Cage e ho detto sì sì».
Il cattivo tenente Cage parla anche di Abel Ferrara e del suo film paragonandolo a questo di Herzog. «Lì è forte l’impostazione giudaico-cattolica imperniata sul senso di colpa e la redenzione, qui invece il tenente non ha alcun senso di colpa. Per questo non lo definisco buono né cattivo, il punto è un altro: non bisogna giudicare le persone». Per Cage, questo non è un remake di Ferrara, «ma un film originale che parla della vita così come scorre oggi». All’attore del «Mandolino del capitano Corelli» ma anche del «Mistero delle pagine perdute» piace definirsi un jazzista della recitazione e ritiene di aver influenzato Herzog nel fare di questo personaggio un poliziotto capace con il suo agire di suonare molte note. «Tornare a New Orleans è stato rinascere. Per antichi motivi personali che non posso spiegare», ha detto misterioso Cage, «avevo paura a tornare in questa città, invece per me è stato un risveglio».